Presenzieranno:
Dott.
Andrea Campoli - Sindaco di Sezze
Prof.
Luigi Zacheo - Prof. GIancarlo Onorati - Titta Ceccano - Piero
Formicuccia


Antonio
Campoli


Caro
zio
Credo
di non aver mai utilizzato questo sito per parlare di me o dei
miei cari, ma
ora c'è da spiegare ai più quell'antica parentela che ci
unisce, e che è stata importante anche per la storia dei
nostri luoghi.
Sto
parlando di Vincenzo Fattorini, nipote del cocchiere di
casa Leopardi e figlio di Antonio Fattorini fratello di quella Teresa che Giacomo Leopardi
ha reso immortale con il nome di "Silvia". Antonio Fattorini alla fine del '700 lasciò Recanati per
seguire l'ingegnere Gaetano Rappini a Sezze, dove sarà al
suo fianco nell'opera di bonifica della pianura Pontina. In
seguito Vincenzo Fattorini
diventerà il Notaro della famiglia Rappini con il
compito di prendere nota e appunti di tutti
i possedimenti della famiglia aristocratica.
Appunti
che in
parte sono serviti a mia madre per accendere il camino, negli
anni bui della seconda guerra mondiale, a casa della nonna, Stella Fattorini,
figlia di Vincenzo insieme ad altri dodici tra fratelli e
sorelle tra cui Vincenzina madre di Alessandro Di Trapano
che per molti anni è stato sindaco di Sezze e Matilde, tua amatissima madre, caro zio.
Mia
madre, Angela, rimasta orfana a soli dodici anni, ha vissuto con la
nonna Stella che, oltre ad avergli letto tutti i classici della
letteratura da Virgilio a Dante fino ai Promessi sposi recitati
a memoria, gli ha raccontato della vita agiata di suo padre,
Vincenzo, che sposò Lucia Vali partendo in viaggio per Roma con
una carrozza tirata da sei cavalli bianchi. Proprio come
nelle fiabe.
A
Roma
Vincenzo Fattorini andò spesso per lavoro, ma anche per assistere alle opere liriche e alle serate
mondane che, al ritorno, non mancava di raccontare ai suoi
dodici figli raccolti intorno al focolare domestico.
Vincenzo
Fattorini morì di ritorno dalla campagna sul suo
calesse, in modo analogo al padre di Giovanni Pascoli, e la
figlia Teresa vista la scena si ammalò di cuore morendo subito
dopo ed è sepolta
con il padre. La tomba è la prima, entrando a sinistra,
nel cimitero di Sezze, e dall'epigrafe si comprende l'importanza
che Vincenzo Fattorini ha avuto per questa città che, in
segno di lutto, coprì con il drappo nero tutti i lampioni.
Noi
come suoi discendenti non possiamo deluderlo e la tua opera,
caro zio, di
certo perpetua questo solco fatto di passione e impegno.
Ma
affinché
il tuo lavoro, caro zio, non diventi una scusante, o peggio un
alibi per i nostri concittadini, ti suggerisco di ripensare al
titolo del libro modificandolo da C'era una volta... Sezze
a C'era una volta Sezze... neanche tanto tempo fa.
E
si, perché molti tesori del passato, e molti luoghi di Sezze
dove tu sei vissuto e dove poi hai ambientato le storie
riportate nel libro, sono arrivati fino ai giorni nostri prima
di essere cancellate dalle azioni insensate degli amministratori
locali.
Per
questi motivi se
mai dovessi pubblicare una mia raccolta di foto dovrei chiamarla
"Sezze... prima che sia troppo tardi"
tuo
nipote, Ignazio Romano

|

Il marchese
Gaetano Rappini era un ingegnere idraulico che aveva lavorato nelle
valli di Comacchio. Chiamato da Papa Pio VI a risolvere il problema delle paludi
Pontine, da Bologna portò con se Antonio
Fattorini, e nel 1777
presentò al papa la sua "Redazione e Voto sopra il decadimento
delle Paludi Pontine" .
