SEZZESE

anno 2014

19 dicembre 2014

di Mariella Di Rosa e Gian Carlo Mancini

Risposta al Sindaco di Mariella Di Rosa e Gian Carlo Mancini 
Ci dispiace che il Signor Sindaco, in risposta alla lettera che gli abbiamo inviato, ne definisca il contenuto “una polemica sterile” e “manifestata a più di sei mesi di distanza.” In verità non si tratta di una polemica ma manifestazione di un’amarezza che si protrae da diverse edizioni del premio dedicato a Luigi. Già dal 2013 è stata da noi protocollata al comune di Sezze una lettera, in cui si domandava al dottor Campoli la ragione della sua assenza protratta, a cui non abbiamo ricevuto risposta. 

L’assenza del sindaco non si limita all’8 maggio 2014, ma all’intera edizione della manifestazione e a quella dell’anno precedente. C’è da ricordare, inoltre, che non si è trattato di un “semplice convegno” – come sostiene nella sua risposta – ma di un’iniziativa, che riguarda la storia forse più tragica della nostra comunità, tenuta presso il Senato della Repubblica, a sottolinearne il carattere istituzionale, dove l’associazione è stata invitata per i meriti del lavoro che porta avanti. Per quanto riguarda il coinvolgimento di Mariella all’iniziativa di Brescia, è ben vero che nel mese di novembre il sottoscritto ha fatto presente al primo cittadino l’indisponibilità materiale della signora Di Rosa, ma questo non ha nulla a che vedere con l’iniziativa di dicembre. La deposizione della formella dedicata a Luigi, che si sarebbe dovuta tenere il giorno 20 novembre e a cui si riferisce il sindaco, è stata appunto rinviata al mese successivo e di questo Mariella non era al corrente, né tantomeno è stata coinvolta a manifestazione avvenuta. 

Al sindaco faccio presente, infine, che se lui ha sempre agito senza nessun tornaconto personale, né economico né accademico, il sottoscritto e l’associazione di cui faccio parte abbiamo sempre investito con la medesima onestà del primo cittadino, e con enorme piacere, salvo donazioni o contributi esterni, i nostri soldi personali perché crediamo fermamente nei nostri progetti. Ci sorprende, quindi, che il sindaco abbia voluto precisare che il viaggio a Brescia se lo sia pagato da solo, quando nessuno lo ha mai messo in dubbio. Per chiarire definitivamente le incomprensioni, auspichiamo un incontro tra le parti in causa e una partecipazione più attiva dell’amministrazione comunale tutta ai prossimi eventi in memoria di Luigi Di Rosa, che dovrebbe solo avere giustizia e riposare in pace.


18 dicembre 2014

intervento del Sindaco Andrea Campoli

Intervento del Sindaco Andrea Campoli circa la partecipazione alla manifestazione di Brescia dedicata alle vittime del terrorismo.
Il Sindaco Andrea Campoli interviene in merito alle polemiche relative la sua partecipazione alla manifestazione tenutasi a Brescia lo scorso 15 dicembre, in cui si è svolta l’inaugurazione del nuovo tratto del “Percorso della Memoria” alla presenza del Presidente della Camera, on. Laura Boldrini.
“Colpisce – ha dichiarato il Sindaco Andrea Campoli - la gratuità della polemica innescata dalla partecipazione del sottoscritto alla iniziativa in ricordo delle vittime del terrorismo a Brescia. Circa il presunto mancato coinvolgimento di Mariella Di Rosa, infatti, è stato lo stesso Mancini a riferirmi della indisponibilità della stessa ad affrontare il viaggio e partecipare a questa iniziativa. In merito alla clamorosità della mia assenza ad un semplice convegno, tenuto nel mese di maggio, sorprende che questa così grande amarezza venga manifestata a più di sei mesi di distanza. Per ciò che attiene al presunto oblio di questi decenni, giova ricordare che il sottoscritto è stato sempre convinto dell’importanza della cultura della memoria e, per questo, sempre attivo nella promozione di iniziative senza nessun tornaconto personale, né economico né accademico. Preme sottolineare, in ultimo, che come consuetudine e stile personale, il soggiorno a Brescia è stato pagato dal sottoscritto di tasca propria”.


17 dicembre 2014

di Mariella Di Rosa e Gian Carlo Mancini

Lettera di Mariella Di Rosa e Gian Carlo Mancini al Sindaco di Sezze
Il 15 dicembre il sindaco è stato a Brescia, invitato dalla Casa della Memoria, per ricordare le vittime del terrorismo e della violenza politica alla presenza del presidente della Camera, On. Boldrini. In tale occasione è stata dedicata anche una formella a Luigi Di Rosa, ucciso a Sezze il 28 maggio del 1976. 

Motivi di salute hanno impedito al presidente dell’Araba Fenice, associazione che da diversi anni si occupa di vittime del terrorismo e per questo invitata a sua volta all’iniziativa, di presenziare. Siamo lieti che almeno il Sindaco abbia potuto partecipare. Dispiace, invece, che il Primo cittadino di Sezze non abbia ritenuto opportuno coinvolgere Mariella Di Rosa, sorella di Luigi e presidente onorario del premio nazionale di storia contemporanea a lui dedicato. Dopo un periodo di oblio, salvo la deposizione da parte dell’amministrazione cittadina di una corona di alloro il 28 maggio di ogni anno, presso il monumento dedicato ai martiri dell’antifascismo, l’interessamento dell’associazione Araba Fenice ha fatto sì che la tragedia di Luigi fosse raccontata nelle scuole e nelle università, anche estere, dedicandogli un Premio Nazionale di storia contemporanea e un Centro Studi frequentato da storici, magistrati e famigliari delle vittime. 

Ma quello che più ha amareggiato è stata l’assenza clamorosa del nostro Sindaco l’8 maggio 2014 in occasione di un convegno internazionale sugli anni di piombo tenutosi alla biblioteca del Senato della Repubblica alla presenza di autorità, parenti delle vittime, studiosi e studenti di Sezze. Invitato, non si è presentato, né ha delegato qualcuno al suo posto. Meno male che almeno questa volta sia riuscito a liberarsi dai suoi numerosi impegni per raggiungere la lontana Brescia e onorare la figura di Luigi, almeno lì. 


10 novembre 2014

un commosso saluto

La comunità setina saluta commossa Antonio Montanari detto "Cicione"

Ci sono persone che nell’immaginario collettivo, specialmente nelle realtà di piccoli paesi, nel corso della loro vita diventano subito dei personaggi. E alla loro morte quindi, il lutto di cari e famigliari diventa una sorta di lutto cittadino. E’ quanto accaduto a Sezze per la morte di Antonio “Cicione” Montanari, classe 1948, un omone dalla stazza tanto imponente quanto la spiccata simpatia innata che lo contraddistingueva. Dalla sua stazza mista alla sua bontà il soprannome Cicione con cui tutti lo conoscevano. A Sezze lo conoscevano praticamente tutti ma era la generazione legata alla storica squadra di calcio, alla Vis ad averne meglio impressi i trascorsi. Padre di famiglia, due figli Nerio ed Emanuele, operaio Enel in pensione e storico interprete del sommo sacerdote Kaifa durante la processione del Venerdì Santo, per tanti anni ha difeso la porta del Sezze. Abbandonata l’attività agonistica è rimasto legato al mondo dello sport nelle vesti di arbitro di calcio a 5 e ha trasmesso la sua passione per il calcio e per il ruolo ad entrambi i figli, anche loro, con fortune alterne, portieri.


30 ottobre 2014

componimento in dialetto di Franco Abbenda

>>> Che séte venuti a fa


15 ottobre 2014

comunicato stampa  www.danielenardi.org

Daniele Nardi presenta: "Arrampicare, crescere e conoscere"

Oggi (Mercoledì 15 ottobre) l’alpinista lepino Daniele Nardi è stato ospite dell’Istituto Giovanni Cena di Latina per presentare un progetto che mira a valorizzare e informare in merito alle possibilità offerte dal territorio della Regione Lazio.
Gli studenti, durante la mattinata, hanno avuto la possibilità di sperimentare concretamente un’arrampicata con Daniele Nardi e firmare l’alta Bandiera dei Diritti umani che lo scalatore lepino porterà con sé nella prossima spedizione sul Nanga Parbat

Questa mattina (Mercoledì 15 ottobre) dalle ore 9:00 alle ore 13:15 l’alpinista Daniele Nardi è stato ospite dell’Istituto Giovanni Cena di Latina per presentare “Arrampicare: crescere e conoscere”.  Il progetto, nato da un’idea dell’alpinista lepino tramite la sua associazione Mountain Freedom e l'associazione Arte e Cultura per i Diritti Umani, punta a sensibilizzare quante più persone possibili sui Diritti Umani ed a sottolineare la funzione sociale ed educativa legata allo sport ed alla pratica di esso. L'idea di Nardi  si è sviluppata ponendo particolare attenzione ai giovani ed alle fasce deboli che dallo sport possono trarre spinta ed energia per crescere e migliorare il proprio status, rivalutando le capacità proprie di ogni individuo e la possibilità di realizzare sogni ed aspettative attraverso sacrificio, impegno e dedizione.

