Le Associazioni

Sic et Simpliciter

Sezze 1 febbraio 2007

Dove stiamo andando?

di Orazio Mercuri

 Promotore dell’Associazione Culturale

“Sic et Simpliciter”  


Queste riflessioni vogliono essere un contributo al dibattito in corso.

Le iniziamo estrapolando alcune domande già poste a ridosso delle nostre precedenti amministrative.

Le risposte, oltre ad attenderle da nostre personali riflessioni e dalle riflessioni che tutti insieme attiviamo durante gli incontri all’interno delle nostre associazioni, le attendiamo innanzitutto e soprattutto da coloro che si pongono, nelle varie forme, a guida della  nostra comunità.

I quesiti, seppur datati 21 ottobre 2002, possiamo tranquillamente porceli anche oggi. Erano:

 

  • Un amministratore deve essere un buon manager?

  • Che cosa intendiamo per “uomo politico”?

  • Il clientelismo lo riteniamo ancora valido e di supporto per  l’affermazione dei nostri ideali?

  • Cosa intendiamo per evoluzione sociale: più parcheggi, più feste e più sagre, belle vetrine, possibilità di possedere una bella casa, possedere una bella macchina, un bel televisore, poter stare in pantofole la sera…?

  • Chi si propone alla guida della comunità si è mai chiesto e, soprattutto, si è mai risposto da che cosa è mosso: altruismo, senso civico, interesse economico, ambizione…?

  • Ha mai avuto il coraggio di confrontarsi, serenamente, apertamente, costantemente su cosa lo muoveva a dar vita a questo suo impegno?

A queste domande però, riteniamo salutare aggiungerne qualcun’altra, ossia:

 

·        Essendo noi tutti immersi nella scia della comune mentalità, quindi nella normalità, che cosa spinge a preoccuparsi così tanto?

·        Forse, pur essendo immersi in questa normalità, non la accettiamo?

·        Qual’è il cuore di questa comune mentalità, di questa “normalità”?

·        Quali sono i veri problemi?

·        Si pensa forse di poter essere in grado di fondare una comunità laboratorio capace di indicare una nuova visione, un nuovo modo di essere, un nuovo modo di convivere?

·        Su quali basi dovrebbe muovere questa nuova esperienza sociale?

·        È possibile un incontro tra cultura e politica?

·        Cosa intendiamo per cultura?

·        Il ben parlare?

·        Il ben argomentare?

·        La capacità di assemblare parole con tecnica raffinata per proferire, a spron battuto, tutte le nozioni che abbiamo acquisito piazzandole così, alla bisogna, sulla bancarella del momento?

·        Un uomo che non ha “titoli” ma che vive la sua vita con intelligente, consapevole e amorevole saggezza è da considerarsi ugualmente un uomo di cultura?

 

È bello porre dei quesiti per ascoltarne poi le risposte. Per potervi riflettere e provare a comprendere. Magari esprimere un’opinione e dopo averla confrontata con opinioni altrui, dopo aver mosso critiche e accettato critiche, scegliere la giusta azione da intraprendere.

- Mosso critiche e accettato critiche. -

Oggi pare che questo sia il vero punto dolente. Il vero tallone d’Achille nell’ambiente del nostro sistema politico.

La critica sembra essere diventata più pericolosa di un conflitto armato al punto che, da troppo tempo ormai, si ascoltano frasi del tipo: non accetto critiche distruttive!

 

  • Ammesso, e non concesso, che esista un confine netto della critica costruttiva da quella distruttiva e, quand’anche fosse che chi si ha di fronte esprime solo critiche distruttive, non è forse compito di chi governa, di chi guida una comunità, interrogarsi sul perché di tanta distruttività?

  • Non potrebbe nascondere forse un estremo disagio che andrebbe compreso e canalizzato alla risoluzione?

