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Santa Maria delle Grazie |
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Il convento della Madonna delle Grazie e la Via Crucis di San Leonardo da Porto Maurizio di Vittorio Del Duca Il
complesso della chiesa della Madonna delle Grazie e dell’annesso
convento fu edificato nel 1562 in una boscosa collinetta della Conca di
Suso a spese della nobile famiglia di Sebastiano Baratta e donato dai suoi
eredi all’Ordine dei frati minori Cappuccini. Qui,
lontano dalla palude pontina il clima era salubre e un bosco
lussureggiante insieme ad alcune sorgenti offrivano al convento
un’atmosfera di grande fascino. I
Cappuccini detennero la chiesa per
circa 40 anni, cioè fino al 1602, quando decisero di trasferirsi sul
paese in un convento circondato di mura con ameno bosco edificato l’anno prima dal
nobile setino Giovanni Pilorci cavaliere. de’ ss. Maurizio e Lazzaro[1],
come ringraziamento per il miracoloso rinvenimento di due suoi figli,
smarritisi nella fitta boscaglia chiamata ancora oggi La
Macchia, a lato della quale edificò il convento con la chiesa di San
Francesco[2]. La
chiesa della Madonna delle Grazie ed il piccolo convento furono invece
affidati alle cure dei Frati
minori Riformati, detti Zoccolanti per via dei loro zoccoli, che ne
presero possesso il 18 maggio 1614 ristrutturandolo secondo lo stile e le
esigenze della Riformella francescana, ovvero il movimento amadeita[3]
artefice di una riforma basata sulla rigidità della Regola, segnata
dalla predicazione della povertà, dalla penitenza e dalla contemplazione, irrobustita dalla "spiritualità del ritiro", che dette origine ad una nuova
famiglia francescana con il centro propulsore a Roma, nel convento di San
Bonaventura al Palatino. Fu
in questo convento di Roma che si formo’ l’apostolo della Via Crucis
San Leonardo da Porto Maurizio (1676 – 1750) ritenuto da Sant’Alfonso
de’ Liguori il più grande
predicatore del XVII secolo e fu nel Convento di Santa Maria delle Grazie
che San Carlo da Sezze (1613-70 ) iniziò il suo cammino spirituale
attraverso la confessione e la preghiera, come più tardi fece pure il
venerabile frà Bonifacio, morto nel 1799[4]. Della
ristrutturazione e forse dell’ampliamento dell’intero complesso del
convento di Santa Maria delle Grazie ce ne da notizia il Ciammarucone[5]
il quale riferisce che al suo tempo (1641) il convento dei Padri
Zoccolanti riformati si andava
fabbricando con le elemosine del Pubblico, e d’altre persone private,
mancandosi solo per il compimento dell’opera una parte della Chiesa, che
da quei buoni Padri si va con molta fatica e industria affrettando, non
senza un manifesto aiuto divino, avendo con pochissima spesa alzato un
grande Edificio, e fors’anche il più bello di quanti n’abbino in
questa Provincia[6].
Il
Ciammarucone continua
la descrizione del luogo e dice che intorno al convento frondeggiava
pomposamente, un dilettevole querceto, frammisto a piante d’elci,
olmi, lauri, castagni, meraviglia della natura e teatro
naturale al nuovo Edificio,
dedicato dalla pietà Setina alla povertà Francescana, che di presente lo
gode. La
costruzione della chiesa della Madonna delle Grazie così come la vediamo
oggi, terminò nel 1650, come si evince dall’iscrizione interna al
portone di accesso. Ospiti
del complesso, oltre a San Leonardo daPorto Maurizio, furono Papa
Benedetto XIII che nel maggio 1729 vi si trattenne per cinque giorni come
promesso al cardinal Corradini e mons. Carlo Rezzonico, futuro Clemente
XIII. Recentemente
è stata scoperta al British Museum di Londra una stampa del convento e
della chiesa risalente al 1725. Si tratta di un’acquaforte del pittore
vedutista romano Paolo Anesi[7],
delle dimensioni di mm 131 di altezza e 190 di larghezza che reca in alto,
ben visibile, la didascalia Veduta
delli Zocolanti di Sezze e a destra il n.5.