Nella
foto sopra, eseguita ad Anagni
nel 1926, sono ritratti alcuni dei discendenti di Antonio e la nuora, ma
non il figlio Vincenzo morto prematuramente:
da
sinistra la balia dei due bambini in foto, Silvia e Alessandro Di Trapano
che
sarà sindaco di Sezze per oltre 20 anni; in divisa il colonnello dei carabinieri Ottavio
Fattorini, al suo fianco suor Maria Chiara
Fattorini, badessa presso il convento di clausura di Anagni dove
oggi si trova una targa che la ricorda; a seguire Antonio Fattorini e
Matilde Fattorini; la suora al
centro è ancora da identificare;
seguono Luca Campoli,
Sestilio Fattorini e l'autista di quella giornata
ad Anagni per festeggiare la ragazza vestita da comunicante che è Quintina
Fattorini, figlia di
Antonio. Sedute al centro della foto ci sono Lucia Vali (la vedova di
Vincenzo Fattorini) e Vincenzina
Fattorini, mamma di Silvia e Alessandro
e, come tutti gli altri Fattorini nella foto eccetto la comunicante,
figlia di Lucia.

































NOTA
INTRODUTTIVA
a
cura di Vincenzo
Faustinella
Nel mese di marzo del 1979, epoca in cui era del tutto impensabile lo
sviluppo che - grazie all’avvento delle nuove tecnologie informatiche
registrato 30 anni dopo - avrebbero avuto i sistemi di comunicazione, il
Comune di Sezze adottò uno strumento semplice, ma efficace e moderno a
quei tempi, per portare direttamente nelle case dei propri cittadini un
riassunto delle notizie più importanti riguardanti quelle che erano le
attività svolte dall’amministrazione comunale locale nei diversi
settori della vita pubblica.
Lo strumento in questione era una piccola rivista formato A5, copertina patinata lucida, doppia pagina spillata
al centro, composta in media da una ventina di pagine, che mensilmente,
con precisione svizzera, veniva recapitata a mezzo posta nelle case dei
cittadini di Sezze.
Titolo della testata giornalistica: Il Comune Oggi - Mensile
dell’Amministrazione Comunale di Sezze.
Direttore Responsabile, nei primi anni della sua edizione, è il noto
giornalista e scrittore pontino, Pier Carlo Giorgi; mentre il ruolo di
Direttore Editoriale viene ricoperto dall’allora primo cittadino di
Sezze, Alessandro Di Trapano.
A partire dal numero 2 del mese di aprile del 1979, tra le diverse
rubriche che raccontano e fotografano la vita del paese lepino, una in
particolare raccoglie il consenso dell’opinione pubblica fin dal sua
prima uscita, stimolando e provocando la curiosità dei lettori grazie
ai suoi contenuti che si soffermano e narrano “Storie di Paese”
avvincenti, coinvolgenti ed originali, spesso sconosciute alla gran
parte di chi sfoglia quella rivista nell’intimità delle mura
domestiche e, scorrendo le righe, si ritrova immerso in un passato che
non esiste più e che parla di una Sezze ormai “scomparsa” da anni.
La rubrica ha un titolo da “inizio fiaba di Andersen”: C’era una
volta…”, anche se il taglio giornalistico non è fiabesco ed i suoi
contenuti non sono frutto di quella fantasia che appartiene al mondo
delle favole, bensì - come dicevamo prima - trattano storie accadute
davvero; parlano di persone vissute realmente; raccontano aneddoti che
si sono tramandati nel tempo e da cui si è formata buona parte
dell’ossatura antropologica del popolo setino.
A curare la rubrica “C’era una volta…” è il poeta e cultore
dell’antico dialetto di Sezze, Antonio Campoli, sapiente studioso e
profondo conoscitore degli usi, costumi e tradizioni locali; ricercatore
attento e rigoroso, nonché divulgatore affabile della Storia millenaria
di quella che Marziale chiama: “La
pensile Sezze”.
Laureato in Giurisprudenza, quando Campoli inizia a collaborare con
Il Comune Oggi svolge già l’attività di Professore ordinario di
lingua francese, è un fine ed apprezzato Avvocato patrocinante in
Cassazione e per dieci anni, dal 1970 al 1979, è stato Magistrato
Onorario con funzioni di Reggente presso la Pretura di Sezze.
Scorrendo fino in fondo il curriculum
vitae di Campoli, scopriamo che le sue pubblicazioni in campo
giuridico sono oltre duemila tra sentenze civili, penali, ordinanze etc.
