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ASSOCIAZIONE TIBBO TABBO |
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in memoria di Antonio Campoli |
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8 giugno 2023 - ore 9,30 ISISS Pacifici e De Magistris Premio
Letterario Antonio Campoli – Edizione 2023 Siamo arrivati alla quarta edizioni riservate a poeti dialettali di ogni età e provenienza. 7 giugno 2022 - ore 11,00 ISISS Pacifici e De Magistris Premio
Letterario Antonio Campoli – Edizione 2022 Dopo le prime tre edizioni riservate a poeti dialettali di ogni età e provenienza, quest’anno il Premio letterario “Antonio Campoli” ha rinnovato il suo regolamento e coinvoltoesclusivamente i giovani studenti delle scuole superiori setine, grazie alla collaborazione tra In data 10 maggio 2022, si è riunita la giuria della IV^ edizione del Premio “Antonio Campoli” composta da: Segretario verbalizzante
Vincenzo Faustinella. SEZIONE A – COMMENTO Finalisti
AURORA FICACCIO , CHIARA MARCHIONNE , FEDERICA STOLFI
18 e 19 giugno 2021 - ore 17,00 Auditorium Comunale di Bassaino Premio
Letterario Antonio Campoli – Edizione 2021 comunicato stampa del 6 giugno 2021 Elenco partecipanti premiati Doppio
appuntamento a Bassiano per la terza edizione del Premio letterario “Antonio
Campoli”, sezione unica poesia in dialetto. La
manifestazione è stata organizzata dal Comune di Bassiano e dall’Associazione
Tibbo Tabbo Sezze, in collaborazione con: Associazione Culturale Nuova
Immagine di Latina,
Compagnia dei Lepini, XIII^ Comunità Montana dei Lepini e
Ausoni, Club per l’UNESCO di Latina, Biblioteca Comunale e Museo delle
Scritture Aldo Manuzio di Bassiano. Si
allegano locandine evento, si ringrazia per la collaborazione e si
inviano cordiali saluti. Segreteria
e Ufficio Stampa Premio
letterario “Antonio Campoli”
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in memoria di Antonio Campoli |
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Premio
Letterario Antonio Campoli – Edizione 2018
Premio Letterario sezione Poesia Premio Letterario sezione Prosa sezione Poesia Allegato 1 Allegato 2 sezione Prosa Allegato 1 Allegato 2 Laura Campoli con le vincitrici della prima edizione del Premio Letterario A.Campoli a sx per la sezione poesia Lucia Fusco - a dx per la sezione prosa Daniela Evangelisti Premio
Letterario Antonio Campoli – Edizione 2018 L’Edizione
2018 del Premio Letterario “Antonio Campoli” si prepara alla
cerimonia di premiazione che si terrà a Sezze sabato 27
ottobre 2018, presso la Sala dell’Ercole del Museo Archeologico di
Largo Bruno Buozzi. La
Giuria del premio, presieduta da
Franco Borretti, ha scelto la rosa dei finalisti delle due sezioni
previste dal regolamento del concorso:
Sezione Poesia in dialetto (tema: “Civiltà
e progresso”); Sezione Prosa in dialetto (tema: “Giochi
e giocattoli di una volta”). Gli
elaborati dovevano pervenire entro e non oltre le ore
24:00 del 15 settembre 2018, e tutti i concorrenti in gara hanno
rispettato questo limite previsto dal bando del concorso. Le
opere presentate sono state valutate da una Giuria composta dai seguenti
esperti del settore e da rappresentanti dell’Associazione Tibbo Tabbo
Sezze in memoria di Antonio Campoli: nella foto sotto la giuria nella foto sotto i finalisti FINALISTI nomi dei finalisti in ordine alfabetico e opere presentate
Nella
Sezione Poesia in dialetto, il numero dei finalisti è stato elevato da
10 a 13 per la presenza di opere in concorso che hanno ottenuto lo
stesso punteggio. Mentre nella Sezione Prosa in dialetto, i finalisti
sono rimasti solo in 3, anziché i 10 previsti dal bando, in quanto le
altre opere pervenute non sono risultate in regola.
