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Giorgio Bonanni |
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“Forno Virtus parla” “Casteldarne” “Anne Marìe” “Frasaca”
(vecchio cane) Dimostri
d’essere assai stanca, hai
la struttura calante ed affaticata, l’età
e la tristezza non ti manca e
non lo vuoi dire, ma ti senti ingannata.
Sei
mite ed ancora bella, dai
tuoi occhi scuri sul chiaro muso
spuntano
messaggi da novella,
si legge in
te il mistero di una stella.....
Osservo
da giorni che silenziosa e con coraggio
in giro
vagavi di cantone in cantone,
fra le case
del verde poggio
in cerca
almeno di qualche boccone.
Ciao
Frasca,ti ha detto,passando, un anziano.
Ho capito così
che avevi un nome da battaglia,
che il tuo
passato è stato affatto invano
e che potevi
meritarti una famiglia.
Frasca,
degli umani non ti rammaricare,
essi son
sempre stati lucrativi,
ti usavano
finchè potevi lavorare,
ti scordano
se più non dai per seri motivi.
Ma
tu non fai polemica, il tuo amore è forte,
sarai fedele
anche se conoscerai il peggio
e verso chi
non ti vuole in disparte
ringrazi con
il muso in sù e con la coda il solfeggio.
Ciao Frasca,
tieni duro. “Il
Panettiere” Il
pane, antico pasto del desio umano, meritato
con sudato guadagno, emana
un profumo d’alimento sano, grazie
al panettiere dal costante impegno.
L’infarinato
panettiere, nel silenzio della notte,
lavora a modellar la
bianca massa in varie forme
ed a vegliar attento
nelle ore corte,
la rituale cottura,
mentre il paese dorme. La
crescente luce dell’alba dorata che
annuncia l’aurora dal poetico splendore, fa
da cornice all’attesa sfornata di
pane e dolcezze da rallegrar l’umore.
S’ode
il canto del gallo per l’avviso del giorno;
pago è il panettiere
che brama ansioso il piacere del letto
e mentre svanisce il
calore del forno,
svolazzano e tubano i
colombi sul tetto. E’
mattino, il paese sbadiglia al nuovo giorno, i
rumori crescono man mano, i
clienti s’apprestano ad accodarsi al forno, grazie alla vitale arte del progresso umano. “Messaggio
a Selena” Tesoro
del passato son già le gioie della serena fanciullezza
quando nei tuoi pensier appariva il mondo rosa; mentre
cullavi nella mente i desideri con dolcezza,
d’affetto e d’amor ti sentivi invasa. Anche
ognun di noi, sappi, leggiadra ragazzetta,
sprazzi di vita così lucente ha potuto un dì sognare avanti
il varco che mutò così in fretta
le remote gaiezze che sol possiamo raccontare. Or
su con la testa, poni il tuo viso al mondo,
non sarà tutto fausto, mia cara, come tu sognasti, è
reale, c’è il brutto ed il bello in questo cerchio tutto tondo,
c’è il male e quel bene d’aggrappar che tu vorresti. Sei
bella, sappiam quanta purezza emana il tuo cor sincero,
non vogliamo a te inculcar alcun percorso, sei
donna già e ogni nostro guardo ti sia grato
per il nuovo cammino nel giusto verso.
anno
2005 “Amore alla vita”
Irrompe la quiete il passaggio dei trattori, “Grazie
Quintina” Tra
i miei ricordi di fanciullo scosso per
una guerra orrenda e tormentosa, rivedo
la tua presenza ad ogni passo, oh
sorella mia, accorta e premurosa.
Quant’eri
bella e com’eri laboriosa,
attiva
in casa ed in campagna,
davi
tanto per la famiglia numerosa
e
poi ad un bell’uomo piacesti per compagna. Mitica
donna: agile, vitale e raggiante, schietta
di pensiero e di favella, pulita
in cor ed amata dalla gente, cantavi
soprano e brillavi come stella.
Or
che il tempo segna mutati i nostri aspetti,
or
che i tuoi figli han vita migliore,
godi
lassù ogni ben che si rispetti e, grazie sorella, sempre sarai nel mio cuore.
giugno
2012 “Daniele Quando penso alla tua fragile età e
noto le tue gesta e la tua sincerità, vedo
in me tornar momenti da bambino che
il tempo senza cuor lasciò lontano. Or
tanto possono raccontare gli anni miei d’argento che
portan tratti di saggezza e dal cuore sento una
dolce sensazione: Daniele, bello è fantasticare come
“Peter Pan” che mai cessò di sognare! Tu
ancora candido pensi e scrivi versi in poesia, è
bello così, essi sono presagio della giusta via; non
crescere in fretta però, mio tenero germoglio, godi
l’età, te lo dico per il bene che ti voglio. Ama
la scuola che ad apprendere ti insegna per
navigar la vita nel nuovo che t’ impegna. Avanti
così, a pensare e sognare con la tua fantasia ed
abbi in cuore “Peter Pan” per lunga compagnia.
aprile
2012
-
nonno
Giorgio “I
segreti dei fiori” Per
natural bellezza e singolar candore s’addice
ai fiori il desio delle genti: dall’adornar
supremi regni o semplici dimore al
fascino comune nel corso degli eventi.