Oltretutto, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta ha svolto anche
un’apprezzabile attività di Pubblicista per i quotidiani Il Corriere
dello Sport, Il Corriere Comasco e per la rivista Gioventù, organo
dell’Azione Cattolica Italiana.
Nel mese di aprile del 1981, esattamente due anni dopo l’inizio di
quella esperienza narrativa, e dopo aver pubblicato alcuni dei suoi
versi dialettali all’interno di opere letterarie scritte da altri
autori locali,
Campoli pubblica la sua
prima raccolta di versi che si completerà con una trilogia di poesie in
dialetto di Sezze: La Fontana di Pio IX (1981), Tibbo Tabbo (1986), La
Calandrella (1999).
Antonio
Campoli è anche autore di ballate, stornelli, serenate, canti alla
poeta e canti a dispetto che, a distanza di anni dalla loro
composizione, sono stati raccolti e pubblicati in quella che è la sua
ultima opera letteraria in ordine cronologico: Ripicchiozzo (2009),
scritta (e cantata) a quattro mani con il Maestro di musica Giuseppe
(Pino) Di Prospero.
La lunga e prolifica esperienza letteraria di Antonio Campoli, vanta
anche diverse opere teatrali, sempre in dialetto di Sezze: Livio va in
pensione (1985), I due compari
(1987), Un giorno in Pretura (1989), Una vincita al totocalcio (1990),
Una pelliccia per Tutarella (1993), Il Forno (2007), Studio Legale
(2013).
All’appello,dunque, mancava soltanto una nuova pubblicazione che
raccogliesse tutti i suoi scritti, a partire proprio da quelli apparsi
per la prima volta su Il Comune Oggi, passando per Nuova Informazione, I
Lepini e, in ultimo, SU&GIU’, giovane testata giornalistica locale
sulla quale Campoli, durante i primi anni del Terzo Millennio, aveva
ripreso a pubblicare i suoi scritti curando una rubrica che si
riannodava al vecchio filone di “Storie di Paese” interrotto anni
prima. Titolo della rubrica - pensate un po’!:“C’era una
volta...”. Di conseguenza, era assodato e facile dare lo stesso titolo
a questo volume che oggi raccoglie tutti gli scritti pubblicati da
Antonio Campoli a partire dal 1979 in poi, e ai quali si aggiungono
alcuni inediti che pubblichiamo qui per la prima volta.
Avendo a disposizione soltanto il materiale cartaceo, la nostra prima
operazione è stata quella di dare un ordine cronologico (lo stesso
seguito da questa pubblicazione, tranne diverse eccezioni dovute al tema
trattato) agli articoli conservati presso l’archivio personale di
Antonio Campoli.
Dopodiché, grazie alla preziosa e diligente collaborazione di Giuliana
Ferrazzoli, abbiamo iniziato a trascrivere i testi e a salvarli su file
Word. Infine, sempre sfruttando le nuove tecnologie a disposizione della
comunicazione moderna (in questo caso ilmiolibro.it
del Gruppo L’Espresso), abbiamo realizzato una serie di edizioni
degli scritti di Antonio Campoli da sottoporre alla visione dello stesso
autore per raccogliere il suo parere, ascoltare i suoi consigli e
apportare, eventualmente, le dovute correzioni (ci auguriamo non sia
sfuggito nulla ai nostri occhi).
Il prodotto finale è questa raccolta da cui emerge tutta la sensibilità
del Poeta, l’esperienza umana dell’insegnante, il rigore morale (non
moralista) e l’autorevolezza dell’uomo di Legge; la nostalgia
dell’adolescente allegro e scanzonato verso un mondo che non esiste più;
l’impegno civico e i valori etici del cittadino che si scuote e cerca
di destare le coscienze degli altri di fronte agli obbrobri,
all’inciviltà, all’incuria e alla distruzione sistematica di un
patrimonio artistico e culturale da cui si dipana la storia di
un’intera Comunità, quella di Sezze, che Campoli, usando la scrittura
come suo padre Luca usava ago e filo, ricuce con abilità ed
eleganza fino a confezionare un unico “vestito”: quello della
memoria collettiva che ogni comunità sana e solidale dovrebbe
preservare e tramandare ad ogni ricambio generazionale,
sfruttando quelli che sono gli strumenti della comunicazione a
disposizione dell’essere umano come, in questo caso, la scrittura.