I
nomi dei vincitori si conosceranno nel corso della serata finale del
Premio Letterario. Ricordiamo
che non sono previsti premi in denaro. L’Edizione
2018 del Premio Letterario Antonio Campoli è stata patrocinata dal Comune di Sezze, dalla Compagnia
dei Lepini e dall’Associazione
Arte e Cultura per i Diritti Umani Onlus, e si è avvalsa della
collaborazione del Centro Studi “San Carlo da Sezze”, dell’Associazione Leonardo Sezze, del Gruppo In Difesa dei Beni Archeologici di Sezze, dell’Associazione
Nuova Immagine di Latina dal Club per l’UNESCO di Latina. Media
partner Nuova Informazione - Rivista mensile di attualità, ambiente e
cultura del Centro Studi
Archeologici di Sezze. Le opere vincitrici saranno pubblicate sui
seguenti siti: www.associazionetibbotabbo.wordpress.com
www.setino.it
- www.leonardo-sezze.it
www.compagniadeilepini.it
La vincitrice della sezione prosa Daniela Evangelisti con "La pàlla ròscia"
La vincitrice della sezione poesia Lucia Fusco con "Uisita alle ruine archeologgiche"
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Comunicato stampa
- 16 luglio 2018 - a cura di Vincenzo Faustinella |
Tibbo Tabbo è una associazione senza fini di lucro con la finalità di promuovere iniziative sociali in campo artistico-culturali per ricordare l’illustre figura del Poeta setino Antonio Campoli, di preservarne la memoria e trasmettere alle future generazioni la sua importante opera letteraria in dialetto di Sezze, al fine di valorizzare l’importanza del dialetto quale patrimonio di cultura e strumento di identità delle singole comunità locali. Logo ufficiale dell’Associazione è la litografia Ercole e il leone Nemeo di Marcello Tommasi - Collezione privata Antonio Campoli.
BIOGRAFIA: Antonio Campoli nasce a Sezze il 4 agosto 1930. Secondogenito di Luca e Matilde Ondicia Fattorini, ha due sorelle: Lucia (1927-2013) e Caterina (1934-2017), ed un fratello più piccolo, Vincenzo (1937-1942). Terminato il Liceo Classico, frequenta l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dove si laurea in Giurisprudenza. Durante il periodo degli studi universitari frequenta i corsi di recitazione che si tengono presso l’Accademia “Silvio D’Amico”. In una di queste occasioni conosce e stringe amicizia con l’attore Nino Manfredi. Nel 1950, in occasione delle celebrazioni dell’Anno Santo, recita la parte di Lazzaro nella Processione del Venerdì Santo diretta da Filiberto Gigli e rappresentata a Roma, in via dei Fori Imperiali, dall’Associazione della Passione di Cristo di Sezze. Dal 1950 al 1954, come componente e autore di ballate, stornelli, serenate, canti alla poeta e canti a dispetto in dialetto setino, partecipa alle numerose esibizioni del Gruppo Folkloristico di Sezze che, in rappresentanza del Lazio, gareggerà alla Festa Nazionale della Montagna di Arcinazzo ottenendo il 1° posto in classifica. I testi delle canzoni scritte all’epoca da Campoli sono oggi raccolte nel volume Ripicchiozzo (2009), scritto a quattro mani con il Maestro di musica Giuseppe (Pino) Di Prospero. Nel 1959 si iscrive all'Albo Professionale dell'Ordine degli Avvocati di Latina. Conseguita l’abilitazione all'insegnamento di Lingua e Letteratura Francese nelle scuole medie inferiori, inizia a svolgere l’attività di docenza che manterrà ininterrottamente dal 1960 fino al pensionamento raggiunto nel 1983. Nel 1962 sposa Maria Teresa Tasciotti, maestra elementare, dalla quale avrà tre figli: Laura