Nonostante la precisione della didascalia, il museo tra i suoi documenti ubicava erroneamente il complesso nelle vicinanze di Cortona, ma grazie alla segnalazione della nostra concittadina Daniela De Angelis, appassionata di storia e di tradizioni locali che fece rilevare l’errore, il British Museum ha provveduto alla rettifica[8]. La
stampa ci rende così una testimonianza in più, oltre alla descrizione
del Ciammarucone, di come appariva ai primi del Settecento il complesso
del convento e della chiesa di Santa Maria delle Grazie.[9] Nell’immagine
balza subito agli occhi la mancanza della scalinata con i 10 pianerotoli e
le 14 edicole contrapposte per la Via Crucis, poiché la loro costruzione
è da ritenersi postuma di alcuni anni rispetto al complesso, precisamente
tra il 1732 ed il 1741, quando il convento ospitò a più riprese San
Leonardo da Porto Maurizio, missionario inviato a Sezze dal card.
Corradini, del quale era amico
e confessore e al quale in punto di morte somministrò l’ultimo
sacramento.
Durante
il suo apostolato, p. Leonardo eresse la Via Crucis in tutti i luoghi
delle sue missioni, nelle chiese ed oratori limitrofi, in numerosi
monasteri e in tante abitazioni
private[10].
Anche se non è possibile quantificare il numero preciso, quelle da lui
annotate[11]
e dalle fonti riconosciute, ammontano a circa seicento[12]. La
scalinata, come oggi la vediamo è lunga 57m. con un dislivello di 18
metri dalla base fino all’entrata della chiesa. Su 7 dei 10 pianerottoli
che la compongono sono disposte 7 coppie di edicole contrapposte per la
Via Crucis: su alcune la parte superiore è rifinita con timpano a
triangolo, su altre con un arco. Le edicole erano originariamente
tinteggiate di ocra rossa (quasi arancione), mentre le parti in rilievo di
colore più chiaro. Il
loro stile, di chiara matrice settecentesca, lo ritroviamo nel Ritiro di
San Bonaventura al Palatino ma anche a Porto Maurizio (Imperia) città
natale di San Leonardo dove per suo volere fu edificata la prima Via
Crucis del mondo, seguita dalle altre nei luoghi delle sue missioni, tra
cui Roma dove fu quasi sempre
assistito dalla neo Arciconfraternita del Sacro Cuore di Gesù.
Particolarmente famosa quella al Colosseo, nell’Anno Santo 1750, dove il
Papa ancora oggi compie personalmente il rito penitenziale del Venerdì
Santo. Il
ricordo delle predicazioni di San Leonardo a Sezze rimase a lungo impresso
nella popolazione, le sue parole pronunciate con prodigiosa eloquenza
avevano, come mai visto prima, la capacità di suscitare le lacrime dei più
grandi peccatori, le penitenze pubbliche, gli odi estinti, la giustizia
e la pace. Dal
convento di Santa Maria delle Grazie, San Leonardo saliva in paese a piedi
nudi attraverso la cosiddetta costa del “Monticiglio”, il viale dei
Cappuccini e la via che ora porta il suo nome, dedicatagli in seguito
dalla Confraternita del Sacro Cuore di Gesù detta dei Saccpni, che il
santo fondò a Sezze sull’esempio dell’omonima Arciconfraternita
romana del Sacro di Gesù della quale era confratello. Durante
le sue missioni istituì una Via Crucis presso le suore di Santa Chiara e
al Monastero del Bambin Gesù. Mentre predicava nella Cattedrale di Santa
Maria contro la bestemmia, operò il miracolo del bestemmiatore[13].