Perciò - anche se in palese disaccordo con Platone che, nel Fedro,
parlando per bocca di Socrate, biasima l’invenzione della scrittura
perché “strumento che contribuisce a svalutare la memoria”-
dobbiamo essere grati e riconoscenti al nostro Concittadino Benemerito
Antonio Campoli ché, attraverso i suoi scritti, ci ha reso immuni da
quella malattia sociale che Franco Ferrarotti chiama amnesia
di massa.
<<Distruggere la memoria di un popolo – ha scritto
l’illustre Maestro di Sociologia
- equivale alla distruzione delle sue basi di identità, significa
attentare alla sua presenza storica, cancellarne o mutilarne il
significato>>.
Con questa raccolta di scritti che andiamo a pubblicare, possiamo dire
che le nostre “Storie di Paese” sono finalmente e concretamente al
riparo da ogni tentativo di vederle (e volerle) seppellite nell’oblio.
Siamo altresì convinti che questo libro riuscirà a soddisfare la
nostra sete di “conoscenza”, che è anche fonte di sapere per i
nostri figli, e per i figli che verranno a sostituirci in questa Comunità
terrena che ogni giorno ci sforziamo a tenere unita e a rendere solidale
sia all’interno del suo tessuto sociale già formato, che nei
confronti di chi, in attesa di entrare, ci guarda e ci giudica
attentamente dall’esterno. A cominciare dai più giovani, da quelli
cioè che sono alla ricerca di radici profonde su cui impiantare e far
crescere l’albero della propria vita. Campoli, attraverso i suoi
scritti, ha scavato, cercato e riportato in superficie quelle radici,
che sono poi le stesse che hanno permesso ad un intero popolo di
crescere e progredire, di formare una propria identità culturale basata
sui valori della solidarietà, dell’accoglienza, della tolleranza.
Ora, spetta a noi contemporanei non disperdere i frutti della sua opera
che non è solo letteraria, ma sociale, politica e culturale in senso
antropologico.

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Biografia
di Antonio Campoli
Antonio
Campoli è nato a Sezze. Si è laureato in Giurisprudenza all'Università
di
Roma
"La Sapienza". E' iscritto all'Albo Professionale dell'Ordine
degli Avvocati
di
Latina dal 1959 e all'Albo Professionale degli Avvocati Cassazionisti
dal 1980.
Abilitato
all'insegnamento di Lingua e Letteratura Francese ha insegnato dal 1960
al
1983.
In
campo giornalistico, quale Pubblicista, ha collaborato a diversi
giornali
quali:
Il Travaso, Gioventù, Corriere dello Sport-Stadio,
Il Comune Oggi,
Nuova
Informazione, Il Lavoratore Comasco. E' autore di tre
volumi di
poesia:
La Fontana di Pio IX, Tibbo Tabbo, e La
Calandrella, editi dalla
Angeletti
Editore. Come coautore, ha messo la sua firma sui volumi Sezze che
scompare
e Il dialetto di Sezze opere di Luigi Zaccheo e Flavia
Pasquali.
E'
stato presidente della Banda Comunale di Sezze, attuale presidente del
Centro Studi Titta
Zarra,
vice presidente del Bonsai Club di Sezze, vice presidente del Distretto
Scolastico
n.
47 e Pretore Reggente del Mandamento di Sezze e Bassiano dal 1969 al
1979.
Oltre
alle novelle, ai racconti, alle monografie e agli studi del mondo
contadino,
alle
usanze e alle storie antiche e moderne su Sezze, ha scritto opere
teatrali di fondamentale importanza quali Livio va in pensione, I
due compari, Un giorno in Pretura, Una vincita al
totocalcio e Studio Legale.
Nella
sua non breve carriera, Campoli ha collezionato una infinità di premi e
riconoscimenti; basti ricordare il Premio di Poesia Città di Sezze,
il Trofeo dei Lepini, il Premio biennale di Norma, il premio biennale
Attilio Taggi di Sgurgola, il Premio Simpatia al Campidoglio, il Premio
Nazionale " Latina Tascabile", premio letterario
internazionale di Segni.