Daniele Nardi il 19 dicembre partirà per effettuare il terzo storico tentativo di scalare il Nanga Parbat (la nona  montagna più alta della Terra con i suoi 8125 metri situata in Pakistan) in inverno.

Impresa mai riuscita a nessuno nella storia dell’alpinismo.
Nonostante gli allenamenti sempre più duri Daniele Nardi non rinuncia a portare nelle scuole il significato e l’importanza della Bandiera dei diritti Umani. Quella di oggi (mercoledì 15 ottobre), a Latina, è stata l’ultima tappa di un tour che ha toccato tutte e cinque le province laziali.

Simbolo del PROGETTO è “l’Alta Bandiera dei Diritti Umani sulle Cime del Mondo”, vessillo che Daniele Nardi e l'associazione Arte e Cultura per i Diritti Umani ha ideato per coinvolgere i giovani e gli adulti sul tema dei Diritti Umani. Chiunque può apporre la propria firma sulla Bandiera, offrendo simbolicamente il proprio impegno verso la diffusione e il rispetto dei Diritti Umani. Daniele Nardi, in ogni spedizione alpinistica, porta con sé la bandiera per farla sventolare sulle più alte montagne del mondo, un gesto di grande forza simbolica. Attualmente l’Alta Bandiera dei Diritti Umani sulle Cime del Mondo è stata firmata da migliaia di studenti e personaggi dello sport e dello spettacolo.


3 ottobre 2014

comunicato dell'Associazione "Difendiamo Sezze"  difendiamosezze@libero.it

A tutela della setinità

Difendiamo Sezze, i Sezzesi, la storia e la millenaria cultura di questo paese.
A qualcuno sicuramente sarà sfuggito, ma a noi che cerchiamo di salvaguardre il patrimonio culturale, storico ed enogastronomico di Sezze non è passato certo inosservato. Lo scorso 16 settembre il "Quotidiano di Latina" ha pubblicato a pagina 18, un articolo a firma di E.F., dal titolo "Il prosciutto di Bassiano all'Expò". Nell'articolo si evince una nota di becero campanilismo e di odio nei confronti dei sezzesi e dei loro prodotti. Al grido "fieri di essere bassianiesi" vengono attaccati i carciofi e i broccoletti di Sezze: non solo ortaggi prodotti nella Pianura Pontina ma bensì emblemi di una comunità che con essi ha potuto progredire e affermarsi socialmente. L'obbiettivo dell'articolo è dunque quello di denigrare Sezze e i Sezzesi, rivendicando Aldo Manuzio...ma dimenticando gli illustri cittadini di Sezze, da Caio Valerio Flacco, a San Carlo, a Martufello.
Nell'articolo, infine, sia il sindaco che parla che il giornalista che scrive hanno dimenticato di ricordare che il carciofo romanesco coltivato a Sezze ha il marchio IGP mentre il prosciutto di Bassiano non ha ancora alcun marchio
Per il peso politico che oggi esprime Sezze è opportuno che una vicenda così sgradevole e gratuita venga dibattuta nelle sedi preposte per questo invitiamo il sindaco, l'assessore Regionale, Sonia Ricci, il Sottosegretario Sesa Amici, il segretario provinciale delPd Salvatore La penna, il Consiglio comunale di Sezze e tutte associazioni operanti in difesa e tutela della setinità ad intervenire su questa spiacevole vicenda. 


29 settembre 2014

di Lucia Fusco  luciafusco@hotmail.it

Scheggia di tempo, grande gemma

“Lucietta” 21 Agosto 2014

Come in un sogno… ma accadde nei primi anni Settanta… via Roccagorga, Suso… 
I due bambini lasciarono le biciclette nascoste nella siepe, spinsero piano il cancello di ferro nero, l’edera e gli spini ne trattenevano i cardini, a difesa di un piccolo giardino, incoronato da una vecchia pergola d’uva fragola. Nell’aria estiva profumo di fiori e frutta. Lucietta prese per mano Lidanuccio e lo guidò: <<Andiamo! Sta sempre chiuso qui!>>.
L’attimo dopo erano penetrati nel giardino, di fronte due vecchietti: l’anziana, vestita di scuro, i capelli raccolti in una crocchia, era in piedi, al riparo del sole sotto un grande albero, accanto a lei, il respiro faticoso, per il calore del primo pomeriggio assolato, di un volpino candido, dal pelo gonfio. Era piccola, sorridente, dalla voce vivace. Chiamò il marito, seduto sui gradini della loggetta: <<Hai visto? Ti lamenti sempre che siamo soli, sono venuti a trovarci dei bambini!>> Fragile, curvo, la camicia bianca con le maniche lunghe, il panciotto grigio e la kippah nera, lo sguardo serio dietro gli occhialini d’oro, lui fissò profondamente i fanciulli: <<Chi siete?>>
<<Buongiorno>> rispose Lucietta: <<Scusate se siamo entrati. Passiamo sempre davanti a casa vostra e non c’è mai nessuno in questo bel giardino; le finestre sono sempre chiuse così siamo entrati… ce ne andiamo subito!>> La signora esclamò: <<Ma no! Che bello che siete qui! Noi siamo sempre soli>>. <<Io sono la nipote di Paoluccio Mele…>>. Il vecchietto fece no con la testa. La signora spiegò: <<Non conosciamo più nessuno… siamo sempre soli!>>. E Lidanuccio: <<Matrema se chiama Mena!>> 
<<Caro, sono sicura che la tua mamma è una bella signora, perché anche tu sei bello! Come siete belli! Ora però andate, a casa vi stanno aspettando e si preoccuperanno se non vi vedranno tornare. Venite ancora, noi siamo sempre qui!>>
I bambini sorrisero, i fiori splendevano e gli uccelli cantavano in modo assordante: ammirarono quei due vecchietti, dai modi fini e delicati, dalla tristezza pacata e lieve, tanto diversi dai loro cari anziani che li aspettavano a casa. La vecchietta sorrise ancora una volta, dolce,ipnotica: gli occhi viola dell’Ombra s’immersero in quelli verdi della bambina, con amore, con energia. I due ragazzini camminarono all’indietro, come in un sogno, uscirono chiudendo il cancello carico di verde e di passato. Parlarono in modo superficiale a casa di quell’incontro, i grandi chiedevano sempre troppe spiegazioni: si sentivano contenti e turbati allo stesso tempo…
Lucietta e Lidanuccio passarono là, ancora e ancora, per i lunghi anni della loro infanzia, sempre trovarono il cancello e le imposte serrate, la ghiaia ferma e silenziosa. Non ne parlarono più neanche tra loro e impararono a dimenticare… 
Oggi mi piace ricordare ancora una volta: non fu un sogno, piuttosto una visione, una finestra schiusa sul mistero, alla quale due fanciulli hanno avuto il privilegio di dare un fugace sguardo puro, nel tempo bambino della loro esistenza…


8 settembre 2014

di Elisa Raimondi 

Canzone per un amico - in ricordo di Fausto De Angelis

In questi giorni ho lavorato molto nel mio giardino, ma non è stata la stessa cosa. Passare la carta vetrata, poi l’impregnante sulla staccionata di legno, tagliare l’erba, rimettere a posto le piante in un silenzio assordante, così assordante che ho dovuto romperlo, pompando musica nelle orecchie con le cuffie.

Mi è mancato vedere il mio amico, l’ultimo dei marxisti, come lo chiamavo io, spuntare sulla soglia, guardarsi intorno e poi mettersi lì a lavoricchiare e a chiacchierare di politica e di filosofia. 

Di Marx, di teologia, della storia politica della mia terra; di libri letti, commenti di articoli di giornali acquistati puntualmente ogni mattina all’edicola vicino casa.

Ad ogni discussione redarguirmi bonariamente, informarsi del lavoro e magari chiedermi di preparagli un caffè.

Fausto era così, un politico eremita, che nella vecchiaia aveva trovato, lontano dalla politica urlata, la sua dimensione filosofica. Ma certo, il suo passato ruggiva.

Non l’ho conosciuto come sindaco, consigliere o in qualsiasi altra carica da lui ricoperta, ma come vicino di casa, amico, nonno, marito e padre. Ho le foto della mia prima festa di compleanno a casa sua.

