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Fabrizio De André |
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13 gennaio 2018 |
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sabato 13 gennaio 2018 - ore 21,00 Auditorium Mario Costa Le
Colonne presentano il "Tributo a Fabrizio De André"
Cantava il disordine dei sogni sedicesima edizione Sabato
13 gennaio, alle ore 21, presso l’Auditorium
Costa, si ripete l’omaggio musicale che Sezze dedica ininterrottamente da
16 anni allo scomparso cantautore Fabrizio De André, manifestazione inserita nel programma degli eventi culturali del Natale setino
2017.
“Cantava
il disordine dei sogni”, il nostro caro Faber. Ma non solo
quelli. Dopo
LA BUONA NOVELLA (1970) e NON AL DENARO NON ALL'AMORE NÉ
AL CIELO (1971), Fabrizio De André pubblica nel 1973 il terzo
concept-album (con tutte le canzoni che ruotano su un argomento centrale, a raccontare
un’unica storia, un punto di vista generale) consecutivo:
STORIA DI UN IMPIEGATO. Per scriverlo, il cantautore genovese chiama a
collaborare per le musiche un giovane Nicola Piovani, per i testi
Giuseppe Bentivoglio ed il produttore Roberto Dané. Nelle
note inserite nel disco si legge: “Un
impiegato ascolta, 5 anni dopo, una delle canzoni del maggio francese
1968. E' una canzone di lotta: ricorda gli avvenimenti accaduti
durante la rivolta nata dagli studenti e, rivolgendosi a quelli che
alla lotta non hanno partecipato, li accusa e ricorda loro che
chiunque, anche chi, in quelle giornate, si è chiuso in casa per
paura, è ugualmente coinvolto negli avvenimenti. La canzone contiene
l'affermazione che la rivolta non è finita ma ci sarà nuovamente, in
futuro, più forte”. Tutto
quell’album (riflessione ed approfondimento sulle tensioni sociali che avevano
coinvolto il mondo giovanile in tutto il mondo nel ’68, ed in
generale sul potere e la lotta armata), il prossimo 13 gennaio sarà
suonato dal vivo da I DOTTORI,
gruppo rock emergente ma con una base consolidata di live nei locali
di Roma e dintorni, con due album di produzione musicale propria, che
rivisiterà in chiave rock le armonie progressive del disco originale.
La
seconda parte del 16° Tributo, vedrà salire sul palco
dell’Auditorium Costa il cantante di lungo corso Carlo Ghirardato,
cresciuto “sulla cattiva
strada di De André” ed ora ricercatissimo concertista solista -
chitarra e voce - che proporrà canzoni di Fabrizio sul tema della
Giustizia e della Legge. Come
sempre, il 16° Tributo setino dedicato al cantautore di Canzone
del Maggio, Il bombarolo, Un
Giudice e Don Raffae’
(per citare solo alcuni brani che saranno eseguiti), sarà un numero
unico, una serata senza repliche né a Sezze né altrove. Nel corso della serata ci sarà spazio per un omaggio a Paolo Villaggio (amico d’infanzia di De André scomparso a luglio 2017), e per altri blitz canori e recitativi che aiuteranno a riscoprire meglio i testi e gli argomenti di alcune delle canzoni riproposte.
omaggio a Paolo Villaggio - nella foto a Sezze nel maggio del 2008
NEMESIO
AURIEMMA, GIUDICE Suo padre con
infelice ma, ahimè, profetica scelta, aveva voluto chiamarlo Nemesio,
ossia il vendicatore, e poiché i nomi sono segni del destino, egli
era divenuto la personificazione del castigo! Non dimenticava mai
il significato di quel nome e ogni volta che entrava in aula rivolgeva
a tutti con uno sguardo indolente la sua muta minaccia: “Adesso
vi faccio vedere io chi sono!”. Timbrava quindi le
inevitabili sentenze di condanna con una rancorosa voglia di vendetta,
di cui l’usciere Ferdinando Cantiello, pur senza essere un luminare
di psicologia, aveva individuato tre cause “Questo
tiene un passato da chierichetto, una statura troppo bassa e le scarpe
troppo lucide…”. La sua infanzia
terminò in quarta elementare, dopo che ebbe letto il bigliettino con
cui Ada Robotti, bimbetta di feroce vanità, rispose così alla sua
letterina d’amore: “Non
