|
NUOVA INFORMAZIONE |
![]() |
I piromani incendiano i boschi di SezzeArticolo di Fausto Orsini pubblicato sul periodico Nuova Informazione di Settembre 2003 Agosto 2003, è l'inferno La
presente non vuole essere una denuncia ma una riflessione a voce altra
di un cittadino, un'amara riflessione, sull'incendio che in una
settimana ha ridotto in cenere buona parte dei boschi più belli del
Comune di Sezze. Negli
anni cinquanta, quando ero bambino, ho assistito all'immane lavoro di
rimboschimento dei Monti Lepini, una vera e propria bonifica montana
non meno importante di quella realizzata durante il Ventennio nella
pianura pontina. Migliaia di uomini hanno dissodato la dura pietra,
creato terrazzamenti, imbrigliato le acque che da allora non si
rovesciano più rovinosamente a valle ma si insinuano nelle viscere
delle montagne per alimentare le varie falde più in basso e,
soprattutto, hanno piantato milioni di semi che, diventati alberi, hanno
coperto di un manto verde il brullo paesaggio di un tempo. Ho
partecipato sin dagli inizi degli anni sessanta, come volontario,
all'opera di difesa dagli incendi di questo immenso patrimonio, quando
l'allora sindaco di Sezze, il compianto Alessandro Di Trapano,
era il primo ad intervenire nelle situazioni di emergenza. Ed anche
quest'anno non ho fatto mancare il mio contributo insieme a due miei
parenti. Il
rogo dei giorni 14-15-16-17-18-19-20-21
agosto 2003,
invece, per come si è venuto a determinare, rappresenta una Caporetto
per le forze impegnate nella protezione dell'ambiente che non hanno
saputo attestarsi subito su una linea del Piave su cui resistere 24 ore
al giorno. E ciò è tanto più grave se si considera l'enorme impiego
di mezzi aerei che hanno fatto di tutto per domare le fiamme. Quando poi
nel primo pomeriggio del giorno
17 il fuoco ha
attaccato le lussureggianti pinete di Monte Ranvino, intatte da
cinquanta anni, con la presenza a terra di uno spesso manto di aghi e
molta resina, esso è esploso in fiamme altissime trasformandosi
sformandosi in un' idra dalle mille teste pronte a riprodursi in tutte
le direzioni anche a dispetto degli aerei e dell'abnegazione dei Vigili
del Fuoco giunti anche da Roma e degli uomini della protezione civile. Ma
questi giorni di agosto rappresentano anche una vergogna per la società
civile di Sezze, per tante persone sempre pronte ad invadere la montagna
per cercare funghi, tartufi, asparagi, per raccogliere stroboli, andare
a caccia o per semplice diporto o a riempirsi la bocca con sperticate
dichiarazioni d'amore per il verde. Tutti costoro non hanno sentito il
dovere di dedicare un'ora del loro tempo per salvare almeno una pianta. Fra l'altro in quest'area la vegetazione è piuttosto scarsa a causa di vecchi incendi. Ma, inspiegabilmente, le forze intervenute in loco se ne sono andate al calare della sera lasciando il fuoco per tutta la notte incontrastato padrone della montagna. Le fiamme hanno così superato la "Vallicella" e attaccato la parte occidentale di Monte Forcino molto boscosa. Nel giorno di ferragosto l'intervento degli aerei ha spento il fuoco. Le forze a terra, anziché sorvegliare attentamente la zona, se ne sono per la seconda volta andate e durante la mattinata del giorno 16 le fiamme sono tornate a divampare sempre nella costa ovest di Monte Forcino. C'è stato un ulteriore intervento degli aerei e degli elicotteri che hanno avuto ragione del fuoco. Purtroppo per la terza volta le forze a terra, senza fare tesoro dell'esperienza dei due giorni precedenti, se ne sono andate. La
mattina del giorno 17,
per lungo tempo, un pericoloso fumo si vedeva da lontano emergere nella
solita area di Monte Forcino. Era il segno che il fuoco stava per
riprendere vigore. Nessuno ha avuto l'accortezza di sfruttare questo
segnale premonitore con la conseguenza del disastro che nel primo
pomeriggio dello stesso giorno si è determinato lungo la Valle
D'Amico e su Monte Ranvino. Un elicottero, per la verità, ha
tentato in extremis di evitare il rogo ma ormai era troppo tardi. Quello
che è accaduto nei giorni successivi è la diretta conseguenza della
superficialità con cui è stato affrontato sin dal primo giorno
l'incendio e della sottovalutazione della sua pericolosità. Ci sono
voluti decine e decine di interventi dei mezzi aerei per avere ragione
del vero e proprio inferno che si è scatenato sulle due montagne e su
altre vicine nei giorni
18-19-20-21 agosto
con danni incalcolabili. Di
fronte ad un disastro di tale portata, non si può restare indifferenti.