Nel
XIX secolo tutta la chiesa venne restaurata e si decise di aggiungere alla
volta apposite decorazioni, ricorrendo all’opera del pittore setino
Giuseppe Turchi. Di
notevole pregio artistico è nella pala dell’altare la tela di Orazio
Borgianni (1574 – 1616) raffigurante la Madonna nell’atto di porgere
il Bambino a San Francesco. Questa tela, trafugata negli anni ottanta del
Novecento, fu successivamente rinvenuta
ma non nella sua totalità. Nel
1884 l’intero complesso fu adibito a cimitero, non senza contrasti in
Consiglio Comunale con il consigliere Francesco Lombardini,
sovraintentende alle Belle Arti, che indicava altri siti (allora assai
numerosi ) con l’intento di preservare dalle tombe l’antico fascino
del luogo. L’entrata
monumentale del nuovo cimitero, fu progettata dall’ing. Giuseppe Boffi, sindaco
di Sezze Baldassare Fasci, come fanno fede le due iscrizioni poste a lato
del cancello nella parte interna. La
rimozione delle salme dal “Camposanto
Vecchio” in località Piagge Marine ed il trasporto al nuovo cimitero
iniziò da subito e durò sino a metà degli anni Cinquanta del Novecento,
come raccontano ancora oggi i più anziani, per fare spazio all’edilizia
residenziale. Le
recenti ed incresciose cronache che hanno portato alla ribalta nazionale
il cimitero di Sezze, sono il segnale che giorno dopo giorno si sta
perdendo il limite tra ciò che è consentito e quello che non lo è, con
immancabili riflessi sul nostro rapporto con la Natura, con i Beni
archeologici, monumentali e loro bellezze. Siamo
arrivati ad un punto di rottura che non ci consentirà di poter tornare
indietro se non con gravi perdite e quello che perdiamo è perduto per
sempre. [1]
GAETANO MORONI- Dizionario di erudizione storico ecclesiastica-
Venezia 1854 - vol. LXV, pag. 59 [2]
Il complesso della chiesa e del convento fu consacrato dal vescovo
Pompeo De Magistris- cfr GAETANO MORONI – op. cit. pag. 59 [3]Il
movimento amadeita prende il nome dal beato francescano Amedeo Menezes
(Meneses) de Silva (Sylva) nato a Ceuta in Marocco nel 1420 e morto a
Milano il 10 agosto 1482. [4]
Frà Bonifacio da Sezze, dapprima sepolto nella chiesa della Madonna
delle Grazie nell’ altare laterale a destra di chi entra, fu poi
trasferito nella Cattedrale di Sezze. [5]
GIUSEPPE CIAMMARUCONE – Descrittione della città di Sezza colonia
latina de’ Romani – 1643, pag. 68 [6]
Provincia di Marittima e Campagna [7]
PAOLO ANESI
(Roma, 9
luglio 1697 – Roma, 1773) è stato un pittore e incisore italiano del periodo rococò.
Taluni
lo vogliono nato a Firenze dove i primi anni tenne bottega, ma
per la maggior parte della vita visse a Roma dove lavorò come pittore
vedutista,
fu il maggior pittore romano di questo stile settecentesco. Molti suoi
paesaggi furono comprati da stranieri, per la maggior parte inglesi,
che amarono questa tipologia di stile (info Wickipedia) Questo spiega
la presenza della stampa al British Museum di Londra. [8]
LEPINI MAGAZINE, anno IX – n. 113 – Gennaio 2021, pag 7 –
Daniela De Angelis: Santa Maria
delle Grazie al British Museum [9]
Secondo
le informazioni del British Museum, la stampa era appartenuta al
pittore inglese Edward Daniell poi ceduta al pittore spagnolo José de
Madrazo e da questi acquisita dal marchese José de Salamanca y Mayol,
politico e finanziere, nonché pioniere dello sviluppo ferroviario
spagnolo. L’intera collezione del marchese venne venduta a Londra
nel 1869 da Sotheby’s, nota casa d’asta britannica con filiali in
tutto il mondo ed acquistata dal British Museum insieme ad altre 2618
stampe. [10]
Clemente XII dispensò il Santo dal ricorrere alle autorizzazioni dei
superiori per l’esercizio della pia pratica, come prevedeva la
normale prassi, e con il nuovo Breve concesse alle Via
Crucis erette nelle
chiese le stesse indulgenze di quella praticata a Gerusalemme (Opere
Complete II, 180 ss; IV, 560) [11]
Egli stesso compilò l’elenco delle Vie Crucis che eresse, ma con
imprecisione (Ib. II, 201
ss.) [12]
KATALIN SOLTÉSZ FRATTAIOLI -San
Leonardo da Porto Maurizio, Epistolario – Edizione integrale
promossa dal Centro Studi Leonardiani -
Edizioni Porziuncola
-2000- pag 198 [13]
Mentre San Leonardo
predicava contro la bestemmia, stava
un giovane a cavallo; repentinamente cadde a terra con la lingua tutta
fuori di bocca, senza poterla ritirare più dentro, ed in breve tempo
morì; un tal fatto fu giudicato castigo di Dio, essendo colui stato
un gran bestemmiatore.