Matilde e i gemelli Luca e Paola, quest’ultima morta prematuramente all’età di 36 anni. In qualità di Pubblicista collabora con diverse testate giornalistiche tra le quali ricordiamo: Il Travaso, Gioventù, Il Lavoratore Comasco, Corriere dello Sport-Stadio, Il Comune Oggi, Nuova Informazione . Nello stesso periodo, sviluppa anche un certo interesse per la fotografia, passione questa che poi manterrà e curerà nel corso degli anni, con risultati interessanti e soddisfacenti. Dal 1969 al 1979 ricoprirà la carica di Pretore onorario presso gli uffici mandamentali della Pretura di Sezze (competente anche per il territorio di Bassiano), operando attivamente ed instancabilmente contro la delinquenza comune e contro gli abusi edilizi, al punto da meritarsi l’appellativo di "Pretore d’Assalto". Sarà lui, la sera del 28 maggio 1976, ha svolgere le prime indagine e ad emettere l’ordine di fermo immediato nei confronti del deputato missino Sandro Saccucci, autore di una violenta sparatoria durante un comizio elettorale in piazza IV Novembre, al termine del quale resterà ucciso il giovane setino Luigi Di Rosa, mentre un altro giovane, Antonio Spirito, riporterà gravi ferite a una gamba. Dopo le prime indagini condotte da Campoli, i fascicoli dell’inchiesta passeranno all’Ufficio Istruttoria della Procura della Repubblica di Latina. In questa occasione, i versi di Campoli ricevono l’enorme apprezzamento da parte del linguista Tullio De Mauro, che rimane estremamente colpito dalla frase <<ti dòngo na sirgiata ‘n ‘ fronte>> riportata nel finale della poesia Il progresso. Nel mese di aprile 1979, sul n. 2 (Anno I), della rivista Comune Oggi, edito dall’Amministrazione comunale di Sezze, inizia a curare la rubrica Storie di paese, pubblicando il suo primo articolo, Il caffè di Manuela, sulla Sezze che “C’era una volta…”. Usando la “sublime arte della scrittura”, Campoli inizia a condurre la sua battaglia solitaria contro i cambiamenti apportati dal progresso tecnologico che avanza distruggendo quelli che erano i ritmi, le usanze, gli odori, i sapori, i suoni, le voci, i nomi e i personaggi della Civiltà contadina di Sezze; quella dei butteri, dei camperi dei massari, delle cariatòre, mostrando sempre una vena poetica che, senza nascondere la nostalgia per i tempi passati, riesce infine a ironizzare e a smontare i modelli culturali proposti dalla nuova Civiltà dei consumi. Negli anni, seguiranno altri articoli dello stesso taglio, pubblicati sempre su riviste locali ed oggi raccolti nel volume C’era una volta … Sezze – Storie di paese (2013). Nel 1981, Campoli dà alle stampa la sua prima raccolta di poesie sezzesi: La Fontana di Pio IX, alla quale seguirà la raccolta di sonetti sezzesi Tibbo Tabbo (1986). La pubblicazione del libro La Calandrella (1999) completerà quella che è la sua trilogia di poesie e sonetti in dialetto di Sezze. Dal 1980, dopo essersi iscritto all'Albo Professionale degli Avvocati Cassazionisti, indossa definitivamente la toga di avvocato diventando un professionista stimato da tutti per la sua serietà, lucidità, risolutezza e preparazione nell’uso dei Codici e degli atti giudiziari che gli vengono dall’esperienza maturata nelle aule di Tribunale, quand’era Pretore onorario. Un’esperienza, questa, che troviamo ampiamente riportata e descritta – sempre con lo stesso estro pungente che tende a sdrammatizzare i conflitti che emergono dai rapporti umani – nei suoi testi