Me lo ricordo seduto a capotavola, nel suo rustico, gli occhiali da vista saldamente inforcati, accarezzare il cagnolino accucciato vicino a lui e intanto leggere L’Unità, la Repubblica e qualche quotidiano locale.

Chissà cosa avrebbe detto di questo governo Renzi; la triste fine editoriale de L’Unità lo avrebbe ucciso. Purtroppo l’ha fatto qualcos’altro. Ma il suo ricordo è sempre lì, nel rustico, a capotavola, a leggere e commentare con un ironico sorriso sulle labbra.


7 settembre 2014

di Lidano Lucidi 

Il ruolo della cultura e l'importanza della qualità della vita oggi

Le discussioni che mi stanno appassionando in questi anni sono i progetti legati al rilancio della cultura e alla qualità della vita. Non abito a Roma ne a Latina, ma i progetti di pedonalizzazione dell’area circostante al Colosseo con investimenti nel recupero della cultura della città eterna mi interessano molto più che dell’inondazione di promesse ed annunci di grandi rivoluzioni che non arrivano mai. Il progetto Ztl a Latina mi incuriosisce perché mette al centro del dibattito un nuovo modo di vivere la città. Non entro nel merito dei progetti perché in quelle città non ci vivo, ma il mettere come punto centrale la qualità della vita dei cittadini, la cultura, il recupero dei beni storici ed archeologici, la vivibilità dei parchi e degli spazi in cui le famiglie possano passare momenti in tranquillità lo trovo l’unica cosa interessante. Soprattutto in un paese che vive solo di annunci, di gente con l’elmetto in testa che spinge gli altri alla guerra.

Posso dire che a Sezze mi piacerebbe che si sperimentasse con costanza il progetto della domenica a piedi nel centro storico. Potremmo provare e vedere come va. Mi piacerebbe che il parco dei cappuccini la domenica chiudesse, la sbarra all’entrata c’è, in modo che i ragazzi e le famiglie possano passeggiare in tranquillità in un posto bellissimo. Ma non è il Comune che deve fare, sono contro l’idea dell’amministrazione impegnate a fare le manifestazioni. Meglio che il Comune affidi l’organizzazione all’associazioni, ai commercianti ai privati in generale. L’amministrazione dovrebbe fare da filtro, dare le concessioni, propagandare gli eventi, programmare gli stessi per evitare che lo stesso giorno ci siano più eventi che si fanno la guerra tra loro mentre in altri giorni non si fa niente, in modo da attrarre gente da fuori con una certa abitudine e non solo per i grandi eventi come la Sagra del Carciofo e il Venerdì Santo. Bisogna liberare ed agevolare la libera iniziativa di chi a voglia di fare. 

Mi piacerebbe che la domenica a Sezze Scalo si chiudesse la strada che va alla stazione ferroviaria così non si passeggia tra le macchine. Mi piacerebbe che i parchi venissero affidati in gestioni ad associazioni che hanno voglia di impegnarsi per la propria comunità e non nascono solo per vendere panini alla sagra del carciofo, o prendere qualche finanziamento pubblico. Mi piacerebbe avere parchi sempre puliti e multe salatissime per chi distrugge panchine, i giochi per i bambini o i cestini. Mi piacerebbe avere un’amministrazione che abbia un assessore alla cultura, perché a Sezze un assessore alla cultura non c’è. Mi piacerebbe un paese in cui le scelte siano condivise, discusse e non calate dall’alto, un paese in cui è la politica ad andare dai cittadini e non viceversa. Un paese in cui se uno decide si rischiare in proprio e si candida a gestire un impianto, i campi da tennis per intenderci, sia agevolato a fare e non ostacolato, anche perché  il Comune ci perde tra investimenti che rimangono in proprietà pubblica e soldi per l’affitto che avrebbe intascato più di duecentomila euro. 

Mi piacerebbe un paese che si riempisse meno la bocca della parola partecipazione e riattivasse la consulta dell’associazioni, ferma da molti anni e l’unica capace di mettere intorno al tavolo diverse associazioni. Si può riformare senza dubbio, dividerla per aree omogenee, ma non si può accettare l’idea di farla cadere nell’oblio. Mi piacerebbe un paese in cui si litiga, si polemizza, per migliorarlo, e non un paese ovattato, in cui ci si sforza a credere che tutto va bene, mentre assiste impotente che centinaia di giovani hanno la valigia in mano per cercare un futuro lontano dai propri cari. Nello stesso tempo mi piacerebbe anche che i giovani si lamentassero di meno e si diano da fare per migliorare il proprio paese, dedicando meno tempo a farsi i selfie e più tempo per la collettività, quella vera e non quella virtuale.


15 luglio 2014

di Giovanni Andreozzi 

La carcioffola nun va mai rubata, perché è gli frutto della verità

Tata, ogni vota che dicevo na bucìa
m'araccontava d'accome arivave a Sezze
la prima carcioffola.
Me diceua ca nel 1700
nu talo che si chiamava Italo,
aradducenne dalla Tuscia add'era stato pe' lavora'
si fermave a guarda' nu campo di carcioffole verdi e belle
che gl'occhi sei nun sapevono addó i' a para'.
Si fece na cica di coraggio,
e agli padroni degli campo
na pianta di carcioffole ci ive a 'ddommanna'.
"
Bongiorno Sor padro', i so' Italo
e gli paeso meio si chiama Sezze,
sta vicino Roma, 'mmeso alla palude".
"
Come la posso aiutar ?" Arisponnive quiglio bon'omo.
"
So visto sto beglio campo e mi so' 'nnamorato,
me la pu' da' ca pianta de carcioffole
ca 'gli paeso meio le vularia pianta' ?
Te le pago, sa' ".
Ci disse Italo sperenne alla bontà seia

ca i bocchi i teneva contachi pe' la famigliola.
Gl'omo c'arisponnive:
"Visto c'agli paeso teio t'ovo 'mparato
l'usanza d'addommanna'
te le darò senza nulla in cambio.
Vai pure nel campo e prendi i germogli che vuoi
perché quelli dovrai pianta' ".
Italo ringraziave i' bon'omo co' tanto di cappeglio
e acchiappave co' la mantella le pianticelle
e la via di casa aripigliave.
Quando arivave alle porte di Roma la Dogana papalina
i fermave e c'addommave:
"Mi dica signore, ha niente da dichiarare per il Papa ?"
"Niente" arisponnive Italo.
"Solo ca pianta di carcioffole
c'agli paeso me' voglio pianta' ".
"
E dove le ha prese ? Le ha forse rubate ?"
ci disse la guardia.
"No, me l'ha regalate nu signoro della Tuscia
addó steva a lavora'." C'arisponnive Italo.
La guardia allora ci dicive:
"Siccome la proprietà va d'accordo co' la sincerità
in nome del Papa
se su ditto la verità che ti pozzono aripiglia'
altrimenti te si pozzono secca'."
E’ pe questo caro figlio

ca le carcioffole a Sezze crescono 'n quantità.
e t'aricordo puro, caro figlio
ca chi dice bucìe è puro ladro
ca la carcioffola nun va mai rubata
perché è gli frutto della verità.


4 giugno 2014

comunicato di Luigi Tasciotti

Noi che eravamo... Piccoli - è la proposta dell'ass. Giotto

 
Osservare foto di quando eravamo bambini richiama alla memoria emozioni e pensieri che ci fanno tornare indietro con il tempo e ci fanno riflettere, mettendo a confronto le due realtà, quella di allora e quella di oggi. Per questo l’Associazione “GIOTTO” presieduta da Luigi Tasciotti in collaborazione con Francesco Marchionne e il gruppo facebook “Noi che eravamo…Piccoli”( un gruppo dove ognuno può pubblicare foto di quando era bambino) ha organizzato il 1° Concorso fotografico itinerante “La Bacheca di Noi che eravamo…Piccoli”. La Bacheca con affisse le foto sarà ospitata settimanalmente dai locali che partecipano all’iniziativa e i clienti potranno votare la foto più bella , tutti i voti verranno poi sommati alla fine del concorso, il 9 luglio alla Sagra della Bazzoffia in località colli a Sezze, dove saranno premiate le prime 15 foto. Il concorso sta riscuotendo un grande successo visto che alla 7° tappa 1000 persone hanno espresso il loro voto. 

