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Partecipare al processo di riqualificazione |
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Voltiamo pagina, ma facciamolo presto di Ignazio Romano Sezze, 13 giugno 2013 Nessuno
si senta offeso, almeno non sul piano personale. E con questa premessa,
per indicare che non è mia intenzioni portare attacchi a nessuno se non
contro quel sistema perverso che sta strangolando Sezze, intendo
segnalare l’urgenza di voltare pagina, di farlo presto, rompendo
completamente con il passato e con i modi fin qui adottati soprattutto
nella pubblica amministrazione, ma non solo. La
vicenda degli olmi di via dei Cappuccini, che con tutte le sue bugie
rappresenta appena la punta di una colossale piramide fondata sulla
cattiva gestione della cosa pubblica, ha evidenziato le anomalie di un
percorso democratico da cui si è voluto escludere il diritto alla
partecipazione. Diritto sancito dal buon senso, come ho sempre sostenuto,
ma anche dall’Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana. Anomalie
che una amministrazione eletta con più del 70% dei consensi, come
quella attuale di Andrea Campoli, da cui ci si attendeva un
coinvolgimento esteso a tutti, non può permettersi. Troppe promesse non
mantenute che da sole avrebbero potuto avviare un nuovo corso. Tra
queste c’è la Consulta delle Associazioni, organismo in cui il
processo virtuoso della condivisione poteva trovare luogo. E invece ci
siamo ritrovati davanti all’ennesima amministrazione pubblica di tipo
“qui comando io”, dove il bene della comunità può
attendere, mentre le solite logiche, che escludono il cittadino dai
processi democratici, vanno avanti. Eppure ci eravamo illusi che con questa amministrazione era possibile intraprendere un percorso virtuoso. Percorso lento ma progressivo, che poteva condurre la nostra comunità sulla via dello sviluppo condiviso. Quello sviluppo che si realizza partendo dal basso, proprio come chiedeva STILe (Sviluppo Turistico Integrato dei Lepini). Troppo faticoso, troppo democratico, e infatti, pur di non intraprendere alcun cambiamento sul territorio, che comportasse dialoghi fra amministrazioni comunali, pro loco, comunità montane, province e cittadini, si è preferito mandare indietro 19 milioni di euro. Dalle foto del 1952 fatte al Teatro Sacro Italiano ancora in costruzione - semplicemente Anfiteatro per i sezzesi - si capisce che la struttura avrebbe dovuto accogliere solo la Sacra Rappresentazione. Per questo motivo Filiberto Gigli, oltre alla via Fanfara e all'ampliamento di via Piagge Marine con tanto di marciapiede per accogliere gli ospiti illustri provenienti dalla capitale, fece realizzare anche il campo sportivo in zona Fontanelle. Adibire il Teatro Sacro Italiano alle partite di pallone, contravvenendo alle indicazioni di Gigli, è stata la prima avvisaglia di una comunità destinata a perdere ogni altra possibilità di sviluppo. Così è stato. Per capire meglio di cosa si sta parlando basta cercare il servizio dell'Istituto Luce dove si vedono le fasi di preparazione alla Sacra Rappresentazione del settembre 1957, quella del famoso commento radiofonico di Vincenzino Venditti. Pezzi di storia cancellati in cui Sezze è stata protagonista mondiale. Ma
questa oramai è storia vecchia, oggi i fondi comunitari non arrivano più,
anzi ce li chiedono indietro. Se all’epoca qualcuno avesse chiesto ai
sezzesi cosa fare dell’Anfiteatro, presentando pubblicamente il
progetto di “riqualificazione”, nessuno avrebbe acconsentito allo
scempio che è stato fatto. Il marciapiede dei Cappuccini si differenzia
solo per le cifre messe in gioco. Il sistema ed il modo di procedere è
lo stesso, e non prevede la partecipazione del cittadino. Lo
sviluppo fondato sulla vocazione e sulle risorse del territorio passa
per la gente, e a Sezze, come nel resto d’Italia, le risorse sono
rappresentate dal patrimonio culturale, da quello paesaggistico e dalle
potenzialità agricole. Veramente troppa fatica, meglio lasciare tutto
come sta. Anzi peggio: infatti è proprio a danno del patrimonio
culturale e della naturale vocazione del territorio che, seguendo la
deriva iniziata negli anni ’60, continua la storia del degrado di