poetici (si veda l’intero capitolo Affari di giustizia riportato nella raccolta La fontana di Pio IX; la poesia Difensore di fiducia, in Tibbo Tabbo; Demolizione e ricostruzione, Generalità, Davanti al Gippì, Nuova procedura, Tutarella e i pentiti pubblicate nel libro La calandrella) e attraverso una importante e si-gnificativa produzione teatrale, sempre in dialetto setino: Un giorno in Pretura, Studio Legale a cui si aggiungono le opere: Livio va in pensione, I due compari, Una vincita al totocalcio, Una pelliccia per Tutarella, Il forno, Due anime in libera uscita, tutte andate in scena in diverse occasioni riportando un enorme successo di pubblico e con riscontri altrettanto positivi da parte della critica. Tra le altre cariche ricoperte è stato componente del direttivo dell’Associazione della Passione di Cristo di Sezze, presidente della Banda Comunale di Sezze, Presidente del Centro Studi Titta Zarra, vice presidente del Bonsai Club di Sezze, vice presidente del Distretto Scolastico n. 47 Sezze-Bassiano. Il 20 giugno del 1994, presso la sala "Protomoteca del Campidoglio", a Roma, riceve dalle mani del Sindaco Francesco Rutelli il Premio Simpatia, assegnatogli da una giuria composta, tra l’altro, da Gianni Borgna, Remo Croce, Alessandro Curzi, Micol Fontana, Maria Mercader-De Sica, Donatella Pecci Blunt, Alberto Sordi e che annoverava come presidente onorario Antonio Maccanico. Nel 2001, l'Amministrazione Comunale di Sezze gli ha conferito l'onorificenza di Cittadino Benemerito. Nel corso della sua lunga carriera, Campoli ha collezionato una infinità di premi e riconoscimenti. Il 27 ottobre 2016, all’età di 86 anni, circondato dall’affetto dei suoi cari, Antonio Campoli muore serenamente nella sua Sezze, luogo dove ha sempre vissuto, che ha amato, narrato ed esaltato attraverso un’eccezionale opera letteraria entrata a pieno titolo nel vasto patrimonio artistico e culturale della città lepina che annovera altri personaggi illustri. Un'opera, quella di Campoli, che resterà per sempre a testimonianza della memoria e della storia millenaria del popolo setino.
Brano estratto dalla biografia pubblicata sul sito www.setino.it Articolo scritto per la rivista mensile di attualità-ambiente e cultura Nuova Informazione, ottobre 2016 Antonio Campoli- La sublime arte dell’ironia. Sezze, 29 ottobre 2016 Con la stessa serenità mostrata in vita, Antonio Campoli, Cittadino Benemerito di Sezze, se n’è andato. Va detto subito che, in quella benemerenza, non c’è solo un riconoscimento dovuto e meritato, ma è racchiuso tutto il suo vivere, conoscere e aver saputo trasmettere suoni, voci, colori e odori di questa nostra Terra che ora l’accoglie con il soffice calore materno riservato ai propri figli. Non vorrei essere banale e ricordarlo con il solito “coccodrillo” giornalistico, utile soltanto a ripetere ciò che già sappiamo di lui, della sua professione di uomo di legge, di insegnante; della sua produzione di sonetti e opere teatrali, ballate, stornelli, serenate, canti alla poeta, canti a dispetto in dialetto di Sezze; dei suoi racconti che narrano le tante “Storie di Paese”, della Sezze che “C’era una volta” e oggi non c’è più. Che poi, a dire il vero, non esiste più nella realtà, ma rimane, appunto, nei suoi scritti che hanno reso indelebile la cultura di un popolo, le sue tradizioni, le sue passioni, i suoi drammi, le tante curiosità, l’aneddotica. Insomma, la sua storia millenaria