Campo di Aviazione a Sezze Romano

a cura di Vittorio Del Duca

Sezze, 1 marzo 2014

Il Campo di Aviazione di Sezze Romano

Una delle tante pagine di storia setina dimenticate dai più, che nel racconto di Alessandro Di Prospero, e nella ricostruzione minuziosa a cura di Vittorio Del Duca, ritrovano tutta l'importanza ed il fascino di un tempo.

fig.01- Uno spaccato dell’ attività di volo nell’aeroporto di Sezze con l’aliante CAT “Sparviero” in una cartolina del 1939. Sullo sfondo la collina su cui sorge il paese.

fig.02- Nella foto aerea attuale il campo di aviazione è quello delimitato in rosso. All'epoca per la sua realizzazione non furono necessarie opere edilizie permanenti, e quindi l’aeroporto non snaturò mai la vocazione agricola del territorio. In meno di quindici anni di attività, il campo di aviazione, grazie alle particolarità ambientali e climatiche del territorio, uniche nel suo genere, acquistò un prestigio tale da elevare Sezze alla notorietà internazionale. Alla sua dismissione, avvenuta settanta anni fa, in seguito ai noti episodi bellici che investirono anche il nostro paese, i terreni furono restituiti all’Agricoltura, nello stesso stato in cui il campo li aveva presi in consegna. L’Agricoltura non alterò mai la sua fisionomia, anzi, ha sinora salvaguardato un territorio vasto 40 ettari dalla cementificazione e dalla speculazione edilizia. L’attività di volo, svolta nel campo di aviazione, permane ancora nel ricordo e nel cuore di alcuni nostri concittadini, non più giovani, come Alessandro Di Prospero, che oggi risiede a Latina. Egli, con il suo racconto intende tramandare alle nuove e future generazioni setine, la memoria storica di quella “Perla”, forse perduta per sempre, che è stata il campo di aviazione di Sezze.


Il racconto di Alessandro Di Prospero

Ma come, un campo di aviazione a Sezze? - Si, certo, non tutti lo sanno, specialmente i più giovani – racconta Alessandro Di Prospero, primo radioamatore di Sezze ed ufficiale in pensione della Guardia di Finanza, reparto telecomunicazioni.

In quell’aeroporto, distrutto nel 1944 dai bombardieri anglo- americani, rischiai seriamente di perdere la vita. Ero ancora ragazzo – continua Alessandro – ma avevo una forte passione per le comunicazioni radio che effettuavo con ricetrasmittenti primordiali, costruite con le mie mani e con componenti di fortuna; il mio desiderio era di comunicare sempre più lontano. Data la mia età, non avevo i mezzi finanziari per farlo, c’era la guerra e tanta miseria, i miei faticavano non poco per sfamare cinque figli e mantenerli nello stesso tempo agli studi, figuriamoci se si sognavano di assecondare quello che consideravano un mio capriccio, peraltro costoso e senza alcun utile. Spinto da questa passione, ebbi la malsana idea di cercare qualche componente elettronico, anche rotto e da riparare tra i residuati bellici del campo di aviazione. Ci ero andato diverse volte per la verità, ma una sera, scavalcata la recinzione dell’aeroporto, che si trovava a destra della S.S.156 dei Monti Lepini, a 500 metri circa dal bivio di Via degli Archi, mi ero appena accinto alla ricerca, quando sopraggiunse all’improvviso, quasi mi stesse aspettando, un caccia che volava a bassa quota, probabilmente inglese, che iniziò a mitragliare impietosamente a più riprese tutti gli hangar e le palazzine di Comando e Servizi vari, situate nel luogo dove ora si trova un distributore di carburanti. Ne uscii miracolosamente illeso, forse perché ebbi la prontezza di spirito di gettarmi a terra, ma intorno a me vidi l’inferno e la paura fu veramente tanta. 

Restai immobile, finché non fui certo che l’aereo si fosse allontanato definitivamente, ma stentai a credere di essere ancora vivo. 

Poco mi importava se tornavo a casa a mani vuote, senza i preziosi condensatori. In pochi minuti raggiunsi il paese, arrampicandomi su per le coste velocemente, e mentre passavo di fronte alla cappella della Madonna dell’Appoggio, ringraziai la Vergine con il Bambino per avermi protetto. Giunto a casa, abitavo al Montone, mi guardai bene dal raccontarlo ai miei genitori, sapevo che se l’avessi fatto mi avrebbero riempito di botte, come pure i miei fratelli maggiori, Lidano e Filiberto. Recentemente - continua Alessandro Di Prospero - per puro caso, mi sono trovato a chiedere ad un amico commercialista di Latina, sezzese di nascita, dell'età di 47 anni circa, se sapeva che a Sezze era esistito un aeroporto, con infinite attrezzature, tuttora forse ancora moderne. 