posso mettermi insieme con te perché sei buffo come un nanetto e hai
un nome che fa ridere!!!” (con tre punti esclamativi). Lo ferirono soprattutto i tre punti esclamativi: non ne conosceva
ancora il significato, ma intuì che si trattasse di un brutto segno
per averlo già visto su un muro a sigillo della frase “Stronzo chi legge!”. Fu questo il primo
dei troppi episodi in cui i suoi miseri centocinquantadue centimetri
di statura, certificati sul foglio di leva, insieme con le sue scarpe
nere, lucidate sempre a specchio, divennero motivo di strizzatine
d’occhio, colpetti di gomito e sorrisetti trattenuti che resero un
inferno la sua gioventù… tanto che a venti anni ne dimostrava già
cinquantaquattro. Tutti, ma proprio
tutti, ridevano di lui, così giurò a se stesso che avrebbe spento
per sempre quelle risate. E ci riuscì! Adesso, il vociare
dell’ umanità che fluiva disordinata nei corridoi del palazzo di
giustizia si trasformava, al suo passaggio, in un silenzio impastato
di timore e reverenza e nessuno tra gli avvocati, i carabinieri, i
testimoni, gli affaccendati e gli sfaccendati che lo incrociavano, capì
mai se il suo occhio sinistro fosse perennemente socchiuso per il fumo
della sigaretta che gli penzolava all’angolo della bocca oppure per
l’inspiegabile senso di superiorità che non perdeva occasione di
manifestare a tutti, evitando accuratamente di salutare chiunque. Si era accomodato
dunque a vivere una inevitabile solitudine di cui solo il giornalaio
all’angolo aveva intuito l’esatta misura dalla regolarità
maniacale con cui acquistava la Settimana
Enigmistica. In un brullo
appartamento, avaramente arredato, scaldava così le sue serate con
malinconici brodini Knorr monodose e parlava allo specchio con se
stesso, finendo sempre per darsi ragione. Ecco perché
trattenersi fino a notte fonda nel proprio ufficio non era per lui un
peso. Ma quella sera
avvertiva qualcosa di strano. Il silenzio del corridoio trascinava
fino alla sua porta una musica lontana di fisarmonica, una ballata
triste che profumava di balera e di malinconia. Sentì bussare piano
alla porta. Passò qualche attimo e di nuovo gli giunsero dei colpetti
soffocati. Allora aprì e guardò a destra e a sinistra. Niente. Il
corridoio era più buio del suo animo: solo il brillio della targa
d’ ottone dell’ufficio, di fronte alla quale ogni avvocato si
sistemava la cravatta e si schiariva la voce, prima di bussare e
scandire un ossequioso “Vostro
Onore…”. Eppure era convinto
di aver sentito bussare e di aver sentito anche il suono lontano di
una fisarmonica… Non lo sfiorò
neppure per un attimo il dubbio che potesse trattarsi di qualche senso
di colpa. Non li aveva mai nutriti e da troppo tempo questi avevano
smesso di frequentarlo. Il giudice Nemesio
Auriemma guardò allora fuori dalla finestra, cominciava a piovere.
Nel piazzale solo la sua vecchia Ford Taunus. Si rammaricò che non
fosse coperta con il vecchio telo cerato che lui non mancava di
rimboccarle ogni sera, come fa un padre amorevole con le coperte della
figlia. Tornò alla
scrivania e ricominciò a leggere, combattendo con le palpebre,
divenute pesanti come due saracinesche. La donna era seduta
davanti a lui, tra le pile dei fascicoli. Aveva il capo chino. La
prima cosa che lui notò alla luce fioca della lampada fu la
ricrescita dei capelli, che si stava mangiando un malinconico colore
biondo, spalmato da qualche parrucchiere di periferia. Non riusciva a
vederne il volto. Lei lo sollevò solo dopo lunghi secondi, mostrando
due occhi pallidi e acquosi. Con le dita screpolate strangolava un
fazzoletto, tremante, lo attorcigliava in un groviglio di imbarazzo,
nervi e rassegnazione. E di nuovo al dottor Auriemma parve di sentire
quel suono di fisarmonica, lontano… -
Lei
chi è!? Cosa ci fa qui!? Chi l’ha fatta entrare!? La donna esitò, poi
timidamente sussurrò -
Vostro
Onore… sono la moglie di Michele Lorenzini…gli avete dato venti
anni, vi ricordate di mio marito?!