I LOCALI E LE DATE Dal 16/04 al 22/04 VILUPI. Dal 23/04 al 29/04 TABACCHERIA FILIPPO TASCIOTTI. Dal30/04 al 06/05 KLADA. Dal 07/05 al 13/05 CENTRAL CAFFE’. Dal 14/05 al 20/05 LE DELIZIE DI LALLA. Dal 21/05 al 27/05 BLACK&WITE. Dal 28/05 al 03/06 VELO D’ORO. Dal 04/06 al 10/06 LEONE D’ORO. Dal 11/06 al 17/06 LA LIVELLA. Dal 18/06 al 24/06 BAR DELLA FORTUNA. Dal 25/06 al 01/07 ANGELETTI. Dal 03/07 al 09/07 ALLA SAGRA DELLA PANZANELLA&BAZZOFFIA. I premi 1° ANTIPASTO E PIZZA x2 PERSONE offerto da LEONE D’ORO
2° 1KG DI SALSICCE NOSTRANE SECCHE offerto da MACELLERIA GINO
3° 20 EURO BUONO SPESA offerto da TIPOGRAFIA ANGELETTI
4° SCHAMPOO E TAGLIO CAPELLI offerto da PARRUCCHIERE SANDRO
5) UNA CASSA DI BIRRA PERONI DA 66 offerto da ALIMENTARI GIANNINA
6) 1 KG DI DOLCI TIPICI DI SEZZE (mignon) offerto da DOLCI TIPICI DI SEZZE ANNA&MARIATERESA DI RAIMO
7) UNA TEGLIA DI PIZZA offerta da PIZZERIA LA FAVIA MIRELLA
8) UNA TEGLIA DI PIZZA offerta da PIZZERIA LA LIVELLA
9) BOTTIGLIA DI VINO ( valore 10 euro) offerta da ENOTECA GRAPPOLO D’UVA
10)UNA TEGLIA DI PIZZA offerta da PIZZERIA MARIA TERESA
11) 2 CONFEZIONI DI COCA COLA 1,5×6 offerto da …A TUTTO SCONTO!!!
12) 10 EURO BUONO SPESA offerto dal forno IL PANE DI ONELIA
13) 10 EURO BUONO SPESA offerto da PASTICCERIA LE DELIZIE DI LALLA
14) UNA TEGLIA DI PIZZA offerta da PIZZERIA I DUE LEONI PIZZERIA
15) CROSTATA DI VISCIOLE (media) offerta da PASTICCERIA BONTA’ SETINE
L’associazione culturale “GIOTTO” diretta da Luigi Tasciotti, nasce agli inizi del 2013, l’intento dell’Associazione è quello di far divertire il pubblico negli spettacoli che organizza e di dare la possibilità a chiunque lo voglia, di provare l’emozione del palcoscenico o del dietro le quinte. 
INFO: Luigitasciotti.altervista.org - Pagina facebook “noi che eravamo…Piccoli” - Youtube: Luigi Tasciotti. 


10 maggio 2014

articolo di Paola Di Veroli, mamma, insegnante, di genere femminile.

Azzurro o rosa? Questo è il problema!

Quote rosa sì, quote rosa no. Intanto potremmo iniziare una battaglia di genere parlando di quote azzurre sì, quote azzurre no. L’ironia serve a tranquillizzarmi…

Cosa dire di Sezze e della questione “genere”? La voglia è lasciar perdere, soprattutto dopo la vergognosa lettera che nel mese di marzo l’assessore Leggeri ha scritto alla consigliera Brandolini (prot. n 0006085 del 20-03-2014 categoria I classe 24 Uff. ASSE. 

Leggetela, soprattutto se avete bisogno di essere svegli; attenzione però al carico di nervosismo che potrebbe innescare). La consigliera, tra l’altro, aveva scritto al sindaco. Leggeri a che titolo ha risposto? Ha la delega alle Pari Opportunità? Cosa lo rende così esperto di “rosa”? Bando alle perplessità. I contenuti della lettera sono offensivi e lesivi della dignità di chiunque. Ne riporto stralci significativi:

-         l’applicazione delle quote rosa preclude una reale applicazione della totale meritocrazia”: ma da che parte stanno i rappresentanti da me eletti? Dalla parte della legge, che così prevede, o altrove, tra l’altro in buona e numerosa compagnia? E perché, quando a Roma c’era la giunta Alemanno, le forze di centrosinistra – Pd in testa – arrivarono alle vie legali per far rispettare la legge? Eh, la gloriosa autocrazia setina…

-         - “le quote rosa favoriscono la delegittimazione della figura femminile”: senza parole. Secoli di storia delle donne, delle battaglie e delle conquiste (Leggeri caro, si ricorda che in Italia le donne hanno potuto votare per la prima volta al referendum del 1946?) non possono essere svilite così. Ormai ritengo che a queste provocazioni non si debba nemmeno rispondere sul piano culturale. Come ormai non rispondo più quando da più parti si proclama l’inutilità delle letterature classiche: come far capire, ad esempio, che la tragedia greca era strettamente legata alla democrazia di Atene, anzi, ne era il principale collante? Medea chi? La questione delle donne ripudiate cosa? Avrei tanto da dire su questo, ma è un’altra storia.

 

Mi vergogno ormai dei rappresentanti setini del Pd: hanno sottoscritto una tessera di partito, hanno aderito ad uno statuto che promuove e sostiene concretamente la parità di genere, hanno fatto stravincere congressualmente Renzi che dà esempi evidenti di promozione del ruolo femminile e poi? Davvero qualcuno pensa che il Pd non abbia donne in grado di essere, almeno sulla carta, culturalmente e professionalmente preparate? Il problema è che la “meritocrazia” di cui parla l’assessore Leggeri – e temo che la lettera sia stata scritta a molte mani – si traduce per i nostri politici in “quanti voti porti”? 

Caro Leggeri, quando parla di merito intende una sorta di procedura concorsuale che lei ha affrontato per diventare assessore? Se è così, visto che il numero più alto di laureati ed eccellenze è rappresentato da donne, ci dica dove si fa questa domanda di partecipazione! Non mi risponda alle elezioni, perché ricordo che la Brandolini portò al Pd qualcosa come 250 voti (voto più voto meno) e il Pd la liquidò con un arrivederci senza grazie.

 

Volutamente interrompo il breve scritto, ognuno tragga le proprie considerazioni.


24 marzo 2014

di Vittorio Accapezzato

Il COMUNE APPLICHI LA LEGGE. FACCIA RISPARMIARE IL CITTADINO
La crisi economica non cessa minimamente e sono sempre di più le famiglie in difficoltà che per arrivare alla fine del mese sono costrette a rinunciare o ridurre persino gli alimenti. Il disagio economico aumenta velocemente. La diffusa incertezza occupazionale di molti concittadini offusca il futuro delle famiglie e della ripresa.
Diversi disoccupati, pensionati e operai sono costretti a scelte forzate dovute alla crisi, sia quando fanno spesa ma anche quando devono sostenere i costi per mantenere la casa: pagare l’affitto, il condominio, le bollette del gas, della luce, dell’acqua, dell’Imu e dei rifiuti. Se a queste spese aggiungiamo la multa per aver per aver sforato l'orario indicato sul ticket? Diventa oppressione e fa accrescere la povertà.
Le multe per divieto di sosta, soprattutto quando un Comune è povero di parcheggi, sono odiate dai cittadini che intendono parcheggiare regolarmente la loro auto. Le contravvenzioni che scattano per chi si è dimenticato di rinnovare il ticket orario, arrivando in ritardo di cinque o dieci minuti sono amare da digerire perché alla pari di quelle poste a parcheggio selvaggio. 
E' di questi giorni la notizia clamorosa: le multe fatte per divieto di sosta per aver sforato l'orario indicato sul ticket, sono nulle. Non più multe quindi, per chi omette di aggiornare l’orario con nuovi ticket la sosta a pagamento della propria automobile.
A stabilirlo è stato un parere tecnico-legale emanato dal Ministero delle Infrastrutture il che recita: «pagamento in misura insufficiente non costituisce violazione di una norma di comportamento, ma configura unicamente un’inadempienza contrattuale». Pertanto, nei casi di pagamenti in misura insufficiente, l’inadempienza implica il saldo della tariffa non corrisposta e un’eventuale multa non è giuridicamente giustificabile. A differenza di altri che fanno resistenza e non intendono mollare, alcuni Comuni si sono già adeguati.
Ora, l’amministrazione comunale non può fingere di non sapere e, conseguentemente, deve adottare azioni concrete per rispettare le regole sui parcheggi a strisce blu per non complicare ulteriormente la vita ai propri concittadini.
Il rapporto cittadino e istituzioni deve essere il più virtuoso possibile. Ora, spetta alla maggioranza e minoranza consiliare, con l’inizio di aprile, accogliere il provvedimento del ministero delle Infrastrutture ha chiarito senza equivoci: se il biglietto del tiket è scaduto, non si può più multare, ma semplicemente versare la differenza che copre il periodo sforato dal tagliando.