Campoli
lascia di sé una immagine indimenticabile. Ha operato attivamente ed
instancabilmente contro la delinquenza, contro gli abusi edilizi
meritandosi l'appellativo di "Pretore d'assalto".
Attualmente svolge la sua professione di Avvocato e passando dall'altra
parte della barricata, si è messo al servizio dell'umanità sofferente
e bisognosa di Giustizia. Stimato per la sua serietà e lucidità,
profonde la sua ricchezza interiore
nella
sua attività, nelle sue opere, nelle sue poesie e in tutti i suoi
scritti.
La
sua ispirazione è pregevole il suo lirismo è misurato, scherzoso,
riservato ma soprattutto,
dialogo
immediato di una volontà narrativa che riflette il suo legame con la
gente e i luoghi della sua terra.
Campoli
ha scelto il dialetto di Sezze e ci narra ora con lirismo digiacomiano
ora
con la plasticità belliana, ora con la malinconia e la memoria di
Trilussa,
il
trascorrere delle stagioni e della vita, i segni del tempo sulle cose e
sui
volti,
le storie dei sezzesi, le voci dei suoi paesani, i fatti di quelle donne
e
di quegli uomini semplici e veri, le storie di carne e di sangue dai
cuori
teneri
ed aspri di corpo robusto e di passioni tenaci.
Campoli
vive la sua poesia con quei toni ammiccanti e simpatici e con
quella
vena di ironia che resta discreta e composta. La sua poesia offre
refrigerio
con una freschezza ariosa che sembra spruzzo di fantasia
carezzata
dalla mano delle buone maniere a dalla filosofia nel rispetto per
la
sincerità interiore di Campoli in cui l’equilibrio intellettuale
collima con
lo
specchio della sua anima.
Alita
nell'opera di Campoli un refolo della sua fantasia svariona, scanzonata,
frizzante
che traduce un temperamento propriamente " classico”.
Campoli
è il più prolifico poeta dialettale lepino contemporaneo e senz'altro
il
più equilibrato e coerente il quale ora fa il verso di Orazio, ora nei
componimenti
ove si celano le battute o l'aforisma, prende da Marziale.
Il
suo dialetto ha una sostanzialità antica ove la parola morbida,
polposa,
gustosa
come un frutto indeiscente rinserra un seme acidulo di sorridente
e
cattivante ironia nient'affatto tossica.
Campoli
ha il gusto del dire, del parlare, del ricercare un dialetto arcaico,
che,
a
volte, può apparire aspro, ma che è l'espressione di una antichità
apparentemente storia di cui
rivendica
la dignità di cultura pienamente vissuta, di cui gusta il sapore
attraverso la frase breve e densa, corrispondente alla lingua di una
tradizione contadina e paesana che l'erudito non ha rinnegato ma ha
arricchito e vivificato attraverso la padronanza di strumenti culturali
diversi dalla tradizione orale. Campoli è poeta serio e lucido,
scherzoso e riservato, curialesco ed umile, comunque sempre ricco di
umanità, portatore di un rapporto vivo con la sua Sezze, intenso con le
persone, anche le
più umili, rispettate sempre nella loro dignità umana.
Perché
le tessere originali più preziose che affrescano il grande mosaico del
linguaggio palpitante del popolo di Sezze non andassero perdute e non
cadessero nell'oblio, era necessario e doveroso rendere i giusti meriti
e indiscussi riconoscimenti ad Antonio Campoli che ha nel suo cuore,
come tutti i cittadini degni di questo nome, la Sezze immortale, la
Sezze sospesa negli spazi celesti, la Sezze di antica e nobile stirpe,
la Sezze piena di fascino. Al poeta che ha cantato la nostra terra nelle
sue infinite sfaccettature, al poeta vivace, colorito, ricco di umanità
pieno di inventiva, rapido nella battuta, dolce nel sentimento amoroso e
profondamente partecipe nel dolore, va questo riconoscimento.
E
con la sua vastissima opera di poeta e di uomo di cultura Campoli ci
ammonisce ricordandoci che il suo impegno letterario non e affatto un
elogio del tempo passato, ma rappresenta la convinzione che soltanto
conoscendo la propria storia, la propria vita e il proprio passato si può
ben progettare il proprio futuro.
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