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Fabrizio De André |
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14 gennaio 2017 |
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sabato 14 gennaio 2017 - ore 21,00 Auditorium Mario Costa Le
Colonne presentano il "Tributo a Fabrizio De André"
Un semplicissimo "mi ricordo" quindicesima edizione Sabato 14 gennaio, alle ore 21, presso l’Auditorium Costa, si ripete l’omaggio musicale che Sezze dedica ininterrottamente da 15 anni allo scomparso cantautore Fabrizio De André, manifestazione inserita nel programma degli eventi culturali del Natale setino 2016. Un
semplicissimo "mi ricordo" 27 dicembre 2016, a cura di Franco Abbenda Un
semplicissimo…mi ricordo, ecco cosa voleva essere, ed è ancora, il
Tributo De André di Sezze: una serata di musica interamente dedicata
ad un cantautore scomparso l’11 gennaio 1999, ma indimenticabile per
molti di noi. Per
la quindicesima edizione (organizzata
dall’Associazione culturale LE COLONNE, programmata per sabato 14
gennaio ore 21, all’Auditorium Costa), si torna all’antico,
nel rispetto della primissima tradizione, che vuole protagonisti della
serata musicisti ed artisti per lo più locali – tra cui molti amici
di lunga data o di sintonia artistica recente – con qualche esordio
di rilievo. Come ha prefigurato il poster di questo 15° Tributo (di Marco Abbenda, ispirato all’opera di Andy Warhol), ci sono diversi periodi della carriera artistica di De André, con differenti modi musicali di accompagnare i testi, ognuno rispettoso del tempo in cui sono state scritte le canzoni, ma tutti concorrenti alla composizione della preziosa opera omnia del protagonista forse più amato, studiato ed imitato della canzone d’autore italiana. Sfidando la sterile domanda su quale sia stato il miglior periodo artistico di De André, abbiamo pensato di diversificare la serata, dividendo lo spettacolo in due parti: nella
prima parte Roberto Cardinali e la sua band ci riproporranno
canzoni dedicate ai personaggi femminili di Faber (le eroine a
rovescio, le disallineate, le tante strane donne in anticipo rispetto
alla morale dei tempi), colorandole con arrangiamenti originali che si
rifanno al primo De André, in stile più intimo ed acustico. Nella
seconda parte, con l’entrata in scena di Massimiliano Porcelli
ed il suo gruppo, saremo proiettati in uno scenario più rockeggiante,
con canzoni dedicate agli antieroi deandreani maschili (i non furbi, i
rivoluzionari sconfitti, i solitari incomprensibili), riproposte con
le sonorità degli arrangiamenti live della tournée De André/PFM. Durante
la serata ci sarà spazio anche per qualche deviazione, intimi e
personali omaggi a grandi artisti, ostinati e contrari, che si sono
sempre mossi anch’essi, coerentemente, su personalissime cattive
strade. info 3339507343 - ingresso 8 € - prevendite presso i seguenti esercizi: Cartolibreria Pitti via Roma - DIGI Frame via S. Carlo - Foto Ottica Zema via Cappuccini Come
negli anni precedenti (1200 €
alla Comunità di San Benedetto al Porto di Don Andrea Gallo nel 2015,
e 400 € ad Emergency nel 2016), anche per il Tributo De André
2017 una parte dell’incasso, dedotte le spese, sarà devoluto ad
associazioni impegnate in attività umanitarie di tipo sociale, ancora
da individuare.
