Cattedrale di Santa Maria 

San Leonzio  

Restaurato il “corpo-santo” di san Leonzio

articolo a cura della redazione pubblicato giovedì 18 luglio 2024
Si sono finalmente conclusi in questi giorni, in occasione della ricorrenza liturgica dei patroni di Sezze san Lidano e san Carlo, i lavori di restauro al “corpo-santo” di san Leonzio, donato alla cattedrale di Sezze dal cardinale Pietro Marcellino Corradini (1658-1743): san Leonzio è stato ricollocato nella sua urna barocca e provvisoriamente alloggiato nell’abside della cattedrale, in attesa che si possa iniziare il ben più oneroso restauro dell’altare di san Filippo Neri, ove era collocato e dove è ovvio che torni. 

(nella foto sotto particolari del restauro)
È utile, per contestualizzare tali lavori, capire chi è san Leonzio, per quale motivo sia giunto a Sezze: ci facciamo aiutare dalla relativa voce redatta da don Massimiliano Di Pastina per la prestigiosa enciclopedia dei santi «Bibliotheca sanctorum» (Seconda appendice, Roma 2000, coll. 781-782).
Il “corpo santo” di un giovane, estratto dalle catacombe romane del Campo Verano, fu donato alla cattedrale di Sezze nel 1723 dal card. Pietro Marcellino Corradini: questi, in una sua lettera ai canonici della cattedrale, sottolinea che «questo non è un Santo di nome battezzato, ma che col proprio nome, et ampolla del Suo sangue fu estratto dal […] Cemeterio», ma non indica quale; il vescovo diocesano mons. Gioacchino Maria Oldo, nella visita pastorale effettuata alla cattedrale di Sezze il 17 luglio 1743, specifica che il corpo «extractum […] fuit ex Cemeterio Ciriacae».

L’urna, in legno dorato e ricca di decorazioni barocche, fu fatta eseguire a Roma dal card. Corradini; lo scheletro vi è composto intero, racchiuso in un vestito di vaga foggia romana, con spada, palma del martirio e ampolla del sangue, attributi ispirati al gusto dell’epoca; la tradizione locale assegna il martirio di san Leonzio alla persecuzione di Diocleziano, quindi tra il 303 e il 311: ma anche a questo riguardo non si ha alcuna certezza.
La traslazione del corpo santo a Sezze fu un avvenimento memorabile per la città: le Convittrici della S. Famiglia - la congregazione religiosa fondata da Corradini nel 1717 - ebbero il privilegio di custodire san Leonzio nel loro oratorio, prima della sua definitiva traslazione in cattedrale. Il card. Corradini dispone la collocazione dell’urna sull’altare dell’Annunziata; tuttavia nella lettera del 5 giugno 1723 con cui scriveva ai canonici di avere già «in Casa ben’aggiustato» il corpo, accennava al fatto di conservarlo sotto l’altare maggiore, ma il 6 novembre di quello stesso anno si rallegrava con i canonici che lo avevano «collocato nell’altare della Ss.ma Annunziata, come già si era convenuto».

(in queste immagini alcune fasi del restauro)

L’unico ritratto del santo che si conosca è il quadro inviato in dono da Corradini, ma che purtroppo è scomparso, verosimilmente nei lavori di ricostruzione dell’altare che fu completamente rinnovato e consacrato a san Filippo Neri da papa Benedetto XIII il 25 maggio 1727, durante la sua visita alla città. Entrato ben presto nella venerazione dei setini, se ne diffuse la fama anche nei paesi limitrofi, con l’attestazione di numerosi miracoli, tanto che il Corradini presentò richiesta alla sacra Congregazione dei riti per farne approvare i testi della messa e dell’ufficio divino propri. Con il tempo, però, la devozione è andata diminuendo.

In verità il lavoro che si è concluso in questi giorni - interamente finanziato dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle provincie di Frosinone e Latina - prende in un certo senso avvio nel lontano 2012: nell’ottobre di quell’anno l’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno - direttore don Massimiliano Di Pastina, consulente l’architetto Ferruccio Pantalfini - prese a cuore la situazione del corpo santo di san Leonzio, che giaceva, coperto da un telo di plastica, sull’altare in cui era conservato da secoli, celato alla vista da una sorta di “armadio” di legno fatto costruire per l’occasione, mentre invece l’urna era stata depositata in una cappella laterale della cattedrale. Una soluzione che, se in un certo modo voleva salvaguardare il corpo-santo e l’urna dal deterioramento, era comunque apparsa subito inopportuna e foriera di ulteriori danni: di qui l’intervento ufficiale dell’Ufficio diocesano, che ne domandava il ripristino e il restauro.
Solo nel 2021, grazie ai fondi messi a disposizione della soprintendenza (direttore a quei tempi il dott. Francesco Di Mario) all’interno di un più ampio progetto curato dalla dott. Monica Sabatini, dopo aver coinvolti i locali Archivio capitolare della cattedrale e Museo diocesano d’arte sacra per le necessarie ricerche storico-archivistiche, sono iniziate le operazioni previe di pulizia, disinfestazione e quindi di diagnostica del corpo-santo (queste ultime condotte dal dott. Stefano Ridolfi), in maniera da poter poi procedere con un ulteriore intervento, questa volta mirante al restauro conservativo e alla reintegrazione dei tessuti settecenteschi, lavoro affidato alla dott. Barbara Santoro, qualificata restauratrice del settore. Il tutto è stato condotto sotto la supervisione del responsabile del procedimento dott. Lorenzo Riccardi e del funzionario di zona della soprintendenza dott. Marco D’Attanasio.

(nella foto sotto un particolare del restauro ultimato)

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