Penso che la critica che, guarda caso, ha come sinonimi le parole esame, valutazione, analisi, opinione, appunto, fa parte del vivere civile e permette la crescita e l’evoluzione di una comunità. Criticare, con il dovuto garbo e il dovuto rispetto, è sintomo di responsabilità e di presenza attiva nell’ambito di una comunità. Forse è proprio questo modo poco rispettoso verso chi tenta di esprimere il proprio sentire, che sta creando tanta frustrazione e tanta timidezza, al punto che, quasi quasi, ci si sente in colpa se si ha voglia semplicemente di manifestare il proprio pensiero, la propria visione o, ancora più semplicemente, il desiderio di comprendere.

Ci si sente in colpa o, peggio ancora, ci si sente intimiditi.

 

E già! Intimiditi.

 

Questo invito “invitante”, questo “scendi in campo”, sottende anche una forma di sfida (attenzione, di sfida intesa come lotta non di pacato e rispettoso confronto) e, nondimeno, di fastidio e ad essere infastidito è proprio chi domani potrebbe avere in mano le leve del “Potere”.

Non credete?

 

Il POTERE!

 

Ma cosa sarà mai questo Potere!?

 

Il POTERE!

 

Questo stato sociale da cui, chi più chi meno, chi per un verso chi per un altro, chi nel suo piccolo chi nel suo grande, si viene affascinati.

 

Il POTERE!

 

Stimoliamo un po’ la nostra intelligenza ponendoci qualche altro quesito:

 

  • Se, ad esempio, un avvocato che conosce alla perfezione la materia legale utilizza tutte le sue energie ponendosi, dentro di sé, nell’ottica di attuare tutti gli stratagemmi possibili per aggirare la legge anziché cercare i modi per far sì che venga applicata o, meglio ancora perfezionata, qualora ne dovesse ravvedere il limite, cosa può fare uno Stato di fronte ad atteggiamenti di tale fatta?

  • Questo avvocato, restando all’esempio, che nel suo ambito è un tecnico perfetto, possiamo ritenerlo anche un uomo di cultura, un uomo di scienza?

  • L’uomo di scienza non è forse colui che si dedica alla ricerca, all’approfondimento, alla conoscenza dei fenomeni, siano essi esteriori che interiori, giungendo quindi al punto di trovare nuovi strumenti utili per sé e per la comunità?

  • L’uomo di scienza non è forse colui che, trovati gli strumenti, ha anche coscienza della loro forza e dei limiti e, soprattutto, sà riconoscerli come tali, ovvero, semplicemente come strumenti?

  • L’uomo di scienza non è forse colui che, avendo consapevolezza degli strumenti, è in grado di distinguerli e di distinguersi da essi, di mantenere il giusto e dovuto distacco da essi, senza pensare che questi rappresentano o, peggio ancora, sono in toto la sua vita?

  • Se questa materia di conoscenza andiamo a trasporla all’animo umano pensiamo di poter quantificare, di poter misurare di poter certificare un uomo di scienza?

  • Quali azioni chiediamo di mettere in atto a chi andrà ad assumere un ruolo di responsabilità che domani dovrà svolgere anche per noi?

  • Può un uomo, da solo, senza la condivisione di nessun’altra persona della comunità, avviare e portare a termine una rinascita di una comunità?

  • Chi pensiamo essere giovevole l’uomo di scienza o di tecnica?

  • Non è che facciamo un po’ di confusione tra un uomo di scienza e uomo di  tecnica?

  • Il tecnico non è forse colui che utilizza strumenti da altri ideati, sperimentati, realizzati senza che egli ne debba necessariamente conoscere l’origine?

  • La confusione da evitare non è quella tra tecnicismo e capacità di saper realizzare la propria originalità permettendo quindi che anche gli altri membri della comunità possano realizzarla?

  • Se pensiamo di si, in quali ambiti pensiamo si possono accettare i tecnici e in quali ambiti no?

  • Noi oggi siamo governati, quindi guidati, da persone di scienza o di tecnica?