(frà Diego da Firenze
- Diario delle Missioni di San Leonardo) Sabato
3 novembre 2018 - ore 20,00 Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia
Giovedì
2 novembre 2017 - ore 20,30 Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia
Lunedì
2 novembre 2016 - ore 20,00 Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia Lunedì
2 novembre 2015 - ore 20,00 Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia Domenica
2 novembre 2014 - ore 20,45 Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia Seicento setini alla fiaccolata commemorativa a cura di Lucia Fusco In occasione della Commemorazione dei Defunti, grazie alla Confraternita della Buona Morte, seicento setini hanno silenziosamente affollato alla luce di torce e delle luci perpetue il Camposanto di Sezze, camminando insieme tra le tombe. La memoria del passato con le tradizioni e le usanze dovrebbe essere insegnata ai nostri giovani. È
sulla consapevolezza delle nostre radici che si costruisce il futuro:
senza il passato la nostra esistenza manca di verticalità. SANTA MARIA DELLE GRAZIE ( CHIESA CIMITERIALE ) La chiesa di Santa Maria delle Grazie e l’annesso Complesso Conventuale del tempo che fu, sorge attualmente all’interno del Cimitero Comunale di Sezze in località “Suso Zoccolanti”, su una piccola collina a circa un chilometro dalla città di Sezze. Giardini, orti, sorgenti d’acqua che circondavano la Chiesa e il Convento sono stati trasformati in tempi relativamente recenti in Cimitero Comunale. Al termine della seconda guerra mondiale gli affreschi, i cui resti oggi sono in stato di abbandono, furono ricoperti di vernice bianca. Infine nel 1873, successivamente alla soppressione, venne chiuso ed in esso si realizzò il Cimitero cittadino. La scalinata monumentale termina sul piazzale antistante l’ingresso principale della chiesa che ne costituisce il fondale. L’impianto del Convento è molto semplice e fedele ai dettami della riforma francescana: è costituito dalla chiesa ad una sola navata con campanile non praticabile sito nella destra dove si sviluppa l’intero complesso. L’acqua condotta attraverso canali di terracotta, disposti uno di seguito all’altro e uno rovesciati sull’altro, dalla fonte del Pozziglio tagliava il complesso sino al pozzo del chiostro. La condotta venne demolita per la realizzazione dei loculi siti su via Bassiano. Il pozzo del chiostro veniva anche alimentato dalle acque piovane raccolte dal tetto. All’interno del complesso fino al 1950 vi erano vari orti dove la gente coltivava gli ortaggi, gli alberi da frutto e la vite proprio grazie alla sorgente di S. Maria delle Grazie. Il Crocefisso ligneo del XVII fu realizzato da Vincenzo Pietrosanti, originario di Bassiano e religioso dei Padri Minori Osservanti. L’altra tela raffigura i tre Santi del XVII: Santa Filomena, San Francesco, Santa Barbara. Gli armadi della Sacrestia e i paramenti in legno di noce del XVIII sono ornati con cherubini, capitelli, festoni e simboli Francescani. La tela raffigurante la Madonna con il Bambino del XIX fu trafugata e poi restituita; un’altra tela, raffigurante l’Immacolata del XVIII fu anch’essa trafugata e poi restituita. Sui capitelli del cancello d’ingresso si trovano gli Angeli muniti di tromba falce e libri: l’opera fu realizzata da Camillo Giacomini intorno 1860. Il portone d’ingresso principale del Convento, assai esclusivo nel suo aspetto, fu opera della famiglia degli Spada di Bassiano che intorno al 1860 lo realizzarono. Infine occorre ricordare la stanza delle penitenze sita vicino alla stanza dove dimorò dal 23 al 27 maggio del 1727 “Papa Benedetto XIII insieme a Clemente XII che divento anch’esso papa alla morte di Benedetto”. Il Santo Padre quando giunse a Sezze fu infatti ospite dei Frati Minori Riformati “Zoccolanti” in Santa Maria delle Grazie dove vi è ancora sia la stanza che la finestra colorata in blu da dove presumibilmente si affacciò. Una lapide in marmo fu posta a memoria sulla porta di quella stanza, oggi quella lapide è sita presso il museo religioso della Cattedrale di Santa Maria della città di Sezze. Testo realizzato grazie alle seguenti fonti: - Memorie storiche della “Provincia riformata Romana” per il P. Benedetto Spila da Subiaco. Sabato