Spuntar
nell’aree verdi stese di colori,
fitte come le amate
stelle,
donan senso di piaceri
e son vita d’api e
di farfalle. Sensibili
doni per sentite relazioni, intriganti
in amicizia, amore o conforto, latori
di omaggi in più occasioni coi
valori toccanti dell’umano sentimento.
Misteriosi
come magica luce dell’arcobaleno,
tangibili in essi i
colori della natura
e mentre i poeti vi
leggono i segreti che svelano,
sognamo dal profumo,
sprazzi di vita pura. Il
pregio floreal ha vita con la Terra, dal
giardino dell’Eden coi divini splendori ed
ancor oggi, un dono di fiori da fonte sincera, accende emozioni per sensibili cuori. aprile 2012 “La
Susarola” Appena
donzella e ben cresciuta, dava
a sua madre un fattivo aiuto, perch’ella
servile della famiglia allor compiuta doveva
a marito e numerosa prole il ben “servito”. Quando
sposa e con tanti figli, sino a fonda sera, tra il faticar nei campi e poi la casa, si vedeva in lei la mamma vera, lungi dal pensier di un mondo rosa. Con
far solerte e con atto generoso metteva
in ogni cosa la sua grinta, pronta
a volte, con istinto impetuoso, a
mostrare altrui la forza per aver contesa vinta. Ancor
notte, avanti l’aurora dal divino splendore, con la pezzola nei capelli, china
nell’arcata madia, menava con le possenti mani la massa col
suo candore, onde disporla in blocchi per farne pane e
dava al forno il via. Anche
se il tempo assai crudele non trovò sosta, col
sol pensier mi torna il profumo del suo pane appena cotto ed
ancor grato a lei, se gioia mi passa per la testa, quando
nel duro del cammin son dai pensieri avvolto. Or,
la susarola, da vecchierella ambisce raccontare: tra i suoi ricordi non c’è potere né
ricchezza; la sua serenità vien, si può capire, dal perseguir salute morale e coerenza.
25
settembre 2010 “Il mitico sparviero” Su larghe spalle poggia irta la testa calma
da ondeggiata chioma dorata; gioca
fiero, domina e s’attesta in
ogni incontro della squadra amata Alto
e possente, dagli arti avvolti da blocchi muscolosi, corre
nel campo come generoso guerriero, infonde
emozioni ai fedeli tifosi e
spaventa gli avversari come un temibile sparviero. Par
egli il leggendario Ettor della città di Troia che
in battaglia i militi compagni rincorava, e
con in pugno la lancia espugnava gli avversi boia. Corre
il capitano, corre ed irrompe l’attacco avverso, non
teme e con fare irruente per
tibie e malleoli conosce il giusto verso. Saluta
all’odierno Ettor dal
padre Priamo, figlio di …… !! Dedicato
all’ex calciatore Alessandro Chiodini, capitano del Brescia negli anni
83/89. “L'omino
d'oro” Col
freddo o caldo d’ogni primo mattino c’era
al solito canton di strada un uomo strano, ivi
sostava ritto e composto ad un angolo rasente e
queto sbirciava il passar di curiosa gente.
Come
milite che in ordine al suo dovere
obbedir saprà ad ogni
maggior volere,
quel serioso uomo così
aspettava sino al tramonto
e poi triste se n’andava
aggregato al suo tormento. Il
suo umile mestier di ciabattino poco
svolgeva ormai da quel lontan mattino, quando
il figlio soldato in Russia andò e
mai più in patria sua tornò.
Un
uomo strano? Quell’uomo strano serbava dolore,
la gente passava gaia, ma
in lui si spezzava il cuore;
convinto era che suo figlio
in guerra non perì
e che al ritorno
anch’egli doveva passar per lì. Di
anni nella triste attesa n’eran passati
tanti ed
egli ancor cullava in corpo i suoi lamenti. Capì
che il tempo assai crudele corresse di lui l’aspetto e
genial fu nel suo vestir, onde carpir dal figlio un guardo attento.
Stivali,
giacca, cappello e bici dipinse con tinta
in oro per apparir distinto
e non per finta;
creò la sua singolar
figura e stupì l’incredula gente
e tutti capiron la storia
di quel padre sofferente. Da
quel dì, il suo male non fu segreto, fu
orma di pace, porre ad ogni guerra il veto. Tutti
i viandanti osaron per lui rispetto che
l’ingrato destino privò di tanto affetto.