Sezze fondata sull’edilizia dissennata. Non a caso gli errori
progettuali in via dei Cappuccini hanno origine proprio negli anni ‘60
ed oggi continuano a fare danno. Sia
i politici che i tecnici del Comune non hanno saputo correggere nel
tempo la degenerazione urbanistica ed il degrado ambientale che ha
letteralmente cancellato la storia e la memoria millenaria del paese,
lasciando alle future generazioni una città svuotata dei potenziali
tesori e incapace di mantenere gli standard essenziali nei servizi. Come
ho avuto modo di esprimere all’attuale sindaco, non è solo colpa del
mancato trasferimento di denaro dallo stato ai comuni se a Sezze non si
riesce a valorizzare le risorse esistenti e a dare ai cittadini i
servizi necessari per migliorare la qualità della vita, ma è anche
colpa delle scelte insensate che fin qui sono state fatte quando il
denaro è arrivato. Tutto questo nonostante il comune sentire e la crescente sensibilità delle persone sull’ambiente e sulla cultura, e a dispetto del contributo dei volontari che si sono messi a disposizione per indicare, segnalare, proporre e promuovere iniziative volte a valorizzare le ricchezze diffuse su tutto il territorio comunale. Voltiamo pagina, ma facciamolo presto. Nelle due foto che seguono si vedono due "Sezze" molto diverse tra di loro. Eppure le due foto sono state scattate quasi dallo stesso punto di via Piagge Marine, ma a distanza di circa 10 anni una dall'altra. La prima, quella con con la neve, è degli anni '50, mentre la seconda è dei primi anni '60 e quì l'invasione del cemento è evidente. Oggi la situazione è ulteriormente peggiorata... Compatti e convinti, gli amministratori fingono il dialogo di Ignazio Romano Sezze, 25 maggio 2013 Ho creduto che gli amministratori comunali di Sezze hanno sempre lavorato per il bene del comunità, mentre i cittadini più sensibili hanno dato il proprio contributo collaborando, anche se non ho mai compreso fino in fondo alcune scelte. In particolari quelle scelte fatte nel passato che hanno modificato pesantemente l'originale vocazione storico-naturale del paese. Si tratta di una discussione che a Sezze va avanti da anni e a cui nessuno ha mai dato delle risposte. Sarebbe
bello, come avviene in ogni comunità attiva, promuovere dei convegni in
cui gli amministratori espongono il programma delle opere pubbliche,
mentre i cittadini interessati possono avanzare le proprie idee. Oggi
tutto questo sembra possibile, con amministratori che hanno una
sensibilità maggiore, più attenta verso il patrimonio culturale
rappresentato dalla storia, dalle tradizioni, verso le vestigia del
passato e verso il paesaggio che caratterizza il territorio. Così come
sembra esserci una coesione maggiore con i cittadini pronti a
collaborare e a proporre idee e soluzioni, ma nonostante questo non si
riesce a capire perché dobbiamo assistere ad un continuo degrado e
perdita di valori della nostra città. Si
avverte nel paese la rassegnazione, l’impossibilità di rimediare alle
sviste del passato, facendo ricadere tutte le colpe sulla mancanza di
risorse e sull’attuale crisi. Poi, però, quando il denaro c’è e si
compiono opere di difficile comprensione per i più, con progetti che
invece di recuperare cancellano altri pezzi di memoria, (vedi l'attuale
progetto in via dei Cappuccini) si capisce chiaramente che la vera
ricchezza per una comunità non è rappresentata solo dai finanziamenti,
sia essi provinciali, regionali o europei, ma dalla partecipazione e
dalla condivisione di una idea organica di sviluppo che evidentemente a
Sezze ancora non c'è. Così,
continuiamo ad assistere ad una sorta di maledizione in cui le
generazioni successive non vedranno più quelle cose che per le
generazione precedenti hanno caratterizzato la vita quotidiana. Questo a
dispetto di quella tanto declamata “storia millenaria” che
distingue questa città da quelle limitrofe. Infatti, Setia per più di
duemila anni ha mantenuto sempre la stessa posizione, a differenza di
Privernum, di Cora e di Norba che attraverso le varie epoche hanno
modificato il luogo originario di insediamento. Di questa peculiarità,
considerata dagli stimatori un valore, mai nessuna amministrazione
setina ha saputo trarne dei benefici. Basta vedere oggi lo stato