La risposta immediata è stata la seguente : 

"PERCHÈ... A SEZZE C'ERA UN AEROPORTO ? “ Ho provato un grande dispiacere che una persona, per di più colta e nota, mi desse una simile risposta, ma compresi che di anni ne erano trascorsi veramente tanti e che eravamo rimasti veramente in pochi a ricordare quella “Perla”, che era stato il campo di aviazione di Sezze e che non aveva eguali nel resto d’Italia. La particolarità di quella Perla consisteva nel fatto che le correnti termiche provenienti dal mare, infrangendosi sulla catena dei Lepini, diventano preziose correnti ascensionali e questo fenomeno, che non è riscontrabile in altri luoghi, rendeva il volo a vela UNICO e l’aeroporto PARTICOLARE, tanto che fu potenziato di tutte le attrezzature necessarie e divenne scuola di volo per l’ingresso all’Aeronautica Militare, che allora si chiamava RUNA. Queste correnti ascensionali sembra abbiano il loro punto di forza tra l’Antignana, la Valle della Cunnula, Ceriara e Terracina, e proprio per questo, a partire dal 1937 l’aeroporto acquistò grande notorietà, non solo in Italia, ma anche fuori dai confini nazionali, tant’è che la Germania, che nel volo a vela aveva una tradizione più lunga della nostra, mandò a Sezze piloti ed alianti per corsi particolari di volo. 

Ricordo, di sera, passeggiare per le vie di Sezze i piloti provenienti da ogni parte d’Italia, tedeschi, polacchi, bulgari, di varie nazionalità; venivano per ammirare la nostra città e sicuramente anche le nostre belle ragazze. Molti, in paese avevano familiarizzato con questi bravi piloti ! Bravi, perché ? Perché, guarda caso, nell'aeroporto di Sezze si svolgevano delle gare nazionali ed internazionali di volo a vela e più precisamente nel senso militare. Praticamente vinceva chi rimaneva più tempo in volo e chi raggiungeva anche la quota più alta. Una vera "PERLA " per Sezze e l'Agro Pontino. Voglio ricordare ancora quando un aliante tedesco con tutto il suo pilota cadde sotto il "MURO DELLA TERRA" cioè sotto la Chiesa di S. Maria. 

Ed è proprio lì che le ragazze setine andavano per vedere volare i loro simpatici piloti. Infatti quel pilota, per farsi vedere il più vicino possibile, accostò un po’ troppo al Muro della Terra, strisciò con l’ala e precipitò nel sottostante orto della famiglia “ la Monachicchia” fortunatamente senza conseguenze. Durante la guerra, la difesa dell’aeroporto fu affidata all’Esercito che vi installò delle postazioni antiaeree, ma stando a quel che si disse, le mitragliatrici si incepparono proprio al momento di usarle e non furono mai in grado di sparare. 

Dopo l’armistizio del 1943, nel generale sbandamento, l' Aeroporto fu completamente abbandonato a se stesso e alla mercé di chiunque voleva "prendere" ciò che gli serviva. Anche io approfittai di quella occasione per cercare i componenti elettronici, anche se dopo il mitragliamento mi ero ripromesso di lasciar perdere. Ogni volta che tornavo in quel campo, restavo affascinato nel vedere quei grandi hangar, ove c'erano resti di alianti e di apparecchi da caccia. L’ultima volta che vi tornai è stato immediatamente dopo la guerra, ai miei occhi si offrì uno spettacolo desolante, il campo di aviazione era stato martoriato dalle bombe, gli hangar e la palazzina dove si trovavano le aule della scuola di volo erano scomparsi del tutto, al loro posto un cumulo di macerie, ovunque rottami sparsi al suolo, anche oltre i confini del campo. 

Ricordo ancora bene diverse persone che, con carretti e qualche camioncino sgangherato, si affannavano a smantellare fin dalle fondamenta tutto ciò che poteva tornare utile, compreso i diversi tipi di recinzione. 

Non parliamo poi degli edifici in muratura e degli hangar in lamiera e ferro. Anche i calcinacci furono portati via! Dalla camera da letto di mia madre, che spaziava sulla pianura, si può dire che vedevo ogni giorno l'aeroporto ed anche la stazione FS, i treni che scorrevano e la Sottostazione Elettrica. Bene, col passare dei giorni la fisionomia dell' Aeroporto scompariva sempre di più, come se un "mostro" lo avesse pian piano divorato. Nel 1946, quando la Guardia di Finanza mi prese nei suoi ranghi, dell'Aeroporto in questione non c'era più traccia. Sicuramente ebbi nei suoi confronti un atteggiamento biasimevole, al pari degli altri, ma lo feci solo per motivi studio, e ricordo ancora la grande pena che albergava in me nel commettere e vedere simili scempi. 

L’unica giustificazione per me e quella povera gente, è che la guerra ci aveva privati anche delle misere cose che possedevamo. 

Io, nel mio piccolo, ma solo per motivi di studio e apprendimento, sono stato una di quelle persone forse da biasimare, ed infatti ricordo ancora la grande pena che albergava in me nel commettere o vedere simili reati. Comunque poco o quasi niente di importante potei raccimolare, fatta eccezione di due ruote d'aereo a raggi, che poi usai con ingegno nella costruzione di un carrettino a mano. Lo usavo per prendere il grano da Zia Marietta Del Duca, sorella di mia madre, portarlo al Mulino Spaziani di via Umberto e poi al negozio di generi alimentari dei miei, in via Corradini. A conti fatti debbo dire che fui abbastanza incosciente nell'espormi seriamente a quei pericoli. 

Di contro, acquisii esperienza positiva. 