2 novembre 2013 - ore
20,30
Santa Maria delle Grazie, chiesa cimiteriale pagina
a cura di Gianluca Ciarlo e Roberto Vallecoccia Il servizio fotografico che segue è stato autorizzato dall'ente comunale
Confraternita dell’Orazione e morte di Gesù (“della Buona morte”) La nascita di questa confraternita è probabilmente da ricollegare all’omonima associazione, sorta a Roma nel 1538 per la sepoltura dei morti abbandonati nella campagna. Non sappiamo quando venne istituita la confraternita di Sezze, ma segno certo della sua antichità è la menzione che se ne trova nella relatio ad limina del vescovo diocesano Luca Cardino (1590); il 23 settembre 1606 venne aggregata all’omonima arciconfraternita di Roma e il 20 ottobre 1676 ottenne la comunicazione delle stesse indulgenze di cui godevano i confratelli romani.Tra i suoi scopi, che univano l’esercizio di pratiche cultuali e l’aiuto concreto a situazioni di disagio, quello che in seguito la caratterizzò era legato alla realtà della morte, per cui il sodalizio, oltre a rintracciare e dare sepoltura a coloro che fossero morti fuori città, diede impulso alle celebrazioni in suffragio dei defunti e diede vita alla processione del Cristo morto (l’attuale “Sacra rappresentazione della passione di Cristo”). Al governo della confraternita provvedeva il priore, eletto dai confratelli; l’amministrazione invece era affidata agli officiali, quattro procuratori e un depositario o cassiere, eletti il giorno dell’Epifania a scrutinio segreto, presente il vescovo diocesano o il vicario generale, che nel sec. XVIII viene chiamato governatore della confraternita; questi officiali devono rendere conto ai confratelli dell’amministrazione al termine del loro mandato annuale.Durante le processioni e nelle altre azioni liturgiche i confratelli indossavano l’abito proprio della confraternita, costituito da un saio completamente nero, con cappuccio dello stesso colore; nelle processioni la confraternita era preceduta dalla propria croce e il priore recava in mano un bastone processionale.Con la completa distruzione della collegiata dei S.S. Sebastiano e Rocco (1944), la Confraternita dell’Orazione e morte perse anche la sua sede: dopo varie peregrinazioni, è stata accolta nei locali della chiesa di S. Anna, appartenente alla parrocchia della cattedrale.Con regio decreto del 20 ottobre 1932 la confraternita passò alle dipendenze dell’autorità ecclesiastica anche per quanto riguarda «il funzionamento e l’amministrazione, ai termini dell’art. 29, lettera c), del Concordato con la Santa Sede». Tradizioni setine del giorno dei morti La memoria del passato con le sue tradizioni e usanze, dovrebbe essere diffusa fra le nuove generazioni. Sono la nostra stessa vita, la nostra storia. Storia di Sezze e dei Setini. Sono nipote di contadini e figlio di buttero; ho ereditato questi esempi di vita dalla mia famiglia, e di quel mondo ormai lontano, ne mantengo grandi ricordi. Sezze non ha mai avuto negli anni passati un ambiente diverso da quello contadino e zootecnico e, quel mondo e chi proviene da quel mondo ha un patrimonio da ricordare e tramandare. Io, come l’amico Vittorio Del Duca, ho la fortuna di averne (Antonio