-
Secondo
lei perché dovrei ricordarmelo!? Che motivo avrei per farlo!? -
Nessuno…
proprio nessuno… lui è solo uno dei tanti passati davanti alla
vostra cattedra… me lo sono quasi scordato pure io… sono sedici
anni ormai che sta in galera… -
E
allora!? Non mi faccia perdere tempo… -
Scusatemi…
non vi farò perdere tempo. Volevo solo dirvi che stasera l’ho
rivisto… poco fa… l’ho rivisto perché mi ha fatto una
sorpresa…proprio stasera… Io gli ho
chiesto “Michè..!!!, Michè…!!!...ma
come hai fatto a venire se il giudice Auriemma non ti ha voluto dare
nemmeno il permesso di uscire per tre ore dal carcere per partecipare
al mio funerale!?” e lo sapete cosa mi ha risposto Michele? “Marì…
è semplice, ho fatto diversamente!!!” Capito, Vostro Onore!? Ha
fatto “diversamente”!!!...proprio così mi ha detto…
” Ho fatto diversamente…”
Lo squillo del
telefono sulla scrivania svegliò il giudice Auriemma che aprì gli
occhi e si guardò intorno. La sedia davanti alla sua scrivania era
vuota. Sollevò la
cornetta e se la portò all’orecchio. Era il dottor
Pandolfini, il direttore del carcere, che gli comunicava che il
detenuto Michele Lorenzini si era appena impiccato nella propria
cella. Di nuovo parve al
giudice Auriemma di sentire in lontananza, fuori, nel corridoio quel
suono di fisarmonica… Carissimo
Dottore De Andrè Io mi chiamo Pasquale Cafiero e sto in pensione dal ‘93. Vi scrivo a
voi direttamente perché siete l’uomo più intelligente che abbia
conosciuto, non nato sotto il Vesuvio; mi sono sempre chiesto come
avete fatto, Voi che non siete Napoletano, a raccontare così bene la
situazione della mia vita e della mia città e per questo che vi
chiamerò per sempre dottore, perché solo i dottori sanno veramente
vedere dove stanno le malattie (e
po’ a Napoli chiamiamo tutti dottore tanto non facciamo una
scortesia a nessuno). Ora immagino
vorreste sapere che fine ha fatto quel grande uomo di Don Raffaè ? Io
fortunatamente sono andato in pensione e mi sono completamente
disinteressato a tutto, perché Dottò, le cose a Napoli sono
cambiate….ma sono cambiate in peggio!! Si è vero, i
cosi detti pezzi grossi lo Stato li ha fatto quasi tutti fuori, uno
poi mi sembra che è morto qualche mese fa. Ma ora c’è
di peggio, ci sono e guajuncielli, è creatur’ ca con una pistola in
mano si pensano di governare il mondo. Nemmeno il tempo di fare 18
anni che già sparano, spacciano e corrono avanti e indietro per il
quartiere. Certo che ci
stanno! ma il problema è che i famosi “ quaranta
concorsi, novanta domande e duecento ricorsi” non ci stanno più!!
Avete capito
bene! Oggi ai giovani gli hanno tolto pure questo! Se vogliono
realizzarsi se ne devono andare da Napoli e forse pure dall’Italia. Io con uno
stipendio sono riuscito a far sposare mia figlia Innocenza e grazie
all’aiuto e Don Raffaè il marito è riuscito almeno a trovare un
posto come vice-bidello in una scuola privata, ma i miei nipoti come
faranno? Dottò De
Andrè pure la politica è cambiata, agli assessori
se le sono vendute le roulotte con i visoni e si sono comprate
le ville sul mare , invece di combatterla la camorra se la sono
abbracciata e costruiscono palazzi di cento piani ed esce che è tutto
regolare. Mentre vi sto
scrivendo sta facendo nu’ fetente di freddo, riscaldare costa caro
e alla sera mi sento uno straccio. (tossisce
stanco) Ho una tosse dottò che solo Dio sa, ho chiesto una visita
e me l’hanno prenotata per l’anno prossimo! E secondo me prima
della visita ritorno a Poggioreale ma non al carcere al cimitero! Dottò, una
cosa però è rimasta tale e quale qui a Napoli: o cafè! O Cafè , o
cafè co’ à ricetta della buon’anima di Ciccirinella che viene di
un colore meraviglioso “a manto di monaco”, una meraviglia, na
ciucculata! Nu vulit’
nu poco? Permettete! L’evento,
che ha il patrocinio del Comune di Sezze, ed è organizzato
dall’Associazione culturale “Le Colonne”, è diretto da Franco
Abbenda, ideatore della manifestazione. Il
poster dell’evento, come ormai tradizione, è opera dell’artista
setino Marco Abbenda. Video- Pietro Paletta, Foto- Ignazio Romano. Ingresso
8€ (il ricavato, detratte le
spese, sarà devoluto in beneficenza ad associazione umanitaria che
sarà definita in seguito).
PROGRAMMA -
Intro: Elogio della solitudine (audio originale) (Chiara
Mancini e Fiammetta Mancini)
- LETTURA: Storia del nuovo impiegato (legge
Roberto Baratta)
- Il Re fa rullare i tamburi (A
cappella - Augusto Carlesimo-Salvatore Corso-Salvatore Di
Gigli- Franco Abbenda) (di Alessandro Manzi – legge Giancarlo Loffarelli)
Canzoni tra Giustizia e Legge (Carlo Ghirardato)
- Cafiero Pasquale, anni dopo. Lettera a De André (di Daniele Piccinella)
Sotto la ricevuta del versamento di 1.454 € - Parte dell'incasso devoluti All'Istituto scolastico di Sezze "Valerio Flacco" per l'acquisto di un defibrillatore.
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