Dispiace veramente che questa “Perla” sia andata perduta forse per sempre e che nessuno abbia mai tentato di ritrovarla, specie negli ultimi anni, in cui tanti nostri giovani hanno mostrato un rinnovato interesse per il volo a vela, soprattutto da parapendio. Credo che la città di Sezze - conclude Alessandro Di Prospero - ci avrebbe guadagnato in notorietà ed in economia se qualcuno o qualche associazione sportiva avesse avuto l’idea, e soprattutto la volontà, di far rinascere questo aeroporto di scuola a vela, unico in Italia nel suo genere. Non è mai troppo tardi, considerato che l’aeroporto è rimasto tale e quale, il terreno di proprietà del Demanio non ha ancora subito le offese del cemento ed è ancora vigente un vincolo di servitù aeronautica degli anni Venti, quello che ne permise la realizzazione. -

fig.03- Foto aerea della zona aeroportuale di Sezze del 1943. Notare il modestissimo grado di urbanizzazione sia dello Scalo che del campo setino.


La “ghenga” di S. Maria e il bombardamento di pomodori
- Come dimenticare quegli aerei meravigliosi e silenziosi che volteggiavano nel cielo di Sezze senza arrecare alcun disturbo! – continua Alessandro Di Prospero – Ricordo con piacere la simpatia dei tanti allievi e comandanti del campo che spesso salivano a Sezze per delle commissioni o solamente per passeggiare, e la familiarità che i sezzesi, sempre generosi di cuore, avevano concesso a questi forestieri. Non si poteva dire altrettanto dei ragazzini, che nei confronti dei piloti nutrivano un amore timore. Amore perché erano simpatici e oltre tutto erano ammirati per la loro perizia di volo, timore perché temevano ritorsioni a causa delle continue malefatte che compivano a loro danno. 

Oggi le frontiere sono aperte a tutti, la gente va e viene come meglio crede, ma un tempo stavano anche tra paesi limitrofi, e noi ragazzini di Sezze le avevamo messe anche dentro il paese, da tempo immemorabile. In ogni cantone comandava una “ghenga”. Io stavo con quella di Santa Maria, perché abitavo da quelle parti, ma mica potevo recarmi all’Arringo! Lì comandava la ghenga di Porta Paolino. Tutti stavamo coi calzoncini corti, spesso stracciati, “co le pezze in culo”, proprio come vanno di moda oggi. Erano gli stessi capi che avevano indossato i nostri fratelli maggiori, che in questo senso erano dei privilegiati, come pure le magliette, fatte a mano dalle nostre madri con i ferri e con tanta pazienza. 

Certi “mammocci” tenevano pure ” i muccio a gli naso”. Bastava che un ragazzino di un’altra ghenga ti vedesse arrivare dalle sue parti, che subito avvisava gli altri ed erano botte a non finire, per aver osato “l’invasione territoriale”. Le prendevamo e le davamo, finché qualcuno infastidito da quel gran fracasso, ci rovesciava addosso qualche cescheria dalla finestra urlando ad alta voce: “Tocca rigazziii! Iate a fa botte da n’atra parte! A morì ammazzati tutti quanti…..a vù e gli padri vostri !!!!” Bisognava fare attenzione perché dalle finestra lanciavano pure il contenuto liquido dei “renali”! Tanto, ai piani terra di Sezze, erano tutte stalle per ricoverare i muli durante la notte, ma anche per le galline ed i maiali.

fig.04- Il CAT “Sparviero” in fase di atterraggio all’aeroporto di Sezze.