23 marzo 2014

di Lucia Fusco  luciafusco@hotmail.it

Miserabili

Da giorni e giorni al telegiornale parlano di “prostitute bambine”, di “madri incapaci di educare” e amenità varie. Come donna, madre e come persona vorrei sentire parlare di pedofili che molestano e violentano delle bambine dodicenni, invece niente... I nostri giornalisti, i politici, il clero, gli intellettuali si adoperano per consolidare una restaurazione del pensiero e dei costumi che per me, “veterofemminista”, è sconcertante; mi fa soffrire, mi fa sentire calpestata, così com’è stata calpestata la vita della piccola Giuseppina, protagonista di questo racconto.
Mio nonno Paolo mi raccontava che negli anni Venti, a Suso ci fu un efferato delitto, custodito da tutta la popolazione... I tempi non sono molto cambiati. 

E’ più facile stare dalla parte del potente… 
In quegli anni, nella casa di mio nonno Paolo, in via Murolungo, a Suso, c’era la scuola pluriclasse, condotta dai maestri Nardacci e De Angelis. Un giorno, il maestro De Angelis avvisò gli alunni di vestirsi nel migliore dei modi possibile, (con gli stracci migliori), di lavarsi e pettinarsi, perché il giorno seguente sarebbe venuto in visita il Direttore Tasciotti e avrebbe fatto loro una fotografia! Questa foto è nel salotto di mia mamma: mio nonno frequentava la seconda classe elementare, il suo ultimo anno di scuola. Indossa una giacca con le toppe, le ciocie ai piedi, è serio e orgoglioso; con lui una quarantina di bambini, maschietti e femminucce insieme, nessuno sorride. Sembra un altro mondo, fatto di rattoppi, cenci, lacci… La piccola Giuseppina, figlia unica, indossa un bel foulard bianco. E’ piccola, carina, delicata. Da lì a poco tempo stava per caderle addosso il mondo e non lo sapeva… 
Senza presentimenti, un brutto, terribile giorno, il primo di tantissimi, Giuseppina lo visse che aveva otto anni. Mentre il papà lavorava nell’orto di casa, la bambina pascolava la capra alle pendici del Monte Nero. Il papà, zappando, la controllava con un rapido sguardo, e ogni tanto si salutavano con il braccio alzato. All’improvviso, l’uomo sentì delle urla acutissime e non vide più in lontananza l’esile figura bambina di Giuseppina. Cominciò a correre impazzito e in pochi minuti raggiunse il pascolo.
Vide in volto un brutto ceffo che fuggiva. Lo riconobbe, ma non lo inseguì: la bambina giaceva a terra, le vesti stracciate. Il sangue le lordava le gambe, la pancia, le mani, il piccolo volto. La raccolse tra le braccia e insieme piansero e urlarono di rabbia e di dolore. 
Mio nonno, compagno di scuola di Giuseppina, arrivò anch’egli al pascolo con la mucca, lì vicino. Sentì il pianto accorato e le grida dei due, corse verso di loro, e vide, con i suoi occhi fanciulli, Giuseppina in braccio al papà, entrambi coperti di sangue: ne rimase sconvolto, tanto che, ormai vecchio, continuava a ricordare questa storia con infinito dispiacere.
Il padre non andò dai carabinieri. Paura, vergogna e ignoranza gl’impedivano di cercare Giustizia. Pensava di potersi vendicare dell’atto disumano che la bambina e la famigliola tutta avevano dovuto subire. Ma il dolore lo soverchiava così potentemente che morì di crepacuore pochi giorni appresso alla violenza, lasciando Giuseppina e la mamma da sole, senza Giustizia, senza vendetta, senza futuro. 
La brutalità di quell’atto aveva ucciso la purezza di una bambina e uccise il padre, uomo buono e semplice: la mamma restò a combattere da sola la lotta per la sopravvivenza, lavando per pochi “bocchi” i panni dei vicini alle fontane. Giuseppina non frequentò più la scuola, coperta di “vergogna” e di “colpa”. Passarono pochi anni, morì la mamma, e Giuseppina, ancora piccola, restò sola. 
L’unica strada che le fu permesso di percorrere per sopravvivere, in quella società arcaica e crudele, fu quella della prostituzione. Era impensabile che una bambina stuprata potesse diventare una donna da sposare e formare una famiglia. Approfittarono così di lei, povera, giovane, bella e miserabile, continuando a violentarla, centinaia di uomini senza pietà, miserabili senz’anima. 
Ma Dio posò finalmente il Suo sguardo su di lei. Negli anni seguenti Giuseppina divenne madre di due figli: Augusto e Gina. Giuseppina li crebbe e li amò come un dono del Cielo, li educò a pane e scuola. Furono la sua forza e il motivo per continuare a vivere, in mezzo al deserto di quella gente senza cuore.
Giuseppina morì giovane, a nemmeno sessanta anni, lasciando ai figli il dono dell’amore e dell’accoglienza.
E il bruto, il brutto ceffo? La gente aveva paura di lui perché era un mafiosetto, un prepotente, un piccolo potente, perciò tutti finsero di non sapere ciò che aveva fatto all’innocente Giuseppina. Quel delinquente rimase libero, si sposò, ebbe figli. Ma tutta la sua generazione, ancora oggi, è tarata dal marchio della violenza, dell’arroganza, della deformità fisica e morale.
Vorrei un mondo umano, un mondo di persone adulte, sagge, oneste, civili. Continuo a sentire la notizia che uomini di cinquanta e sessant’anni frequentano “prostitute bambine”. Non ce la faccio… scusate. Perché non si riesce a vivere una sessualità più umana, meno brutale? Perché non si considera l’altro una persona con delle emozioni, sentimenti e non un corpo da usare? Non ci sono alternative a una sessualità malata ma travestita da vittoriosa? Per amore verso Giuseppina e verso le bambine di ieri e di oggi ho raccontato questa storia.


18 marzo 2014

di Lucia Fusco  luciafusco@hotmail.it

Santa e la famiglia egoista
Quando eravamo ragazzine mia nonna Lidia dava “i comanno” e mandava a piedi alla “bottega” di Filomena me e mia cugina Paola, a comprare zucchero, sale, farina, quello che le mancava. Da Via Murolungo a Via Roccagorga a piedi, anche più volte al giorno, ogni volta che le serviva qualcosa.
Noi, tipette dalla gamba svelta, eravamo ben felici di andare, di osservare il mondo intorno a noi e, passando salutavamo tutti i vicini sulla strada; qualcuno ci invitava ad entrare, ci offriva da bere, qualcun altro mandava frutti e saluti a Lidia… passavamo vicino a una casina pulita ed umile, con un fazzoletto di terra davanti, sempre pieno di fiori dentro barattoli arrugginiti di pomodoro. Nel povero giardino c’era quella che, a me ragazzina, sembrava una vecchIa. Al nostro passare saettava un sorriso timido, distoglieva subito gli occhi tristi, rispondeva al saluto senza mai parlare. Spesso si stava pettinando i lunghi capelli neri e li attorcigliava nella crocchia tipica delle nostre donne. 

Tornata a casa chiedevo a mia nonna chi fosse quella donna misteriosa, e perché non ci guardasse mai, perché fosse sempre così silenziosa e uggiosa. Mia nonna diceva: <<Fì, chella è Santa, mò si mammoccia, non poi capì, capirai quanno sarai grossa, mò n’ ci penza’…>>
Santa era una signora piccola, tondetta… abitava in una casupola a Suso, alla Crocetta. Aveva due figli, il marito era “rattoppino” cioè era ciabattino. I guadagni erano miseri e la fame tanta. Dal mese di maggio a ottobre, però, a casa di Santa la notte si mangiava… perché dalla mattina presto alla sera, ormai buio, Santa era occupata a tutto servizio in una famiglia benestante che andava a passare la villeggiatura in campagna. 

Non erano cattivi, erano allegri, contenti e sazi, indifferenti alla miseria intorno a loro. La mattina presto Santa lavava a mano i panni di una famiglia di otto persone, preparava la colazione, accudiva alla casa, preparava il pranzo, molto spesso accendendo il forno a legna, per preparare pane, pizza, arrosti, patate, pasta al forno, in abbondanza. Dopo mangiato, mentre i signori riposavano, Santa rigovernava la cucina e preparava un fagotto con i cibi avanzati. Quello era il suo compenso: pranzo e cena per se’ e la sua famiglia. Più tardi lavorava in giardino e nell’orto, stirava i panni del bucato, rigovernava di nuovo le stanze e preparava per la cena. 
Apparecchiata la tavola per la cena, la povera donna avrebbe voluto tornare a casa per riposare, accudire i suoi bambini, la famiglia, e mangiare con loro in un orario “cristiano”, ma la famiglia egoista la tratteneva fino a buio inoltrato con la scusa di ultime faccende domestiche. Così Santa tornava a casa tardissimo, e insieme al marito e ai bambini mangiava ormai “ a notte”.
Il salario della domestica quindi erano i cibi avanzati, che i signori non avevano consumato. Santa si considerava comunque fortunata perché altri non avevano niente. 