Bisogna attivarsi sin da subito per evitare che nel futuro si ripetano
simili scempi. In particolare nell'immediato occorre: 1)
svolgere indagini serrate per individuare il/i piromani che hanno
appiccato il fuoco. Le carenze e gli errori connessi al mancato
spegnimento del fuoco quando esso era ancora abbordabile, non devono far
dimenticare che esistono e devono essere assicurati alla giustizia i
criminali responsabili del disastro. E' indubbio che l'incendio è di
natura dolosa perché il/i piromani hanno agito anche nei giorni
successivi al 14
agosto. E'
inspiegabile come il fuoco si sia propagato da Monte Forcino a "Cercito"
piuttosto distante dal primo. Inoltre, la sera del giorno 19, verso le
21,30 è stato appiccato il fuoco di nuovo in località Longara, fuoco
prontamente spento dalle forze della protezione civile e il giorno
20, verso le 10,30 in
località Torre de' Masi, territorio appartenente al Comune di
Roccagorga e distante circa un Km dalle pendici est di Monte Forcino.
Anche quest'ultimo incendio è stato rapidamente domato, ma poteva
provocare altri disastri, grazie all'immediato intervento di un
elicottero che era già in volo e diretto a Monte Forcino dove erano
ancora attivi alcuni focolai, e all'opera dei Vigili del Fuoco di
Roma e di due volontari locali (il sottoscritto ed il fratello
Aldo); 2)
si è detto che nella difesa di Monte Forcino qualcosa non ha funzionato
ma, in genere, tutta la politica finalizzata alla protezione delle
foreste desta molte perplessità. Le competenze in materia sono
polverizzate fra troppi enti, manca un'efficace azione sinergica tra gli
stessi e gli effetti si vedono tutti. Un dato è certo. Fino a quando il
Corpo Forestale dello Stato ha avuto un ruolo fondamentale in
questo settore gli incendi sono stati rari e comunque ben controllati. A
decorrere dal 1972, dopo il passaggio delle competenze alle
Regioni, la situazione è precipitata soprattutto per il grave
abbandono in cui sono stati lasciati i boschi. Gli incendi sono
diventati sempre più frequenti e devastanti e non si fa nulla per porre
riparo ai danni. 3)
il colossale incendio di Monte Forcino si è potuto sviluppare
anche per la presenza di fitte pinete che troppo spesso, a certe
latitudini ed altitudini, rappresentano veri e propri serbatoi di
benzina a cielo aperto per troppi malintenzionati a causa degli aghi e
della resina dalle stesse prodotti. E' stato un grave errore, durante
l'opera di rimboschimento, preferire questa specie a quelle cedue come
querce e lecci, molto più La presente lettera viene inviata per conoscenza anche a S. E. il Prefetto di Latina che, nella Sua qualità di rappresentante del Governo, pur in un quadro istituzionale cambiato, potrà operare per sensibilizzare i diversi Enti coinvolti a trovare una adeguata soluzione al grave problema che, ovviamente, non riguarda solo Monte Forcino e zone limitrofe. articolo
di Fausto Orsini Purtroppo
incendi dolosi si sono sviluppati sul colle su cui insiste Sezze,
distruggendo la già scarsa vegetazione arborea delle "Coste".
Ma il dramma maggiore non sono stati gli incendi, quanto le prime piogge
settembrine, che hanno determinato la caduta di massi calcarei sulla
sottostante strada. Il sindaco Lidano Zarra, per tutelare l'incolumità
dei cittadini, ha dovuto chiudere per circa un mese la strada che
ascende a Sezze per poter effettuare i lavori di sistemazione dei massi
e così rimuovere il pericolo. Certo i disagi per i cittadini che
dovevano recarsi per lavoro fuori Sezze, sono stati notevoli e pesanti,
con malumori e mugugni, ma la sicurezza della vita umana deve avere la
precedenza su tutto: sull'allungamento del percorso stradale, sui disagi
personali, sui tempi di percorrenza e non da ultimo sul grave danno
economico che i commercianti di Sezze Scalo hanno subito. Ultimati i
lavori di messa in sicurezza dei massi, i cittadini di Sezze per alcuni
anni potranno con tranquillità salire e scendere la collina senza il
pericolo di "caduta massi".
La ferita inferta a Monte Forcino ( foto di Ignazio Romano ) Lettera di Legambiente ai Sindaci dei Monti Lepini > Incendi Boschivi |