Non potevamo spostarci da una parte all’altra del paese senza la protezione di un adulto, e nonostante ciò, quelli delle altre ghenghe ci guardavano in cagnesco, e di nascosto ci facevano segno, come a dire: se ti acchiappamo solo…!!! C’era la ghenga di San Lorenzo, quella di Sant’Andrea, di Porta Pascibella, di San Pietro e altre ancora. Quando la ghenga di Santa Maria incominciò a vedere volare dal Muro della Terra quelle strane macchine silenziose e senza motore, scoprì anche un nuovo gioco. Pur non rendendosi conto, avevano precorso i tempi, formando una squadra antiarea, armata di sassi e “frezze” (fionde) e gareggiando tra di loro a chi era più bravo a colpire gli alianti. Per un certo tempo abbandonarono la guerra di “fanteria” tra “ghenghe” per la più moderna di “artiglieria antiaerea”. I piloti, come ho già detto, si avvicinavano spesso a Santa Maria per farsi vedere con l’aereo dalle ragazze, che a loro volta vi si recavano appositamente per essere guardate, e i ragazzini, veri “enfants terribles”, approfittavamo di questo avvicinamento per lanciare sassi a non finire. Un pericolo che faceva incavolare non solo i piloti, ma anche quelli che stavano lavorando negli orti sottostanti. A volte le ragazze venivano chiamate al Muro della Terra proprio da questi “enfants terribles”, per essere usate, a loro insaputa, come esca per gli aviatori. I piloti, che erano pur sempre dei ragazzi, anche se più grandi, infastiditi e preoccupati dai tiri di quelle fionde, idearono uno stratagemma per disperdere quella combriccola di ragazzini. Andarono a prendere delle cassette di pomodoro alla Cirio, quelli da scarto e marci, le caricarono sugli aerei e mentre tutta la ghenga si apprestava a posizionarsi con la “contraerea” fu a sorpresa bombardata di pomodori e costretta ai ripari. Gli alianti tornarono più volte a lanciare pomodori, e quel giorno la contraerea tacque, come pure nei giorni successivi. Infatti la notizia giunse inevitabilmente alle orecchie dei genitori, che la sera gliele dettero di santa ragione. Il primo a dare la notizia fu “gl ’iacciprèto” di Santa Maria, Don Carissimo, che già più di una volta li aveva cacciati dal Belvedere di S. Maria a calci nel sedere. Siccome però quei ragazzini erano degli “impuniti” o, come si dice a Sezze “Téo paura ma n’ci prezzano” dopo qualche giorno ricominciarono a tirare con le frezze contro gli alianti. Il tiratore più bravo, che si chiamava Lallo, colpì alla mascella il pilota Carlo Stricher e da lì per la piccola banda cominciarono dei guai seri. Carlo posò l’aereo al campo di aviazione e, mentre altri aerei continuavano a volteggiare nel cielo, venne di nascosto a Sezze con una comitiva di allievi, per cogliere di sorpresa quei ragazzini. Dispersero i più piccoli a calci nel sedere, catturarono i più grandicelli perché ritenuti capibanda, e vollero sapere chi aveva colpito. Tutti avevano tirato sassi con la fionda, nessuno però poteva dire di preciso di aver colpito Carlo, e pur essendo stati colti in flagranza di reato, negarono anche l’evidenza. Qualcuno, sentendosi accusato ingiustamente, sciolse le riserve. Ci furono aspri rimproveri e denunce all’autorità giudiziaria nei confronti dei genitori, accusati di non saper tenere a bada i minori. La sera, a casa, come al solito, altre botte dai genitori e dai fratelli maggiori, e quel gioco pericoloso cessò. Le denunce sembra furono in seguito ritirate perché venne dimostrata una ” buona condotta”, i più grandi furono portati dai padri ”a zappà la terra” e i più piccoli tornarono a giocare a “lippa e zaccòno” e ad accapigliarsi con le ghenghe degli altri quartieri, che li avevano “sfottuti” e detto “le nnòmmera” per quel gioco pericoloso -

fig.05- Il campo di aviazione oggi. L’Agricoltura non ha mutato il suo aspetto ed ha salvaguardato un territorio, vasto 40 ettari dalla speculazione edilizia e dal cemento.


BREVE STORIA DEL CAMPO DI AVIAZIONE DI SEZZE
1) Origine del campo a Sezze
All’inizio del Novecento, dopo il primo esperimento di volo dei fratelli Whright, l'aereo venne considerato poco meno di una semplice curiosità per appassionati, ma quando comparve per la prima volta nella Grande Guerra, si iniziò a comprenderne e a valutarne le sue grandi potenzialità, sia come mezzo bellico che da trasporto. Nacquero così modelli di aeroplano capaci di prestazioni ritenute sino a poco tempo prima impossibili, tuttavia la tecnologia aeronautica doveva ancora compiere passi da gigante e, negli anni Venti, per rendere i voli più sicuri, si pensò di realizzare sulle rotte aeree più trafficate i cosiddetti “campi di fortuna”. In tutta Italia, ne vennero realizzati sessantacinque, tre dei quali nel solo Agro Pontino: Sezze, Terracina e Cisterna. L’aeroporto Comani di Latina, fu realizzato nel 1938 dopo la fondazione di Littoria e segue tutta un'altra storia. I campi di fortuna erano appezzamenti di terreno pianeggianti, scelti in prossimità dei centri abitati e delle grandi vie di comunicazione, idonei al decollo e all’atterraggio degli aerei, sia in caso di avaria che di emergenza, e dotati di tutte le attrezzature e apparecchiature necessarie a prestare l’assistenza. 

fig.06- L’aliante CVV4 “Pellicano”. Sullo sfondo il M. Antignana. Gli alianti, mancando di un carrello, nella posizione di riposo poggiano su di un ala. 

Dopo numerosi sopralluoghi a Sezze da parte del genio aeronautico della R.U.N.A. (Reale Unione Nazionale Aeronautica) di Napoli, competente per territorio, per individuare il sito in cui realizzare il campo di fortuna, nel 1925 furono scelti 12 ettari di terreno in località Riserva della Selcella, appartenenti a Filippo Pietrosanti, un grosso proprietario terreno conosciuto in zona come “ Sor Pippo”. La superficie del terreno risultò insufficiente e per questo furono chiesti allo stesso proprietario, altri dodici ettari che divennero così ventiquattro. Il 6 Marzo 1925, con scrittura privata, la Sezione del Genio Aeronautico di Napoli commissiona i lavori per la costruzione del campo all’impresa dell’Ing. Filippo Cuonzo per l’importo globale di 9.000 lire. Con Decreto Ministeriale del 12 giugno 1928 n° 155 a firma del sottosegretario all’aeronautica Italo Balbo, venne istituito il “campo di fortuna di Sezze Romano, in provincia di Roma”. 