La vita è stata dura con lei: suo marito è morto all’improvviso lasciandola sola con due bambini piccoli da crescere; ha continuato ad affrontare la vita, umilmente lavorando, e quando non c’era lavoro faceva l’erba pazza nel prato. Mia nonna Lidia aveva la mucca e vendeva il latte: quando i bambini di Santa andavano a giocare vicino a casa sua, di nascosto ai suoi familiari e soprattutto alla suocera Filomena che avrebbero potuto rimproverarla, faceva bere loro un bicchiere di latte, perché aveva pena di quegli orfani, sempre affamati, e dava loro una patata che nascondevano sotto la maglia. 

Mia mamma aveva sei anni e si meravigliava: <<Mà, che ci fao co na patata sola?>>, <<Zitta, Pierì, ‘n ti fa atticchià, Santa la mette alla menestra e ci dà sapore…>>. 
Oggi quei bambini sono uomini anziani, hanno una famiglia e non so se abbiano piacere a ricordare il passato. Per questo ho cambiato il nome di questa eroina umile e coraggiosa… 

Santa vive ancora nella sua casina… sola, vecchissima, coraggiosa, mi dicono con una pensione di 450 euro al mese. La famiglia dei ricchi egoisti è finita piuttosto malamente. Si sono allontanati tra loro e vivono distanti, il benessere senza giustizia ha dato loro una vita senza spinte verticali, la casa della villeggiatura è stata abbandonata, deserta come i loro cuori quando non permettevano a Santa di tornare a casa dopo una giornata di lavoro gratis, come le tasche di Santa che lavorava senza compenso, e riceveva un’elemosina in cambio delle sue fatiche. Santa ha accettato questa violenza per sfamare se’ e i suoi bambini, per estremo bisogno. Quel mondo è ormai risolto, molte di quelle persone riposano per sempre, ma l’eco di quelle vite rimbomba forte in me e mi spinge a scrivere e a raccontarvi le loro povere storie…


12 marzo 2014

di Lucia Fusco  luciafusco@hotmail.it

Tomassino
Nella primavera del 1947 mia madre doveva compiere cinque anni. Nell’unica foto che ha di quel periodo è piccola, fragile, i vestiti poveri. Ma, per la mia famiglia, una sera di quella primavera fu una delle più belle di tutta la vita, di quelle che non si dimenticano. La mia bisnonna, Filomena Calazi, attendeva ogni giorno un miracolo: suo figlio era partito per la guerra sette anni prima e non aveva più dato notizie di se’. Il cuore dell’anziana madre era straziato e nonostante lavorasse incessantemente per la sopravvivenza propria, dei suoi figli e nipoti, era sempre piena di dolore. Mia mamma ricorda che pregava sempre il Santo Rosario e il suo sguardo si fissava verso la Crocetta, dove c’era la strada principale che unisce ancora oggi Sezze e Roccagorga, sognando il ritorno del figlio Tomassino.
Un pomeriggio di primavera la figlia di Filomena, Luisetta, giovane sposa, saliva le coste di Sezze sul carretto tirato dai buoi; guidava il marito Eugenio, un “giovane fatto col pennello”. Il carretto era lento perché c’era la breccia e poteva avanzare soltanto lentamente… improvvisamente Luisetta, indicando un uomo che indossava una trasandata, lacera divisa da soldato e camminava un centinaio di passi in salita davanti a loro, disse al marito: <<Euge’, quiglio pare tutto Tomassino… porta puro la diuisa… abbada come sgamma…>> ; Eugenio stava per risponderle che quello non era Tomassino, ma soprattutto come faceva lei a riconoscere la camminata di un fratello che era partito sette anni prima, giovanotto, (era del 1918) e che ora era uomo, e che lei era solo una bambina quando era partito?
Ma non fece in tempo ad aprire bocca perché Luisetta balzò, con la forza dei vent’anni, giù dal carretto, chiamando: <<Tomassino, Tomassino me’!!!>>. Il soldato si girò subito e le sorrise, gettando per terra lo zaino che portava in spalla. I due fratelli si abbracciarono e si baciarono, gli strilli fatti di lacrime e gioia di Luisetta arrivarono in Paradiso… Tomassino non ce la faceva a parlare, solo con gli occhi e con gli abbracci rispondeva alla sorella. Lo lasciò sul carretto con Eugenio e si precipitò verso casa, per dare la notizia alla mamma, a tutti!
Correndo, per tutta la strada dava al vicinato la notizia, col fiato in gola, sempre le stesse poche parole magiche: <<Tomassino ha tornato, ha tornato>>. Arrivò a casa in pochi balzi, senza voce e con una piccola folla appresso a lei… <<Filume’, ha tornato Tomassino!>>. L’anziana madre non voleva crederci, le mani in petto, ascoltò le parole di Luisetta. Andò a pettinarsi, si lavò la faccia, si mise lo zinale pulito e si sedette, lo sguardo alla Crocetta per catturare la luce che gli riportava il figlio dopo sette anni. Fece portare fuori dalla cucina il tavolo, fece prendere la damigiana di vino rosso che Tommaso stesso aveva lasciato per il suo ritorno, tagliarono tutto il pane e il formaggio, in attesa di Tomassino.
In realtà il figlio era stato a Dubrovnik, in un campo di prigionia degli Jugoslavi, e in seguito raccontò che stavano chiusi in una valle senza sole, senza pane, senza speranza. Durante la guerra la casa di Filomena era diventata sede del comando tedesco, e tutt’intorno alla Crocetta c’era l’accampamento dei soldati. Nel raggio di molti chilometri quella era l’unica casa in pietra, intorno c’erano baracche a fratticcio, scendì e capanne. Era stata sede della scuola elementare dove, ad insegnare, stava il maestro Tasciotti. Filomena, col nemico in casa, per non perderla del tutto, per sopravvivere e difendere se’ stessa e la piccola comunità intorno a lei, organizzava dei gruppi di donne che facevano bollire le divise dei soldati tedeschi in acqua bollente e cenere, per uccidere i pidocchi. I soldati tedeschi razziavano continuamente le case intorno: olio, animali, uova, coperte, tutto quanto potesse essere utile veniva confiscato. Qualche vicino aveva rischiato la fucilazione per aver negato il cibo e Filomena era accorsa, fermando i tedeschi, ricordando loro che quelle donne li tenevano puliti, ricordava loro che i loro uomini e i loro figli grandi erano al fronte, lei stessa ne aveva tre al fronte! Non dovevano toccare nessuno: erano tutti figli suoi.
In famiglia, ci siamo sempre chiesti e ce lo chiediamo tuttora, come e dove avesse potuto nascondere la damigiana del vino ai tedeschi!!! Diavola di una Filomena!
Quella sera Tomassino, un tempo alto e bello, ora irriconoscibile per la fame e il freddo patito, con una malattia della pelle che si portò avanti per lungo tempo ancora, accolse l’abbraccio della mamma e di tutta la comunità di e di sezzesi tutti che accorrevano per salutarlo, festeggiarlo e per chiedere notizia di tanti giovani scomparsi… Trovò la sua damigiana di vino, vecchia ormai di sette anni, non ci poteva credere… Tutta la notte bevvero e mangiarono, raccontandosi emozioni e sentimenti, le lacrime lasciarono il posto al riso e alla speranza.
Tomassino per lunghi mesi non riuscì a lavorare, era stremato, era tornato a casa a piedi, dopo anni di prigionia. Mia mamma ricorda che si lavava fuori di casa, a torso nudo anche quando faceva freddo. Si passava sul corpo acqua bollente e varechina. I bambini lo fissavano spaventati e lui diceva loro di non farlo mai: <<voi siete sani, io devo guarire la mia pelle!!!>>. Lui non parlava dialetto: ci teneva moltissimo a parlare italiano “perfetto”… Una volta guarito cercò una sposa: non era più un ragazzino, anche se era ancora un bell’uomo. La mamma a lungo dovette convincerlo: aveva bisogno di sposarsi, di avere dei figli, una normalità, un futuro. 

Dopo averci pensato un po’ s’innamorò di una bellissima donna: Nunziata, alta e mora, un tipo fiero, forte, con un sorriso dolce. Si amarono con forza e con passione, così come affrontarono la vita e il lavoro. Ebbero quattro figli, due maschi e due femmine. Ebbero tanta dolcezza ma anche tanto dolore. Ma questa è un’altra storia.