Danieli). Si dice che il lume doveva essere acceso per due motivi : il primo era quello di rappresentare che li portavamo nel nostro cuore come una fiamma accesa ad illuminare il loro ricordo. Il secondo motivo era che le anime dei defunti dovevano essere aiutate a tornare nel nostro mondo, illuminando il loro cammino. Far trovare una stanza buia era come far trovare una porta chiusa. Si raccontava che le anime dei nostri cari, venendoci a trovare, immergevano il dito nel bicchiere, facevano il segno della Croce e se ne andavano contenti di averci rivisto e di essere stati onorati. Oggi, raccontandolo ai nostri giovani, forse suscitiamo un sorriso di tenerezza, ma allora era un culto, una credenza, era espressione di genuinità e semplicità di animo. Sempre come devozione ai defunti, il giorno dei morti si costumava a pranzo la minestra di favette, e chi poteva vi aggiungeva anche della cipolla fritta che dava più sapore e profumo. Le favette ovviamente erano quelle secche e venivano messe a “mollo” in acqua il giorno prima. Una volta, da bambino, la nonna me la fece assaggiare, ne conservo un buon ricordo e posso assicurare che era veramente eccellente. Anche oggi la mangerei volentieri; peccato però che quelle favette, una volta così comuni, siano un po’ difficili da trovare! Per quanto riguarda le favette c’è da aggiungere che non solo erano un ottimo alimento per la nutrizione umana, ma anche per quella dei bovini. Si sfruttava anche la loro proprietà di fissare l’azoto atmosferico nel terreno, così da rappresentare dopo il letame il primo fertilizzante biologico conosciuto dai nostri nonni. Spesso le fave venivano seminate allo scopo di interrarne i residui come fertilizzanti della coltura successiva. Questa pratica agricola, detta “sovescio”, viene ancora oggi usata nell’agricoltura biologica, in luogo dei concimi chimici azotati. SANTA MARIA DELLE GRAZIE ( CHIESA CIMITERIALE ) L’anno 1567 la nobile famiglia setina dei Baratta fece edificare, a proprie spese, una chiesa periferica e campagnola, adibita a convento francescano. Nel 1602 il capitolo custodiale di San Francesco a Ripa accolse la determinazione di affidarla alle cure dei Minori Francescani Riformati. L’anno 1608 sull’altare maggiore della chiesa venne collocato il magnifico quadro del Lanfranco, che illustra San Francesco in estasi, tra la gloria della Vergine degli Angeli. Tale quadro, disgraziatamente andato in rovina, è stato da poco sottoposto ad un restauro per far rivivere il suo primitivo fulgore pittorico. Nel secolo XIX tutta la chiesa venne restaurata e si decise anche di aggiungere apposite decorazioni alla volta, ricorrendo all’opera del pittore locale Giuseppe Turchi. Nell’altare laterale, a destra di chi entra, è sepolto il venerabile Bonifacio da Sezze ( morto nel 1799); in quello di sinistra è posto un pregevole crocifisso. E’ la chiesa più cara alla tradizione di San Carlo, che da giovane proprio qui maturò la propria vocazione francescana che lo incamminò verso San Francesco a Ripa di Roma. sopra una incisione del 1840 di Santa Maria delle Grazie Santa Maria delle Grazie dopo il restauro del 2012
Angelo con la falce posto all'ingresso del cimitero opera di Camillo Giacomini circa 1860 traduzione dal latino delle scritte che si trovano all'ingresso del cimitero La scritta sul pilastro destro dice: "Limitati furono stabiliti i vostri giorni" Nel riquadro: "Cimitero di coloro cui è madre la Chiesa Cattolica" Sul pilastro sinistro si legge: "Agite ora voi che la tromba chiamò al giudizio" Sulla parte laterale: "La giustizia incalza, la sentenza incombe, premio o pena ,compagno." particolare della sacrestia del XVII secolo e del chiostro immagini dell'altare originale e del quadro, rubato nel 1976, di Orazio Borgianni raffigurante la Visione di san Francesco d'Assisi |
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