Il decreto elenca le opere che si dovettero compiere: spianamento del terreno, demolizione della strada vicinale Traversa della Fonte (m. 600) e della Strada Traversa della Selva (m. 550), costruzione di un tratto di strada in sostituzione delle due demolite, oltre a segnali di atterraggio e al nominativo del campo, nonché costruzione del casotto per l’aerofaro e dell’antenna per segnalazioni con la manica a vento. Il terreno, arato, erpicato, seminato, rullato, doveva essere tenuto a pascolo, quindi senza alcuna pista in cemento o di asfalto. Il tutto da realizzarsi entro quattro mesi dal decreto, ma anche allora i tempi furono più lunghi. Al campo fu applicato il vincolo di servitù aeronautica, che fu esteso anche alle zone adiacenti, secondo quanto previsto dall’art. 8 della legge 23 giugno 1927 n° 1630, e come riportato dalla planimetria allegata al decreto (andata persa).

fig.07- Aliante CAT 28.


2) Il campo ed il pascolo delle pecore
La manutenzione del campo fu affidata ad un custode, il cui compito era quello di provvedere ad eliminare le buche, i ristagni di acqua piovana e a falciare le erbe perché non diventassero toppe alte, oltre a segnalare alle autorità quant’altro non era di sua competenza. Ma quelle erbe falciate e destinate a marcire erano un vero spreco, considerato il grande patrimonio di bestiame allora presente a Sezze e considerato che, secondo la politica del tempo, il fieno era “utile nella battaglia autarchica nel settore della carne e della lana” Così, ne fece richiesta l’Azienda agricola Del Duca che, all’epoca, tra le sue attività contava un grosso allevamento di pecore, affidato a mezzadria al giovane pastore Arcangelo Gavillucci, figlio di Achille, tuttora vivente. 

Le pecore svolsero nel campo di fortuna un ottimo lavoro di pulizia, ma ogni tanto una parte di queste, sfuggite alla custodia del pastore, che era alquanto distratto, finiva nella T di atterraggio rimanendo uccisa dal gancio posteriore del biplano che, dopo aver trainato in quota gli alianti, ritornava alla base e cercava di tenere sgombra la pista spaventando il gregge con volo radente. Questa mattanza aveva un duplice scopo, da una parte richiamare il pastore, più volte avvertito, ad una maggiore attenzione riguardo al pericolo rappresentato dagli ovini nella pista di atterraggio, dall’altra il piacere di un rancio festoso e inaspettato con gli allievi del campo, con menù a base di pecora, “espropriata” in cambio del silenzio con l’Autorità superiore, che diversamente avrebbe allontanato il pastore dal campo.

fig.08- Aliante “ Allievo Cantù”.


3) Fortune e sfortune dei campi di fortuna- L’incidente aereo di Roccagorga 
Il campo di fortuna di Sezze divenne, come per legge, di proprietà della Provincia di Roma, che curò le pratiche di esproprio del terreno e compì tutte le opere previste dal R.D. istitutivo. Il controllo di efficienza del campo fu affidato al Comando aereo di Ciampino, come capoluogo di circoscrizione (3° ZAT, Zona Aerea Territoriale). Fu inaugurato ufficialmente il 28 Ottobre 1931, anche se già da un anno era iniziata una interessante attività di volo a vela. La Provincia di Roma ben presto manifestò i propri limiti in fatto di conoscenze aeronautiche, per cui con legge 1175 del 1931, furono trasferiti allo Stato tutti gli oneri dei campi di fortuna, come pure la proprietà dei terreni, che divennero demaniali. L’attività passò nel 1932 sotto il diretto controllo del Ministero dell’Aeronautica chiamato RAeCI ( Regia aeronautica Aero Club d'Italia ) dizione mutata nel 1936 in R.U.N.A. (Reale Unione Nazionale Aeronautica). 

Ma, l’utilità dei campi di fortuna fu ben presto messa in discussione, poiché poco servivano ad evitare che accadessero incidenti disastrosi. Infatti, buona parte di questi avvenivano improvvisamente, senza avvisaglie di guasti, oppure nell’impossibilità del pilota di effettuare manovre di avvicinamento verso il campo più vicino. In particolare, nel nostro territorio, il 10 novembre 1936, un’ aereo dei tre SM81 del 9° stormo, partiti dall’aeroporto di Ciampino per una esercitazione di navigazione, cadde sul centro abitato di Roccagorga, a causa di formazioni di ghiaccio che ne bloccarono i comandi e la strumentazione. Nell’incidente perirono quattro militari sui sei che formavano l’equipaggio, e dodici civili tra la popolazione di Roccagorga. Di questi civili, fatalità della sorte, sei perirono per l’esplosione del serbatoio proprio mentre tentavano di prestare soccorso all’equipaggio. 

Eppure quell’aereo aveva da poco sorvolato il campo di fortuna di Sezze senza accusare inconvenienti! Si iniziò così a parlare di chiudere i campi di fortuna, ed infatti nel 1941 furono chiusi quelli di Terracina e Cisterna. Il nostro non fu mai messo in discussione, non solo per la sua ampiezza e funzionalità, ma soprattutto per le caratteristiche orografiche del terreno e per le correnti termiche marine, che non avevano riscontri in altri luoghi d’Italia e che favoriva il “volo senza motore” o “volo silenzioso”, i cui esperimenti erano iniziati poco tempo prima, nel 1924, nel campo di fortuna di Asiago (Vicenza), e di Pavullo nel Frignano (Modena)nel 1928.

fig.09- Aliante AL 3.