  • Se veramente si ha l’aspirazione ad ergersi a guida di una comunità, questo non dovrebbe spingere innanzitutto ad attivarsi per far si che si aprano degli spazi di confronto, di formazione consapevole delle coscienze, spazi di coltivazione dell’essere, spazi atti alla conoscenza e alla comprensione del mondo interiore e del mondo emozionale?

  • C’è qualcuno o qualche comunità in particolare che ha lo status di imprimere questi insegnamenti?

  • Di cosa dovrebbe aver pudore una persona se ha il chiaro e puro intento di voler conoscere, di esperire, di voler comprendere per meglio agire?

  • Di non essere in grado di liberarsi dall’identificazione con lo strumento, che in questo caso definiamo Potere, che si è trovata, per una serie di circostanze, a gestire in un dato momento della sua vita?

  • A cosa conduce liberarsi dall’identificazione e dall’attaccamento?

  • Alla Libertà?

  • Se si, non è forse questo ciò che tutti cercano?

  • Non è forse per questo che stiamo scatenando guerre nel nostro piccolo come in tutto il pianeta?

Oggi come ieri. Battaglie e rivoluzioni. Rubando e uccidendo. Disprezzando e assumendo droghe. Facendo acquisti e rinnegando il nostro essere. Tutto per un malinteso senso di  Libertà!

 

  • Pensiamo che esiste qualcuno o qualcosa che può liberarci?

  • Un tecnico?

  • Un saggio?

  • Un santo?

  • Un dio?

  • Dove vogliamo andare? Dove vogliamo andare?

Siamo stanchi! È vero. Ma proprio perché siamo stanchi dobbiamo essere molto attenti e, magari, porci mille domande e avere la forza e la pazienza di cercare la risposta, una per volta, e pretendere e da noi stessi e da chi ci sta intorno gesti e atti talmente chiari sì da poter essere aiutati e nello stesso tempo essere di aiuto. Aiutati ed essere di aiuto a raggiungere la nostra vera e profonda Libertà! Avendola sempre a nostra portata di mano, dipendendo solo ed esclusivamente da noi stessi, possiamo solo essere aiutati a raggiungerla perché, infatti, nessuno ce la può consegnare. È già nostra! Non c’è assolutamente bisogno di uccidere, di rubare, di cercare uno sballo per raggiungerla. È semplicemente uno stato dell’essere che non dipende da nulla e da nessuno se non da noi stessi.

 

  • Altrimenti che Libertà sarebbe?

Possiamo solo aiutarci o essere aiutati a raggiungerla. Ma per aiutare o essere aiutati dobbiamo essere coscienti di ciò che stiamo veramente cercando e a chi stiamo chiedendo il nostro aiuto. Dobbiamo essere consapevoli se chi ci sta accanto sceglie di andare nella nostra stessa direzione, se ha lo stesso nostro interesse, condivide effettivamente il nostro stesso cammino per giungere allo stesso punto o se, magari per mille valide ragioni, reputa opportuno fermarsi prima o addirittura cambiare percorso.

 

Avviare quindi processi capaci di superare l’egocentrismo culturale, capaci di andare al di là degli steccati partitici e/o religiosi, che permettano di rinnovare l’humus dell’animo umano, in quanto a ben poco, anzi, a nulla servirebbe cambiare le facce o le età anagrafiche dei vari personaggi, che di volta in volta si susseguono sulla scena politica, se poi non cambia la mentalità o peggio viene sostituita da una mentalità ancora più degenerata.

 

“Conosci te stesso e conoscerai gli dei”.

 

Se veramente è così, si può tranquillamente affermare che se teniamo fede a questo motto non solo comprenderemo “Dove va la nostra comunità” ma, cosa ancora più importante se non fondamentale, comprenderemo “Dove va ogni essere umano” che, in questo caso, conduce e produce la comunità.

Una comunità non si esaurisce intorno al nome che la individua. Una comunità non è un opinione.

È un insieme di individui.

Tutti fondamentali!

Tutti importanti!

Tutti indispensabili!

In cammino!

Che sperimentano la vita per conoscerla.

Per conoscersi.