che il tempo ha cercato in ogni modo di spazzare via, ma senza riuscirci grazie a chi, come Campoli, quel tempo lo ha saputo fermare ed imprimere nella memoria collettiva usando “la sublime arte della parola scritta”. La Cultura popolare di Campoli ci viene descritta senza perdersi nelle teorie scientifiche di un Tentori, di un Krober, di un Radcliffe Brown, ma con un forte e sapiente senso satirico, con una composizione lirica che attinge dal vissuto, che fuoriesce attraverso una vena poetica innata (anche suo nonno, Vincenzo Fattorini, era un fine poeta), che si sviluppa da una capacità di osservazione e ascolto fuori dal comune, dai ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, dai momenti della prima giovinezza vissuti nella condivisione di una tragedia collettiva, quella della guerra, dello sfollamento a “Cantiero”: attimi e sensazioni che nessun libro di Storia potrà mai descrivere per cogliere la vera essenza di una condizione umana. Questo compito spetta ai Poeti, non agli storici, se non a quelli che, seguendo l’insegnamento di Bloch, con umiltà sapranno comparare le virtù e lo spirito antropologico di una comunità a quello che è l’aspetto cronologico degli eventi. Da queste virtù e dalla spiritualità laica del popolo setino, Campoli ha saputo cogliere, nella sua complessità, tratti e caratteri di una religiosità fatta di riti, usanze, simboli, miti e leggende. Una religiosità che non rimane chiusa all’interno di un nucleo ristretto di persone, ché dalla famiglia si espande al vicinato fino a coinvolgere l’intera comunità locale. La stessa comunità locale di Ferdinand Tonnies, sopraffatta insieme ai suoi valori dalla società di massa, dal consumismo, da quello che Pasolini ha chiamato “genocidio antropologico” di una civiltà, di una cultura popolare: la civiltà e la cultura popolare contadina, vera ipofisi da cui si dirama a feedback, come una reazione endocrina, il piacere del gusto, dell’olfatto, della visione surreale di un popolo, del popolo setino che Campoli ha reso protagonista nei suoi scritti usando una terminologia originale - quella della “sirgiata ‘n ‘fronte” elogiata da Tullio De Mauro-, che attinge e ci fa scoprire, dopo un’attenta ricerca, “le cradiche” di una Terra fertile e generosa. In altri termini, quella di Campoli è un’operazione – che si sviluppa attraverso un’opera letteraria - di salvaguardia delle tradizioni setine dai risvolti politici, economici e sociali: il suo, infatti, è un generoso e convinto atto di “resistenza poetica” contro ogni tentativo di “bonifica integrale”, che si fa portavoce della rabbia di Sestilio Fattorini per la distruzione della “Macchia Caserta” da cui, secondo lo stesso, conseguirebbe lo stravolgimento degli equilibri bio-climatici di un intero territorio, a danno delle coltivazioni “sottocosta”; che si nutre della propaganda socialista di Vincenzo Campoli, dove si formerà anche la coscienza politica di Alessandro Di Trapano (cfr. L. Cappelli, Le strade della rinascita); che ha nel rigore e nel coraggio paterno di Luca Campoli l’esempio egemonico, la figura di riferimento per la sua formazione del Sé, della personalità e del carattere elegante. È così che all’epopea dei pionieri della bonifica di Pennacchi, Campoli antepone quella dei butteri, dei camperi, combattendo una battaglia solitaria spesso inascoltata: Foro Appio non è mai stato, come vorrebbero farci credere oggi, collocato all’interno di