Un
mattino al cantone egli mancò; di dolor perì;
Or, nel sentiero dei
ricordi, diamo omaggio all’omino d’oro
con onore che visse una
passione e disse addio al mondo con
dolore. “Vera storia struggente verificatosi ad Arezzo” “Daniela:
Regina di Fiori” Un
po’ seriosa e sovente un po’ distratta, con
lesto passo va per la via dritta,
senza mai degnare lo sguardo al
giardin di casa,
eppur i fiori l’ammiran con
garbata posa. Un
bel mattin di festa fa l’occhio rilassar nella verde corte e
vede i fiori andar per la triste sorte.
Con arido fare dice alla margherita:
“cos’hai bianco fiorellino
così triste col tuo capo chino”? “Ho
sete - risponde la margherita – abbi di me pietà, dammi
un sorso d’acqua per carità”!
Con lo sguardo bieco e con il
bicchiere in mano ella si presta
a misurar gocce d’acqua per bagnar
del fiore la testa. La
margherita sorride e mossa da un alito di vento, si
dondola felice, s’illude e ringrazia per l’evento.
Passato il dì di festa
Daniela ripete il suo verso: amor
non presta. Il
fiore di sete perisce e con dolore per
non aver sciolto un cuore.
Quando lei s’avvede, si emoziona e
pur si pente
per la triste fine di quel fiore
sorridente. Ora
sa che curare con amore anche un umile fiore si
può sorridere alla vita e si spalanca il cuore.
Vi saranno rose e margherite nel
nuovo giardino a rallegrare i cuori,
Daniela li amerà e rinomata sarà:
Regina di Fiori. MORALE:
L’amore è una cosa meravigliosa:
amare per sentirsi amati. “Kamikaze” Quante storie di nostri padri soldati hanno ispirato canzoni e filmati! Non sei un pupazzo, prova a pensare, prova a comunicare, forse saprai amare. “Come il pettirosso” Al piano di un solare poggetto attorniato
da alberi spogli ed in mezzo al verde prato, presso
la casa del materno tetto, sta
per avverarsi il sogno più amato.
Ivi si ergerà la tua nuova dimora come tu prevedi
e come “sposa promessa” con ansioso sorriso,
pur se ancor le pareti non vedi,
all’indoman t’immergi e t’illumini in viso. Mentre
dell’abitar venturo mi rendi edotto, cinguetta
sul bordo dello scavo il pettirosso, anch’esso
avrà vicino il nido nel rovo d’un anfratto e
di tanto in tanto emetterà un canto nel ridosso.
Il pettirosso vigila il suo spazio ed emette puntuale il canto,
tu sai competere, perché il sogno s’avverrà;
or di pensier ti turbi, ma poi ti rassereni in volto,
cosciente che sol l’amor sa indicar la strada della felicità. Avanti
così: come il pettirosso.
Dedicata
a Daniela Moretti “Nulla ci divide” Sei
tu, oggi, così com’eri da bambino, col
delicato sguardo giocondo, ignaro
della fonte che segnò il tuo destino, sappi,
però, nessun ti è migliore al mondo.
I tuoi occhi lucenti parlano di serenità
mentre pensi a ciò che ti sorride;
osservi lieto se l’altro mostra cordialità
ed allor mi convinco che nulla ci divide. Non
ti penar di quel che accade in terra, sia
gioia in te la fraterna attenzione, mista
di pace e di bontà sincera che,
con atti d’amor, veglia ogni tua azione.