4) Le scuole di volo a vela, i brevetti di volo e i sistemi di lancio degli alianti
Fu sull'esempio di Pavullo e con gli stessi metodi, ma in terreni pianeggianti, sorsero in molte località d'Italia scuole di volo senza motore, organizzate dai Fasci giovanili e dagli universitari. II sistema di lancio ad elastico, che funzionava bene nei lanci da pendio, si dimostrò ben presto inadatto ai voli in pianura e nel 1934 venne sostituito dal sistema con verricello. L'adozione del verricello elevò considerevolmente il livello tecnico dei voli, che giunsero a quote attorno ai 100 metri, con successive planate comprendenti evoluzioni complete ed atterraggi presso il punto di lancio. Contemporaneamente all'adozione del verricello si verificò la concentrazione, in sole 12 scuole, dei mezzi di volo di lancio e degli ottimi istruttori militari e l'istituzione di corsi a carattere continuativo. 

Di pari passo, l'Aero Club seguiva con particolare attenzione l'attività di volo veleggiato in due sedi di ambiente sostanzialmente diverse: Asiago e Sezze. Mentre ad Asiago si veleggiava in pendio ma soprattutto in voli termici, specie sotto le grandi formazioni nuvolose che si addensano sui rilievi, a Sezze si veleggiava ottimamente lungo il pendio formato dai monti Lepini, investiti da una brezza di mare piuttosto costante. A Sezze ed Asiago affluivano i possessori dell'attestato "B", che dopo una ripresa di lanci a verricello venivano ammessi a traino aereo, per essere poi sganciati alla quota e nella zona voluta. Sezze e Asiago produssero ben presto numerosi brevetti "C" totalmente "puri", cioè conseguiti da giovani senza brevetti aeronautici. 

Il lancio aereo in quota fu affidato al biplano CA100 costruito dalla Caproni di Milano, chiamato dai piloti “Caproncino”. Da notare che la scuola aerea di Pavullo aveva sfornato molti tecnici di volo, in particolare “verricellisti”, cioè tecnici formati per il lancio degli alianti tramite verricello, che furono inviati anche a Sezze. Tra questi piace ricordare un vericellista d’eccezione, Franco Messina, un personaggio che a Sezze molti ricordano con affetto e simpatia, per aver partecipato attivamente e fattivamente alla vita politica ed amministrativa del paese, come consigliere comunale, rieletto più volte e per più legislature, prima che gli affanni dell’età lo costringessero a vita privata e poi al decesso.

fig.10- Idrovolante CANT Z 501 “Gabbiano” in volo di ricognizione antisommergibili al largo di La Spezia nel 1935. Nella parte posteriore dell’aereo il marconista Francesco Corso, nostro concittadino. Nella vita civile ha fatto il sarto, in via S. Carlo, nei pressi dell’Arringo. È il papà dell’illustre medico oculista Salvatore e di Lucia Paola.


5) Le particolari correnti termiche ascensionali di Sezze e dei Lepini
La particolarità del campo di fortuna di Sezze, che in poco tempo lo rese di fama internazionale, era dovuta al fatto che le correnti termiche provenienti dal mare, si infrangevano nelle rocce calde dei Lepini creando delle correnti ascensionali e dei fiumi d’aria sui quali gli alianti si libravano alti. In particolare queste correnti termiche ascensionali avevano il loro punto di forza nella Valle della Cunnula e nel conoide di deiezione tra la collina di Sezze e M. Trevi, oltre che nel Vallo di Ceriara, che un tempo divideva il territorio dei Volsci da quello dei Romani. Così gli alianti, decollati dal campo di aviazione di Sezze, e lanciati in volo, sia a mezzo di un potente verricello azionato dal motore di un’autovettura Balilla opportunamente modificata, che trainati in quota da uno dei cinque biplani “Caproncino”, puntavano diritti verso il Riparo Roberto ( la grotta neolitica a forma di fessura orizzontale che sovrasta la Valle della Cunnula), per poi virare verso il paese, sino ad incontrare altre correnti ascensionali a Trevi e nel Vallo di Ceriara, dove acquistavano nuova energia per ritornare verso la Valle della Cunnula e sul monte Antignana. In tal modo sorvolavano più volte il paese, anche a bassa quota, formando un grande otto, non essendo consentito agli allievi della scuola di volo di allontanarsi troppo.

fig.11- Brevetto di volo “C” totalmente conseguito a Sezze da un allievo di Bolzano.


6) Il campo di aviazione di Sezze verso la fama internazionale
Con la fondazione di Littoria (1932) e la sua elezione a provincia (1935) il campo di aviazione si chiamò “Reale Aeroporto Sezze Littoria “ e con tale nome continuò a svolgere una intensa attività di volo a vela civile e militare sino a tutto il 1943, quando, nell’anno successivo, gli eventi bellici ed i bombardamenti anglo-americani lo costrinsero definitivamente alla chiusura. 

La tappa più importante, che doveva portare il campo di aviazione di Sezze alla ribalta internazionale, fu quando le organizzazioni giovanili ed universitarie della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) del Politecnico di Milano, vi istituirono una delle trentacinque scuole italiane di volo a vela, inquadrate poi nel 1939 nella R.U.N.A. come distaccamenti militari in aeroporti civili. 