quella zona insalubre che i setini chiamavano “Piscinara”, anche perché le “do fila di spaghetti” di Parisi, “dalla piazza a Forappio”, appunto, non avrebbero avuto il gusto desiderato. Una battaglia civile proseguita fino alla “facciata di San Pietro”, coperta da quella che Campoli definirà con amara ironia, disprezzando l’intervento “architettonico” da 18 politico rimediato nel ‘68: "meringa. Ognuno di noi, almeno chi ha potuto e ha avuto la fortuna di conoscerlo a fondo, potrebbe raccontare qui, oggi, un aneddoto su un’esperienza fatta insieme a Campoli, magari durante una di quelle situazioni conviviali dove il suo estro, la sua ironia, il suo saper “stare in compagnia”, in mezzo alla gente, rivelavano un personaggio fuori dal comune, a dir poco sorprendente. Di zio Totto, fratello di mia madre, legato da profonda amicizia con mio padre, potrei stare qui a raccontare per ore quelli che sono episodi legati alla sfera familiare, intima e difficile da far comprendere all’esterno. Mentre di Antonio Campoli personaggio pubblico, sono due gli episodi che voglio ricordare e a cui ho avuto la fortuna di partecipare ed assistere di persona, e da cui ho tratto la conferma, non più condizionata da legami familiari, della grandezza del genio teatrale. Si, perché Antonio Campoli era innanzi tutto un artista della recitazione: artista della parola, dei gesti, delle pause e della mimica, oltre che artista della scrittura. La prima ai Prati della Rocca, primi anni Novanta del secolo scorso, lui insieme ad Alessandro Di Trapano, suo cugino, in un confronto tra diverse tradizioni popolari, in una sfida memorabile combattuta con la sola arma della fantasia, come accadeva un tempo nelle “osterie di fuori porta”. Con loro due a tenere banco, ad essere protagonisti assoluti, affiatati ed allenati com’erano alla palestra della “baracca del mercato comune”, detta anche “casa del popolo” di Cantiero, dove durante la stagione dei granunchi e delle carcioffole di Bufalotto, era solito trovarsi, non a caso, Pietro Ingrao. La seconda nella Maenza del post-Pucci, cioè quella della famosa frase di Bufalotto: “mi sento accomme ‘na vigna rimossa”, che io, giovane cronista di una tv locale, colsi allora mentre i risultati delle Amministrative del “90 uscivano impietosi dall’urna elettorale. Quella sera d’estate, primi anni del Terzo Millennio, seduti sotto la Loggia dei Mercanti, ebbi il privilegio di trovarmi al cospetto di due giganti della Cultura popolare setina: Luigi “Gino” Zaccheo e Antonio Campoli che, per più due ore - con me in religioso silenzio ad ascoltare - rimasero a scambiarsi i nomi e l’uso (in un dialetto setino che risaliva alle sue origini) di quelli che erano gli “attrezzi” del mondo contadino di Sezze, e che lo stesso Zaccheo ha saputo allestire e conservare all’interno di un prezioso Museo locale. Nell’insieme, chiudo riflettendo sulla dicotomia Campoli-famigliare e Campoli-personaggio pubblico, giungendo alla conclusione che, se fosse vissuto nell’ Anno del Signore, Antonio Campoli sarebbe stato la figura di riferimento sia per Pasquino che per Targhini e Montanari. E al posto di “Mastro Titta” - no Titta nostro, ma quello di piazza del Popolo a Roma - avrebbe sistemato le cose con una abbondante porzione di minestra di fasogli, quella che Leone XIII chiamava “minestra divina”, riferendosi al piatto cucinato da Filumena Catenaccio che “co ‘na spasa di pano/iugnivi ‘n Vaticano”.