3 marzo 2014

di Raffaele Imbrogno  r.imbrogno@tin.it

Su&Giù

Nel numero di gennaio/febbraio 2003 di una interessante rivista locale Su&Giù partorita dalla fertile mente di Pietro Contento, provavo a scrivere qualcosa relativamente al naufrago del nuovo secolo, prendendo spunto sia da un libro di Serge Latouce (uscito in quei giorni), sia dalla situazione dei molti stranieri presenti su territorio setino. L’immagine molto accattivante che accompagnava il testo era un cartello stradale con su scritto Sezze Rumeno. Ricordo che qualcuno fraintendendo furbescamente sull’essenza dello scritto e girando intorno a questo immagine, alzo delle critiche molto deboli ed inutili. Ma adesso ripensandoci una cosa fu sbagliata: non registrare questa specie di marchio. Si perché dopo diverso tempo è stata da poco pubblicato un testo dal titolo Benvenuti a Sezze Rumeno (politiche di sicurezza e immigrazione del comune di Sezze Romano), scritto da Luigi Fattorini ed edito a fine 2013 per i titoli Book Sprint edizioni. Il testo di più di 260 pagine, rappresenta il lavoro di tesi di Fattorini per la Facoltà di Scienze Politiche Sociologia e Comunicazione. Fattorini è nato a Sezze dove ha vissuto per anni ed oggi è Ispettore Capo della Polizia di Stato.

Il lavoro è una ricerca qualitativa e quantitativa sulla relazioni esistenti tra le politiche di sicurezza adottate dal Comune di Sezze ed il fenomeno migratorio in particolare per gli anni 2000 – 2011. Un testo che va ad illuminare una realtà di cui si parla molto nel nostro paese ma che poi pochi conoscono nella sua complessa realtà e nelle sue mille sfaccettature. 

Dai dati mostrati nel testo emerge che a fronte di una popolazione che dal 2005 al 2010 è passata da 22.924 residenti a 24.790, la componente residenti stranieri è passata da una incidenza percentuale di 5,1 (1.179 in totale) a 12,4 (3.066).                                                                              

“La presenza di stranieri nel comune di Sezze rappresenta un dato eccezionale se comparato agli altri comuni della medesima provincia che, pur essendo stai anch’essi interessati da un massiccio fenomeno migratorio, non hanno registrato un così elevato numero di stranieri, rispetto alla popolazione totale.” (pag. 99). Una popolazione di residenti stranieri che vede i rumeni rappresentare il 65,79% sul totale, seguiti a distanza dagli albanesi con l’8,81%.

Nella parte dell’indagine qualitativa del libro vengono raccolte dall’autore alcune interviste a degli opinion leader e a degli esperti del fenomeno. 

Tra questi spiccano le considerazioni di Antonio Turri responsabile per il Lazio dell’Associazione Libera relativamente alla possibilità di contaminazioni tra il fenomeno migratorio ed il crimine organizzato a Sezze.

“Al di là delle differenti visioni che si possono avere sul fenomeno migratorio in generale, nel comune di Sezze, nell’ambito del mercato del lavoro, si sono consolidati dei comportamenti palesemente in contrasto con l’ordinamento giuridico ma che sembrano essere accettati e tollerati da tutta la cittadinanza ‘assuefatta’ a convivere con situazioni di lavoro nero. … ma c’è la mafia nei cantieri edili, c’è la mafia che io chiamo di contaminazione, cioè lo sfruttamento della manovalanza rumena, soprattutto nel settore dell’edilizia e nell’agricoltura, che è, di per se, mafiosa, anche se non è svolta da elementi di Casal del Principe, tiene conto di quello, una sorta di riduzione in schiavitù di interi pezzi della popolazione migrante che si trova nel nostro Paese e che vien da altere realtà. A Sezze questa è la negatività di Sezze, ci sono dei lestofanti, definiamoli così, dei delinquenti, formalmente delle persone ‘per bene’ che la mattina fanno caporalato, anche in forma mafioso, che portano a lavorare le donne sui campi prendendo una parte, una percentuale della loro già misera giornata di lavoro. Questo è visibile a Sezze basta andare nelle piazze di raccolta la mattina verso le 4 o le 5.  Alcune persone sono caporali loro connazionali, altri sono nostri connazionali, come una sorta, diciamo di assuefazione al fenomeno che è totale…”. (pag. 134.)

Considerazioni importanti sono presenti lungo tutto il testo e sarebbe bello che qualche Associazione delle tante attive (qualche volta fin troppo) del nostro territorio inviti l’autore a presentare il suo scritto in una assemblea pubblica.


17 febbraio 2014

articolo di Luca Morazzano - pubblicato da Mondo Re@le

"Sei di Sezze"; più di un flash mob e oltre il gruppo di Facebook

Mentre in macchina percorrevo i chilometri che separano Maenza, il paese dove oggi abito, dalla mia Sezze, tra i tanti pensieri nella testa, c’era quello che il primo Flash Mob del gruppo Facebook “Sei di Sezze” potesse rivelarsi un flop. La paura era quella che, per l’ennesima volta l’abisso tra il dire e il fare si rivelasse incolmabile. In questo caso che dallo scrivere comodamente seduti a casa o al lavoro, barricati dietro una tastiera e uno schermo di computer, e il levare le “ch…pe” dalla sedia di domenica, in un orario, diciamocelo pure, un po’ scomodo, e andare di persona al monumento per partecipare da un evento nato così, quasi per gioco fosse ben altra cosa. Di domenica ci sono i pranzi luculliani in famiglia che alle 14 sono ancora in corso, alle 15 ci sono le partite da seguire comodamente spaparanzati sul divano davanti alla tv. Eppure la cosa ha funzionato, forse complice il bel tempo. 

Evidentemente, così come è parso giusto al sottoscritto, prendere la macchina e raggiungere il Monumento (Parco della Rimembranza), lo stesso è stato per tanti altri, oltre 200 persone, che hanno partecipato. Certo poteva andare meglio visto che sul gruppo gli iscritti sono intorno ai 2500 ma non bisogna disdegnare il risultato. Logistica, organizzazione, diffusione della notizia, orario e via dicendo, non sono state delle migliori; potevano e dovranno essere migliorate. Innanzitutto bisognerà coinvolgere chi su facebook non c’è e a chi il gruppo social lo frequenta bisognerà dare maggior preavviso e maggior margine di organizzazione. Innanzitutto bisognerà coinvolgere tutte le fasce d’età. Ma già che si parla di ciò che si dovrà fare, lascia presagire l’esito positivo. Perché lasciar morire una cosa così, nata spontanea, in un paese dove si è lasciato morire già troppe cose, non sarebbe giusto. 

Si pensa a costituire un’associazione, all’organizzazione del prossimo evento, magari allietato da musica, balli, recite, letture e di più giorni. La giornata meteorologicamente stupenda ha fatto il resto regalando la miglior cornice alle foto che hanno immortalato un evento di cui forse, nei prossimi anni, si parlerà nonostante non c’erano le istituzioni, non c’era la cultura quella con la C maiuscola dei capacchioni, niente poesie, niente libri, ma c’erano i sezzesi con la voglia di ritrovarsi insieme, uniti da tradizioni comuni, un comune dialetto e il desiderio di tornare a vivere Sezze. Se questa voglia resterà, se il gruppo di facebook continuerà a rappresentare un punto di incontro e uno scrigno in cui riversare aneddoti, ricordi e racconti, quello che è nato per gioco, potrà si diventare cultura popolare, quella più vera e che è di tutti.

Questo il link del gruppo Facebook.

15 febbraio 2014

articolo di Simone Di Giulio - pubblicato da Mondo Re@le

“Sei di Sezze se…” su Facebook, arriva anche il Flash-Mob

Continua a mietere proseliti il gruppo Facebook “Sei di Sezze se…” che, oltre ad aver coinvolto sul più famoso social network quasi 2.300 utenti, adesso rilancia organizzando per domani, domenica 16 febbraio, un Flash-Mob. L’iniziativa è stata proposta dagli amministratori del gruppo ed ha immediatamente raccolto tantissime adesioni. Oltre 1.500 le persone invitate, 100 delle quali (ma è un numero inevitabilmente destinato a crescere) hanno già confermato la loro partecipazione. Sede di quello che molti (tempo permettendo) si aspettano come un grande raduno di setini sarà il Parco della Rimembranza (meglio conosciuto come Monumento), luogo di ricordi e di storia del paese, con la statua, il fossetto, il muretto, la pista. 

Obiettivo dell’iniziativa è quello di scattare una foto da tramandare ai posteri, come le tante fotografie che in queste ultime 72 ore molti utenti stanno postando sulla bacheca del gruppo. Si va dall’Anfiteatro ancora in fase di costruzione, a momenti ludici all’interno dei vicoli, fino a momenti più recenti, biglietti di concerti, scorci del paese che prendeva vita. E ad ogni foto o post che si inserire sulla bacheca arrivano a fiume i più classici “MiPiace” o commenti di ogni genere. L’appuntamento per tutti è alle 14 al Monumento e c’è già chi si mangia le mani per non poter essere presente a causa di impegni presi in precedenza. Anche se gli organizzatori hanno assicurato che, qualora l’esperimento dovesse andare bene, ci sarà sicuramente un bis. Ecco il link dell’evento programmato per domani.