PROGRAMMA
Ti
aspetto fuori dal sogno 18 gennaio 2017, a cura di Chiara Mancini Tante
volte avrei voluto scriverti, prima. So
che non ci siamo mai incontrati: tu non mi conosci, ma io non posso
certo dire di non conoscere te! Chi
sono? Uno che ha sempre amato cantare il mondo accompagnandosi con la
chitarra. Ho
imparato a osservare, ad ascoltare, a partecipare. Poi a raccontare. È
anche merito tuo se nella vita sono riuscito a fare quello che mi
sarebbe piaciuto fare e se sono diventato quello che avrei voluto
essere. Ma
non ti scrivo per parlarti di me. Caro
Robert (o forse dovrei chiamarti Bob), anche se non mi conosci sei
venuto a bussare, per me, alle porte del paradiso, per dirmi che dopo
tanto ti è stato finalmente assegnato il Premio Nobel per la
Letteratura. Tanti
scrittori, tanti professori, sono saltati sulle sedie: “Che c’entra
un cantante con la letteratura? La canzone non è poesia!”. Invece,
Mr. Tamburino, ancora una volta hai insegnato che i tempi cambiano, che
stanno cambiando, e che bisogna guardarsi intorno per accorgersene.
Bisogna scavare nelle strade povere, parlare con le puttane, sporcarsi
le scarpe. Caro
Bob, ho riflettuto spesso sulle parole delle tue canzoni. Le ho amate,
tradotte, cantate e non ho mai smesso di cercare di capirle, perché più
gli anni passano, più quei versi diventano attuali, sembrano crescere e
maturare. Ho sempre apprezzato quel tuo modo di denunciare, di sbattere
in faccia la realtà. Non
sarò certo io a giustificare la decisione dell’Accademia. Per prima
cosa perché, come ti dicevo, sono di parte: io e tanti miei colleghi
abbiamo preso a piene mani dal tuo repertorio, cercando spunti e
ispirazione. Non credo di sbagliare, anzi, se dico che senza di te la
musica italiana sarebbe molto diversa da quella che è oggi e
sicuramente più povera. In
secondo luogo non credo serva ribadire che la canzone è di per sé un
genere poetico, dotato di una precisa struttura metrica: già Dante le
assegnava un ruolo di riguardo e i trovatori provenzali consideravano
musica e parole un binomio inscindibile. Gli
accademici patinati vorrebbero forse dire che quella di Omero o chi per
lui non era letteratura perché veniva accompagnata con la cetra? O che
Shakespeare si sarebbe dovuto relegare al ruolo di teatrante? Tra
l’altro mi viene in mente che anche in occasione dell’assegnazione
del Nobel a Dario Fo più di qualcuno storse il naso e gridò allo
scandalo. Gli stessi che nel giorno della sua morte, quando il suo
testimone passa ad un altro irriverente, ad un diverso provocatore, lo
piangono come uno degli ultimi letterati italiani di alto livello. Un
vero “mistero buffo”, oserei dire. La
distinzione tra cultura “alta” e “bassa” non solo credo sia
errata, ma è anche deleteria. Mi ha, sinceramente, sempre fatto schifo.
In tanti si sono lamentati perché in lizza c’erano molti scrittori più
degni. Ma chi decide chi o che cosa è più degno? E, soprattutto, chi
lo fa in letteratura, l’arte per eccellenza dell’espressione della
libertà? Certo, gli scrittori candidati erano senza dubbio di altissimo
livello, ma per una volta i confini sono stati allargati, i canoni
svecchiati. È stato riconosciuto che la letteratura non è solo quella
accademica, dei “parrucconi”. Come disse qualcuno, la letteratura
deve imporre alla società “una coscienza inquieta” (J.