Per comprendere.

 

Che la cultura risponda!

 

Ma che la cultura venga svincolata dai “titoli” e venga lasciata libera di tornare nel suo luogo deputato.

 

Nell’animo di ogni individuo!

            

Il documento viene portato all’attenzione sia degli Enti Istituzionali, sia delle altre associazioni culturali, politiche, religiose, sindacali, economiche operanti a Sezze al fine di avviare un dibattito e stimolare così una riflessione capace di coinvolgere tutta la nostra comunità. Esso è stato condiviso anche dalle seguenti associazioni:

Terra Setina, Adem, Nova Setia

Sezze, mercoledì 23 marzo 2005, ore 18,00 

inaugurazione mostra fotografica
La religiosità nelle sue diverse forme

Mercoledì 23 marzo alle ore 18,00 presso la sede di Largo Bruno Buozzi, di fronte all'Antiquarium comunale di Sezze, il Presidente dell'Associazione Culturale Sic et Simpliciter, Orazio Mercuri, terrà l'inaugurazione della mostra fotografica dal titolo: La religiosità nelle sue diverse forme.

Dov'è il mio alfa

Dov'é il mio omega

Cosa sarei se non avessi il suolo

su cui poggiare i piedi

Potrei forse dire di esistere

se non avessi l'Aria

che nutre ogni mio atomo

Dov'è il mio alfa

Dov'é il mio omega

Come sarebbe il mio animo

se i campi non conoscessero i fiori

Cosa sarebbero i miei occhi

se alzando lo sguardo

scorgerebbero solo un cielo vuoto

Dov'è il mio alfa

Dov'é il mio omega

Cosa sarebbe il mio viso

se mai incontrasse un sorriso

Cosa potrebbe sussurrare il mio cuore

se allungando una mano

non incontrasse un'altra mano

Dov'è il mio alfa

Dov'é il mio omega

se non in me

e oltre me.

espongono

 Cristiana Grassucci - Ignazio Romano

 Vincenzo Serra - Daniele Nardi - Orazio Mercuri

 Giancarlo Arcese – Paolo Leonoro

Orazio Mercuri prova, con la sua associazione Sic et Simpliciter, a svegliare la cultura millenaria setina, da troppo tempo adagiata e pigra. E lo fa con una mostra fotografica “aperta” che coinvolge l’uomo ma è incentrata sulla sfera “spirituale” intesa nel suo significato più esteso.

Il tutto nel centralissimo Palazzo Petrianni in largo Bruno Buozzi con inaugurazione prevista per mercoledì 23 marzo alle ore 18,00.

Un tentativo di spronare le forze artistiche che sono dentro ognuno di noi, e di andare oltre il luogo comune che vede in Sezze solo “Passione di Cristo” e “Sagra del Carciofo”.

La mostra, definita “aperta” in quanto pronta ad accogliere nuove fotografie che nel tempo ne focalizzeranno il tema, ha come obiettivo quello di aggregare energie e capacità nuove.

Al via, con Orazio Mercuri, esporranno: Cristiana Grassucci, Ignazio Romano, Vincenzo Serra, Daniele Nardi, Giancarlo Arcese e Paolo Leonoro. Cristiana Grassucci propone le foto del suo ultimo viaggio in India, cariche di colori e di umori, con personaggi mistici e scene di vita quotidiana. Ignazio Romano ci ripropone scene tratte dalle manifestazioni setine e panorami ripuliti dalle brutture architettoniche moderne. Vincenzo Serra spazia con le sue foto tra la santità romana e la religiosità umbra con accenni ai mestieri in via di estinzione. Daniele Nardi ci porta sulle vette dell’Everest, dove con la sua fotocamera ha colto una spiritualità ai limiti del possibile. Giancarlo Arcese e Paolo Leonoro trovano sul Semprevisa  paesaggi da favola. Ed in fine le onde impetuose del mare riprese da Orazio Mercuri in attesa di nuovi contributi. La mostra sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 18,00 alle ore 20,00.