NOTA INTRODUTTIVA ALLA RACCOLTA DI SCRITTI C’ERA UNA VOLTA…SEZZE – STORIE DI PAESE A partire dal numero 2 del mese di aprile del 1979, tra le diverse rubriche che raccontano e fotografano la vita del paese lepino, una in particolare raccoglie il consenso dell’opinione pubblica fin dal sua prima uscita, stimolando e provocando la curiosità dei lettori grazie ai suoi contenuti che si soffermano e narrano “Storie di Paese” avvincenti, coinvolgenti ed originali, spesso sconosciute alla gran parte di chi sfoglia quella rivista nell’intimità delle mura domestiche e, scorrendo le righe, si ritrova immerso in un passato che non esiste più e che parla di una Sezze ormai “scomparsa” da anni. La rubrica ha un titolo da “inizio fiaba di Andersen”: C’era una volta…”, anche se il taglio giornalistico non è fiabesco ed i suoi contenuti non sono frutto di quella fantasia che appartiene al mondo delle favole, bensì - come dicevamo prima - trattano storie accadute davvero; parlano di persone vissute realmente; raccontano aneddoti che si sono tramandati nel tempo e da cui si è formata buona parte dell’ossatura antropologica del popolo setino. A curare la rubrica “C’era una volta…” è il poeta e cultore dell’antico dialetto di Sezze, Antonio Campoli, sapiente studioso e profondo conoscitore degli usi, costumi e tradizioni locali; ricercatore attento e rigoroso, nonché divulgatore affabile della Storia millenaria di quella che Marziale chiama: “La pensile Sezze”. Laureato in Giurisprudenza, quando Campoli inizia a collaborare con Il Comune Oggi svolge già l’attività di Professore ordinario di lingua francese, è un fine ed apprezzato Avvocato patrocinante in Cassazione e per dieci anni, dal 1970 al 1979, è stato Magistrato Titolo della rubrica - pensate un po’!:“C’era una volta...”. Di conseguenza, era assodato e facile dare lo stesso titolo a questo volume che oggi raccoglie tutti gli scritti pubblicati da Antonio Campoli a partire dal 1979 in poi, e ai quali si aggiungono alcuni inediti che pubblichiamo qui per la prima volta. Avendo a disposizione soltanto il materiale cartaceo, la nostra prima operazione è stata quella di dare un ordine cronologico (lo stesso seguito da questa pubblicazione, tranne diverse eccezioni dovute al tema trattato) agli articoli conservati presso l’archivio personale di Antonio
Campoli -4. Dopodiché, grazie alla preziosa e diligente collaborazione di Giuliana Ferrazzoli, abbiamo iniziato a trascrivere i testi e a salvarli su file Word. Infine, sempre sfruttando le nuove tecnologie a disposizione della comunicazione moderna (in questo caso ilmiolibro.it del Gruppo L’Espresso), abbiamo realizzato una serie di edizioni degli scritti di Antonio Campoli da sottoporre alla visione dello stesso autore per
Con questa raccolta di scritti che andiamo a pubblicare, possiamo dire che le nostre “Storie di Paese” sono finalmente e concretamente al riparo da ogni tentativo di vederle (e volerle) seppellite nell’oblio. Siamo altresì convinti che questo libro riuscirà a soddisfare la nostra sete di “conoscenza”, che è anche fonte di sapere per i nostri figli, e per i figli che verranno a sostituirci in questa Comunità terrena che ogni giorno ci sforziamo a tenere unita e a rendere solidale sia all’interno del suo tessuto sociale già formato, che nei confronti di chi, in attesa di entrare, ci guarda e ci giudica attentamente dall’esterno. A cominciare dai più giovani, da quelli cioè che sono alla ricerca di radici profonde su cui impiantare e far crescere l’albero della propria vita. Campoli, attraverso i suoi scritti, ha scavato, cercato e riportato in superficie quelle radici, che sono poi le stesse che hanno permesso ad un intero popolo di crescere e progredire, di formare una propria identità culturale basata sui valori della solidarietà, dell’accoglienza, della tolleranza. Ora, spetta a noi contemporanei non disperdere i frutti della sua opera che non è solo letteraria, ma sociale, politica e culturale in senso antropologico.
Un’opera che, infatti, rappresenta il rovescio della medaglia di quella che viene esaltata come l’epopea dei pionieri che scesero a bonificare la Pianura Pontina, ma che in verità fu l’inizio della distruzione di una Civiltà millenaria.
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