Di queste scuole di volo, ridotte in seguito a dodici e poi dimezzate, Sezze divenne la più importante e molti giovani italiani, accorsi da ogni dove, vi conseguirono gli ambiti brevetti di grado superiore, cioè “C” ( chiamati d’argento) e “D” (chiamati d’oro) che aprivano le porte all’Aeronautica Militare. In questa scuola conseguirono il brevetto di volo il Capitano pilota Riccardo De Angelis di Sonnino ed il Sergente Armiere Ubaldo Piccaro di Sezze, che insieme perìrono sul campo d’onore nella battaglia di Alamein il 28 Agosto 1942. 

Due figure, tra le migliaia di Soldati d'Italia, che per la Patria si immolarono sulle sabbie del deserto africano. La scuola venne praticamente aperta tutto l’anno ed arricchita di nuove costruzioni con aviorimesse e dormitori, ma per essere veramente completa meritava qualcosa in più. Fu così che il Ministero dell’Aeronautica la trasformò in Centro Sperimentale del Volo a Vela, una vera eccellenza per lo studio dei fenomeni metereologici ed atmosferici collegati con il volo, e fu chiamato a dirigerlo un luminare internazionale del settore, il geofisico prof. Filippo Eredia (1887 -1948) che divenne uno dei pilastri, forse il più importante del campo di aviazione di Sezze. Se questo campo fosse sopravvissuto alla guerra, anche l’Agricoltura di Sezze e la Fitopatologia moderna avrebbero tratto notevoli vantaggi dagli studi meteo, specificatamente in loco. 

Con accesso da via degli Archi e limitrofo al campo di aviazione, tanti anziani ricordano un distaccamento della Stazione dei Carabinieri, con il compito di presidiare il territorio di pianura dai furti a danno dell’agricoltura, e sicuramente anche con funzioni di presidio del campo. Anche questo distaccamento seguì lo stesso destino dell’aeroporto.

7) I primati ed i Littoriali

fig.12- Il verricillista Franco Messina mentre controlla il tamburo del verricello. 

A Sezze furono assegnati brillanti istruttori di volo, che raggiunsero records insperati sino a poco tempo prima. In particolare, il pilota Carlo Stricher, sganciatosi dal campo di Sezze da una altezza di soli 50 metri, raggiunse Isernia volando ad una quota di 1500 metri di altezza e sarebbe sicuramente andato oltre, se il calar della sera non lo avesse costretto all’atterraggio. Il tenente Mazzitelli raggiunse invece il primato di quota 5000 metri, sfruttando le forti correnti ascensionali venutesi a creare durante un temporale, che però lo costrinsero a gettarsi con il paracadute per la forte turbolenza che aveva spezzato un ala del suo aliante. Il tenente Mazzitelli, per il gran freddo patito in quota, toccò terrà con gravi segni di congelamento agli arti, ma tutto si risolse per il meglio. La notorietà del campo di volo setino era già al culmine quando nel 1939 vi si svolsero i Littorali, un vero e proprio campionato italiano di volo a vela indetto dai giovani universitari del Politecnico di Milano. Vinse il tenente Adriano Mantelli, asso della guerra civile spagnola, impareggiabile aliantista, collaboratore del Politecnico di Milano, progettista e costruttore di alianti e motoalianti, primo ad organizzare una pattuglia acrobatica nazionale composta da tre alianti. Furono inviati a dirigere il campo di Sezze, due comandanti di alto valore, il tenente pilota Fulvio Padova, proveniente dal Politecnico di Milano, sostituito nel 1941 dal tenente pilota Massimo Guerrini, che fu anche l’ultimo comandante del campo.

fig.13- Aliante polacco ORLIK alle prove di Sezze per le Olimpiadi di Tokio (foto 1939).