Pietà fa l’uomo che, per l’avido potere,
vede solo il gelido possesso,
con le pupille spente, mai appagato dal suo avere,
cieco al fato che altri deviò dal giusto passo. Dedicato a “Mariotto” Favale, che non ha avuto la fortuna di guardare il mondo con gli occhi nostri. “Stefanuccio” A valle della grigia e dominante Semprevisa attorniata
da pietrosi e brulli altipiani è
situata Suso, spiata dall’antica Sezze che su costa rocciosa, guarda
la pianura, il mare e la catena dei Lepini. Si
vede che Dio nel progettare il mondo ha
colorato Suso come variopinta terrazza florente
e modellata in cerchio tutto tondo, ondulata
a rilievo di poggi come scolpita corazza. C’era gente festosa, laboriosa e di empirica cultura,ricca
di altruismo e dai valori in petto, di
passional bontà e d’amicizia vera ed il pane per la vita procurava a stento. Persone semplici, menavan le braccia a lavorare intorno e
col carro fino ai campi della tappezzata piana; a
sera stanchi e rigati dal sole facean ritorno: accosti
al tavolo, avvezzi della consueta cena. Ivi
nacque, nell’anno trentasette, oggi veterano atleta, il
noto Stefano Radicioli, detto “Stefanuccio” per di più, che
con l’età matura si scoprì anche poeta ma
schivo celò purtroppo le sue virtù. Né
Sezze, né i paesi intorno e la stessa Pontina son
memori d’aver visto prima un tal soggetto; da
fanciullo, al collegio, vincente in ogni disciplina, lasciò il segno e fece ritorno al natale tetto. Adolescente, in ogni gara aveva già
la meta vinta, correva
a piedi, correva e davanti ai più grandi si poneva, muscoloso,
asciutto, forte con volontà e grinta saltava
e vinceva, non esultava, anzi, taceva! Fu
grande sorpresa nel gioco del pallone: nel
Sezze ed in altre squadre del territorio pontino è
leggenda con il senso del campione, ma per sua virtù si tien da ogni onor lontano. Nei
campi di calcio, veloce come cerbiatto, dal
lato sguizzava a zigo zago e metteva fra i pali; sempre
timido, gioiva con sorriso e tatto, era stimato anche dai suoi rivali. Diventò moda recarsi a vedere ogni partita, i
paesani lo amavano, le ragazze l’avevano nel cuore, ma
Stefanuccio, riservato come scelta di vita, si
eclissava, non cedeva al lusinghiero gioco dell’amore. Stupiva
in campo anche i tifosi avversari, ricordo
le scommesse di questi a Bassiano: in
palio prosciutti, maialini ed altri beni vari sul
possibile segnar che puntuale offriva in dono. Perfino
quando per la Patria andò soldato spiccò
negli addestramenti militari, ogni
bersaglio veniva da lui centrato e fra burbe o graduati non trovava pari. Seminava
nel podismo i commilitoni, agile,
nel salto anche una scarpa gli volò, aveva
innato il carisma dei campioni ed
il suo premio licenza agli altri lui donò. Il tempo rotante puntuale ed inesorabile, gli
impegni per casa, figli e lavoro, fermarono
le gesta dell’imbattibile che
tutti lasciò nel dispiacere amaro. Resta così agli amici, seguaci e parentiil
ricordo di Stefanuccio, il timido cerbiatto dalle
leggendarie imprese, transite negli eventi, che
nessun del loco ha mai riprodotto. Oggi
il veterano, in ritiro dalla scena, si
muove rituale con appesantito aspetto nel
suo orticello della coltivata piana o disteso sul divano con le mani al petto. Detiene un genial senso d’ intellettoe
rimembrando s’avvia alla centesima tappa in poesia; a
volte s’illumina e come di scatto prende
carta e penna e così sia. Rigore
morale e coerenza sono qualità di retta vita, di
tali virtù egli è portatore ed emana freddezza verso
gli stolti, ignari della più grande partita: l’umano senso del dovere che Dio s’aspetta per osar clemenza. “La viuzza” Quando
penso al mio luogo natio rivedo
momenti d’intensa armonia; è
così che rimembro storie del paese mio di
cui l’animo avverte l’allegria.
A
lato della pietrosa viuzza alberata e stretta
che
tortuosa saliva al poggio con due case,
c’era
una semplice, piccola casetta
con
davanti il forno, il pozzo, i gigli e le rose. Una
famiglia assai numerosa che vi tenea dimora, si
accalcava attorno al tavolo vicino al focolare, pronta
al piatto allo scoccar dell’ora ed
a nessuno mancava l’umore di scherzare.
Quando
la sera fonda le palpebre calava
in
nove dovean trovare posto a riposare;
la
stanza era una e qualcuno entrar doveva
nel
“cassettone” come letto per dormire. Dei
“Pecci” le gesta sto narrando, gente
umile che di poco si vedea contenta, generosa
e festosa come trovarsi in capo al mondo, senza
invidia e ricca di bontà che conta.
Ricordo
le ministre gradevoli e fragranti
dal
caratteristico sapore intenso:
con
pane, fagioli, aromi dai retrogusti piccanti;
è
quel sapor della tradizione ch’io ripenso. Raggiante
ero nel fragore del giuoco a nascondino ed attento alle
regole miste di fantasia e di consenso e
via scavezzati correvam come puledri senza recinto; di
quei ricordi adesso mi compenso!
I
miei capelli grigi dicon gli anni del passato,
ho
viaggiato lontano in tante direzioni,
gli
amici nuovi mi hanno assai donato,
mai
però, come da fanciullo, quelle vere emozioni. Son
questi i ricordi che guidano la mente nel
rivedere quella viuzza irta e stretta, ove
il mulo tirava con far possente il
pesante carro coi raccolti fin su la vetta.
Or
la viuzza, nel suo silenzio triste, rimane ancora
e
nuove case hanno invaso lo spazio verde,
i
giovani dal progresso hanno i mezzi, ma attorno la radura.
Io
lamento quella qualità di vita che si perde. |