disastroso in cui si presentano le principali piazze, deturpate senza
alcun rispetto prima e lasciate così senza mai tentare opere di
riqualificazione; o l’incoerenza della pavimentazione delle vie e dei
vicoli, che si continuano ad asfaltare neanche fossero autostrade; per
non parlare affatto degli arredi del centro storico quasi dappertutto
ancora fermi alle aberrazioni compiute negli anni '70. Credo che ogni cittadino ha il dovere di interessarsi della cosa pubblica, di informarsi e conoscere le questioni prima di dare dei giudizi e pretendere il rispetto del bene comune. E quando è possibile ritengo importante che il contributo di tutti concorra a formare le scelte della comunità, mentre ogni amministratore di buon senso ha il "dovere di ascoltarle". Ho creduto anche che il destino di ogni comunità è nelle mani dei singoli, che possono anche far prevalere gli interessi di pochi, ma resta la partecipazione lo strumento che determina il grado di civiltà, evidentemente troppo basso in questo paese. Infatti,
penso che a Sezze spesso gli interessi di pochi sono prevalsi su quelli
della collettività, che non è per questo assolta, ma resta responsabile per non aver partecipato con la forza necessaria. Tutto
questo a danno della qualità della vita, della preservazione del
patrimonio pubblico e quindi dello sviluppo sociale ed economico della
comunità stessa. Oggi,
davanti ad una amministrazione “compatta
e convinta” che la partecipazione è un optional e la
riqualificazione dei luoghi non passa attraverso la memoria
collettiva; dopo quanto accaduto al gruppo "In
Difesa dei Beni Archeologici" che ha toccato con mano la
“sordità conclamata” degli attuali amministratori che
hanno giocato sulla buona fede dei cittadini fingendo di instaurare con
loro un dialogo, le certezze più salde vacillano, la fiducia non trova
più appigli ed è veramente difficile per ogni Cittadino di Sezze
andare avanti sulla via della collaborazione. Setina Civitas chiede più dialogo al Sindaco Lidano Zarra di Ignazio Romano Sezze, 7 giugno 2005 Molte
sono le discussioni sul modo di intendere la riqualificazione del paese
che il governo di Lidano Zarra sta adottando a Sezze. Dalla chiusura di
Piazza dei Leoni, a quella di Ferro di Cavallo, sono in molti a non aver
capito l’obiettivo che si vuole raggiungere. Di polemiche, che buttano
fango sul paese, se ne fanno anche troppe; il risultato, secondo Setina
Civitas, è quello di lasciare la gente ancora più disorientata ed
incapace a capire dove finisce la rivalità politica e comincia l’amore
per Sezze. Per questo il circolo culturale sente il dovere di intervenire
nella discussione pubblica, esprimendo, per altro, un’opinione che tiene
conto sia delle esigenze dei cittadini che delle necessità di
riqualificare il paese.
In modo particolare, quando si modifica profondamente il vissuto quotidiano dei cittadini, occorre ascoltare le loro esigenze, e Setina Civitas fa un esempio: “Si sente molto il disagio per la carenza di un servizio di raccolta dei rifiuti che attualmente è miope alle esigenze dei più deboli, come gli anziani. Infatti, dopo la nuova dislocazione dei cassonetti, non è stata prevista la raccolta a domicilio per tali fasce di cittadini.” Setina Civitas continua la sua analisi criticando i lavori di rifacimento del tappetino d’asfalto nei vicoli del paese. Operazione
giudicata completamente inopportuna. Infatti, se si vuole restituire al
paese una vocazione turistica, occorre iniziare a pavimentare tutta la
parte storica della città, puntando a rendere funzionali le zone
periferiche. “Questa
regione, questa provincia sono un mix straordinario di bellezze
naturalistiche e storiche. Si può ripartire da lì”. Il Presidente Luca
Cordero di Montezemolo,
davanti all’assemblea di Confidustia, tenutasi martedì 7 giugno 2005
nel borgo di Fossanova, ha concluso così il suo intervento riferito alla
recessione economica che affligge l' Italia. Sarà bene rivedere tutte le politiche locali, sempre così poco attente e superficiali nei confronti dei piani di riqualificazione e sviluppo turistico, se non si vuole incappare in una sconfitta totale della gestione territoriale del patrimonio ambientale e culturale. |