8) Le prove internazionali in vista delle Olimpiadi di Tokio del 1940
L’occasione che maggiormente qualificò il campo di volo a vela di Sezze giunse nel 1939, dal concorso indetto dalla FAI (Federazione Aeronautica Internazionale) per la scelta dell’aliante unico da chiamarsi “Olimpia”, con il quale i piloti di tutte la nazioni avrebbero dovuto gareggiare alle Olimpiadi di Tokio del 1940, se il sopraggiungere della guerra non avesse annullato l’evento. La proposta di inserire i voli aerei nelle Olimpiadi venne dalla Germania, considerato il grande successo conseguito dal volo a vela nei famosi giochi olimpici del 1936 a Berlino. Tutti i piloti partecipanti alle Olimpiadi di Tokio avrebbero dovuto gareggiare con un unico modello di aliante, il più avanzato tecnologicamente, sì da valutarne la bravura e poter assegnare il titolo di campione olimpionico con la massima imparzialità. Il 18 febbraio 1939 giunsero al campo di aviazione di Sezze i componenti della Commissione Tecnica Internazionale della FAI, il Comitato delle Prove, uno staff di piloti collaudatori giurati partecipanti alle prove, i piloti presentatori dei modelli aerei di ogni nazionalità, i piloti rimorchiatori che avrebbero dovuto trainare in quota gli alianti ed infine i tecnici. Insomma a Sezze accorsero tutti i più autorevoli esponenti dell’aeronautica internazionale e, il prof. Eredia venne coadiuvato da altri due eccellenti collaboratori. La RUNA, incaricata dalla FAI, organizzò la selezione degli alianti tra i cinque proposti da tre nazioni diverse: il DFS Meise e l’MU17 della Germania, l’Orlik polacco, l’AL3 e il CVV4 Pellicano italiani. Le prove di selezione durarono ininterrottamente sino al 25 febbraio, favorite dal buon tempo e da un cielo azzurro che permise alla giuria di osservare a terra le evoluzioni degli alianti. Furono onorate dalla visita del Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Aeronautica Generale Valle, che aveva sostituito il Balbo alla guida dell’ Aeronautica Militare. Tra gli italiani, i piloti più famosi furono Laurin e Mantelli, mentre tra gli stranieri è da ricordare la tedesca Hanna Reitsch, primatista del volo a vela, unica donna detentrice in quel tempo del grado militare di capitano, che le era stato conferito dal Feld Maresciallo Goering per i suoi meriti eccezionali. Hanna Reitsch, divenne famosa durante la guerra come collaudatrice della “bomba volante” e per essersi sollevata in volo nell’angusto spazio del rifugio di Hitler, in un inferno di fiamme ed esplosioni, per portare ordini alle ultime sacche di resistenza delle truppe tedesche, ormai sconfitte. Fu proclamato vincitore della selezione il modello tedesco DFS Meise, ma tutto risultò inutile. Il modello “Olimpia” non partecipò mai alle Olimpiadi di Tokio a causa del sopraggiungere della seconda guerra mondiale, e da allora il volo veleggiato non fu più inserito tra i giochi olimpici. Su questo campo fece scalo per ben due volte il comandante Erwin Rommel, la prima volta fu nel 1942 a causa di un temporale, e proseguì la sua corsa verso Roma in auto, la seconda volta fu nell’anno successivo per far perdere le proprie tracce ai caccia nemici che volevano intercettarlo. La guerra spazzò via anche il momento di gloria e la breve notorietà del “R. Aeroporto Sezze Littoria”, che scomparve definitivamente dalla scena con i bombardamenti anglo americani dell’inizio del 1944, dopo lo sbarco di Anzio, e la ritirata tedesca alla linea Gustav di Montecassino.

fig.14- Aliante “Canguro”.

9) L’epilogo del campo
Il campo di aviazione di Sezze fu restituito all’Agricoltura ed i terreni furono assegnati in concessione ad una cooperativa agricola che, per ironia della sorte, fu chiamata “Aquila”. Questa cooperativa non ebbe però vita lunga, in quanto con l’avvento della Democrazia Cristiana alla guida del Paese, cambiò nome ed i soci, rimasti quasi gli stessi, confluirono nella nuova cooperativa cattolica creata da Giuseppe Di Trapano, meglio conosciuto come “Pappinuccio Di Trapano” ( amico di Giulio Andreotti). Fu chiamata “Cooperativa Setina del Lavoro“ e nacque in contrapposizione alla Cooperativa social comunista Gramsci, del PCI. Presidente della Cooperativa Setina del Lavoro fu sino agli anni 90 Elio De Rocchis, detto Mazzocchia. Questa Cooperativa esiste tuttora ed è presieduta dal coltivatore Angelino Belli, ma quei terreni demaniali, dopo alterne vicende e discussioni dovute alla loro dismissione, da qualche anno sono passati nelle mani della “ Fintecna spa”, società interamente partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti, che ha intimato ai soci della Cooperativa Setina del Lavoro di lasciare liberi i terreni. Avverso tale intimazione pende ricorso presso l’Autorità Giudiziaria. Si auspica un esito favorevole all’Agricoltura o alla Cooperativa Setina del Lavoro, tra i cui meriti va quello di aver preservato il territorio, ed impedito che sinora su quei terreni si innescasse la speculazione edilizia e la cementificazione. Il campo di volo, come abbiamo visto, non ha mai snaturato la vocazione agricola del territorio e l’Agricoltura non ha snaturato il campo di volo, che fondamentalmente ed orograficamente è rimasto tale e quale a quello di settanta anni fa. La servitù del vincolo aeronautico non è mai stata tolta, e l’Agricoltura sarebbe senza dubbio più felice di integrarsi con un nuovo e moderno campo di volo a vela, piuttosto che lasciare il posto ad una cementificazione selvaggia e devastatrice del territorio, che sarebbe un’offesa eterna all’ambiente in cui viviamo, e ai posteri che verranno.

fig.15- L’Orlik in fase di atterraggio sul campo setino (1939).

A completamento della ricerca pubblichiamo due filmati dell'Istituto Luce:

 il primo del 1 marzo del 1939,  il secondo del del 13 agosto 1940.

 


 


NOTA
A quanti interessati ad apprendere notizie storiche particolareggiate sul campo di aviazione di Sezze e sugli altri aeroporti nel territorio pontino, segnalo l’eccellente lavoro del Maggiore dell’Aeronautica Euro Rossi – NIDO D’AQUILE, Storia dell’Aeronautica nell’Agro Pontino, Herald Editore- 2006, da cui sono state tratte alcune delle interessanti notizie riportate nel testo.

a cura di Vittorio Del Duca