12 febbraio 2014

articolo di Simone Di Giulio - pubblicato da Mondo Re@

Boom di contatti per il gruppo Facebook “Sei di Sezze se…”

Boom di contatti, di condivisioni, di “MiPiace” e di commenti ai post per il neonato gruppo “Sei di Sezze se…”, creato ieri mattina da un utente del più utilizzato social network, Alessandra Ciampini. Seguendo l’ultimo trend che ha visto la realizzazione di gruppi molto simili a questo, anche i setini si sono dotati di uno strumento utile anche a rinverdire la memoria storica, il dialetto, i ricordi ormai sbiaditi o addirittura completamente cancellati dalle menti di molti. E i risultati, nella reale accezione di ‘sociale’, sono arrivati subito. In nemmeno 24 ore il gruppo (complice il passaparola e la possibilità di iscrivere altri utenti senza una richiesta specifica) ha raggiunto quasi 1.500 utenti, che nel corso della giornata di ieri e della mattinata odierna hanno postato, commentato, condiviso pensieri, frasi (la maggior parte delle quali in dialetto), proverbi, modi di dire tipicamente setini (o sezzesi per restare in tema) e addirittura molte foto. Si va dai ricordi degli anni ’50 e ’60 fino ai più attuali, con un occhio di riguardo verso gli anni ’80 e ’90, chiaro segnale che i trentenni e i quarantenni di oggi tengono a sottolineare lo stacco generazionale che si è verificato rispetto ai giovani del nuovo secolo. Insomma un esperimento riuscito, nato casualmente, ma che potrebbe riservare interessanti spunti e che, comunque la si voglia vedere, tiene vivi ricordi sui quali probabilmente non è il caso di far calare l’oblio.


11 febbraio 2014

di Raffaele Imbrogno  r.imbrogno@tin.it

Razze locali in via di estinzione
Manifesto la mia più totale ignoranza sul tema, quindi lo chiedo a voi tutti: esiste un WWF dei vigili urbani setini?
Si perché sono molto preoccupato, in quanto da tanto tempo (eppure esco da casa in svariati orari, mai gli stessi) difficilmente ho la possibilità di incontrare sulle vie che frequento (quelle del centro del nostro bel Paese) qualcuno dei rappresentanti di questa razza a mio avviso in chiara estinzione. Eppure non ho avuto modo di ascoltare grida di preoccupazione per questo triste fenomeno. Ritengo, e non per piaggeria, le forze di polizia locale le più importanti per una popolazione, in quanto ne condividono, o dovrebbero condividere, la difficile quotidianità dei nostri giorni. Sono per me i principali paladini del vivere tranquillo e pacifico di una comunità, le sentinelle a custodia di una convivenza civile che ci appartiene. Allora perché nessuno fa nulla per garantire la sopravvivenza e presenza per le vie della nostra cittadina di soggetti così importanti? Vengono rapiti da monotoni uffici e dedicati ad attività così lontane dalla loro grande missione e dal loro habitat naturale? Bene qualcosa va fatto e lancio una pubblica petizione per far partite un ripopolamento dei vigili urbani sul territorio setino. Non so quale Ente deve far ciò, ma nell’ignoranza invito il Consiglio Comunale ed il Sindaco a farsene carico. Sono fondamentali i vigili soprattutto per evitare che alcune vie tra cui quella dove vivo diventino impraticabili. Infatti, come già scritto altre volte (chiedo venia per la noia che provoco) in Via Piagge Marine domina la razza del parcheggiatore “faccio come ca… mi pare”. Una razza molto molesta e perniciosa. Soprattutto quando si ammanta della deprecabile scusa che per lavorare (ma esiste ancora questa noiosa attività chiamato lavoro?) devono parcheggiare in modo tale da bloccare il traffico, come se chi si muove in auto sulla stessa via lo faccia per puro diletto ed amore del consumo del petrolio. Macchine parcheggiate sulla curva che porta al vecchio Anfiteatro (se si chiama ancora così quello che fu un bel terrazzo sulla pianura pontina ridotto adesso ad ammasso di macerie), camioncini in sosta perenne sulla discesa che porta all’asilo nido ed alla stazione dei soggetti in via di estinzione, camion di ogni forma e specie davanti ad un bar in rifacimento da molto tempo, mille auto davanti ad una sala scommessa dove forse scommetteranno per quanto tempo possono stare lì parcheggiati in doppia e tripla fila senza prendere una multa … forse….
Parlo di questa via perché è quella che conosco meglio e mi scuso se sono sempre sul particolare, ma odio i tuttologi o coloro che parlano di tutto e di niente sanno. Se voi siete a conoscenza di altre strade soggette all’attacco di certi predatori segnalatele vi prego.
In conclusione vi chiedo di nuovo di sostenere una grande campagna a supporto della liberazione sul suolo setino di nuovi soggetti della necessaria razza del vigile urbano. Grazie!!


15 gennaio 2014

comunicato del 20 dicembre 2013  info@pietrocontento.it 

Un'orchestra per Sezze


8 gennaio 2014

di Raffaele Imbrogno  r.imbrogno@tin.it

Lasceremo un paese più brutto di quello che abbiamo trovato

Una volta un indice molto grezzo per giudicare una comunità, un paese, una città era verificare se dopo un certo periodo di tempo la vita fosse migliorata o no da quelle parti.

Se si vuole applicare lo stesso metodo oggi per il nostro Paese la valutazione è nettamente negativa: lasceremo un Paese molto più brutto di quello che abbiamo ereditato dai nostri bisnonni, nonni e genitori.

E la colpa è solo la nostra, di quelle generazioni che negli ultimi trenta anni hanno vissuto, governato per modo di dire Sezze. L’idea del bello, del bel vivere è definitivamente tramontata nonostante un gran parlare di cultura e suoi affini. Ma forse gli intellettuali a Sezze sono tutti fuggiti da molti anni.

E non può essere una scusante sapere che viviamo in una provincia disastrosa: ottantatreesima per qualità della vita nella speciale ed autorevole classifica del quotidiano Il Sole 24 ore (http://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2013/home.shtml).

Centoquattresima sui centosette per sicurezza ed ordine pubblico e novantesima per Servizi e ambiente. Ma non diciamo sempre che Latina è Latina ma Sezze…. Sezze cosa? Lo chiedo a tutti voi che condividete con me queste Paese. Sezze cosa è diventato? Un suk a cielo aperto con strade invase da ortofrutta? Un immenso parcheggio a cielo aperto dove ci si deve muovere (solo in auto ovviamente) con estrema attenzione, con i restanti secchioni della spazzatura sempre con le fauci aperte che urlano il proprio fetore? Buche da ogni parte ed erba in abbondanza? Non ci interessa nulla dello spazio che condividiamo?

Un mio vecchio amico inglese un giorno mi fece riflettere crudamente su un nostro aspetto sociale: amiamo avere case (private) perfette e spazi pubblici (comune) abbandonati a loro stessi. Mi fece l’esempio delle condizioni dei bagni pubblici in giro per l’Italia e quanta gente si poteva vedere per strade ed autostrade far pipi a cielo aperto. Si è vero gli inglesi non ci amano molto (sostengono che siamo l’unico popolo che corre in soccorso del vincitore e che il nostro libro più corto è quello che contiene l’elenco dei nostri Eroi sociali e non) ma non so quanto abbia torto questo signore.

Siamo già in clima di nuove elezioni, di nuovi gruppi di potere o vecchi che cercheranno di compattarsi per dividersi il poco della torta politico economica che ormai rimane su questo suolo, ma siamo sempre un paese di 24.405 residenti (il settimo per peso demografico nella Provincia di Latina - http://www.tuttitalia.it/lazio/provincia-di-latina/31-comuni/popolazione/), forte di una sua cultura e di sue tradizioni (basta andare a rileggersi la raccolta di scritti di Campoli sul tema e di recente pubblicata), saremo in grado di invertire questa terribile deriva e contribuire ad un miglioramento del nostro vivere comune o siamo destinati ad un progressivo ed inarrestabile abbrutimento? Allora che ci si opponga in ogni modo al solo calcolo economico e di potere di questi desueti apparati politici e congreghe di spiccioli poteri locali e si inizi ad urlare la propria protesta. Si alzi lo sguardo come facevano una volta i contadini setini per cercare di capire che tempo li aspettava.  

SEZZESE - anno 2014