P. Sartre) Le tue canzoni non
sono “solo” Woodstock, l’inquietudine dei figli verso l’eredità
dei loro padri, l’America dei Kennedy, del Vietnam o di Martin Luther
King. Le tue canzoni parlano di temi universali, delle lotte del mondo:
disegnano i sobborghi, tratteggiano gli umili, gli ignorati e gli
sconosciuti, difendono i diritti e la libertà. E lo fanno con la
semplicità popolare delle ballate, con la forza dell’oralità, che
arriva all’anima e sconvolge, che parla di vicoli della desolazione
che tutti fanno finta di non vedere, ma di cui ci si accorgerebbe se ci
si sporgesse quel tanto che basta. No,
caro Bob, ancora nessuno ha risposto alla tua domanda: “quante volte
un uomo può voltarsi e far finta di non avere visto?”. La
musica agisce come un moltiplicatore di passioni, è vero. Ma che siano
50mila o solo 5, l’importante è che il messaggio arrivi a chi sta a
sentire e, appunto, “inquieti le coscienze”. Sai
che ti dico? Qui il problema non è che tu abbia vinto il Nobel. Il
problema è che lo abbia vinto qualcuno che non quadrava nel cerchio,
qualcuno senza etichetta, che racconta di cose scomode, che non fanno
piacere, e le fa soffiare nel vento da un capo all’altro del mondo,
dove tutti possono sentirle e chiedersi a loro volta: “quante volte le
palle di cannone dovranno volare prima di abolirle per sempre?”, “e
quanti anni può durare un popolo prima di ottenere la libertà?”. Si
fa buio troppo presto, “c’è una lunga nuvola nera che arriva” e
c’è ancora chi bussa qui alle porte del paradiso. Dobbiamo
già salutarci, devo tornare a riposare. Continuerò
a sentire di te nel vento, in attesa di conoscerci veramente. Grazie, amico mio. Fabrizio De André Un semplicissimo... grazie 18 gennaio 2017, a cura di Franco Abbenda Ero
uscito di casa, quella lontana sera dell’undici gennaio 2003, solo con
l’idea di riscaldare un po’ la fredda osteria del centro storico
suonando e cantando qualche cara canzone dell’amico cantautore
scomparso quattro anni prima; oggi mi ritrovo a coltivare empaticamente
una passione che nel corso delle successive edizioni del Tributo, ha
contagiato e coinvolto, di volta in volta, molti musicisti, artisti,
amici e spettatori. Quella
andata in scena all’Auditorium Costa sabato scorso 14 gennaio 2017, è
stata una serata all’insegna del ritorno all’idea delle prime
edizioni; offrire per una sera il palco a più gruppi musicali ed
artisti, per gestire in autonomia un momento di spettacolo dedicato ad
un gigante della canzone d’autore, con piccoli cammeo ad altre
personalità artistiche di cui si è parlato molto nel 2016.
Apertura
a sorpresa con Vincenzo Persi, danzatore
ed istruttore di danza che, in omaggio al premio Nobel Letteratura Dario
Fo, non ha avuto timore di raccogliere l’invito di ballare sulle
note della canzone “Ma che aspettate a batterci le mani”, sigla televisiva
dell’edizione di Mistero Buffo trasmesso dalla RAI nel 1977. Poi,
Giancarlo
Loffarelli ha letto da par suo la densissima pagina finale de Il
nome della Rosa, primo ed inarrivabile romanzo di Umberto Eco, anch’egli, come Fo, scomparso recentemente. A
questo punto è stata la volta della musica, con il primo gruppo a
colorare con un sound innovativo e classicheggiante alcune delle canzoni
di Faber dedicate alle donne. Roberto
Cardinali chitarra,
bouzouki ed ukulele, Roberto Del
Monte voce, Marcello
Sirignano violino, Valentina
Del Re violino, Emanuela
Cavallari violoncello, Giuseppe
Civiletti contrabbasso, Giuseppe
Salvagni percussioni e Giacomo
Serino tromba, su arrangiamenti originali dello stesso
Cardinali, ci hanno fatto rivivere le storie delle protagoniste di Sally,
Il sogno di Maria di Nazareth, La canzone di Marinella, Dolcenera, Via
del Campo, Le passanti, Ho visto Nina volare e per ultime
Franziska e Prinçesa, donne forti e deboli raccontate da Faber,
vere e proprie archetipi di umanità, di sensibilità femminile e di
debole minoranza. “So
che non ci siamo mai incontrati: tu non mi conosci, ma io non posso
certo dire di non conoscere te!”, queste alcune delle parole
scritte e recitate da Chiara
Mancini, sul palco in duetto inedito con Giorgia Luccone che ha
cantato, ammaliando il pubblico, Knockin’
on haven’s door di Bob
Dylan “a cappella” (giovanissime
e già sulla Cattiva strada deandreana). Dall’inaspettato,
e per alcuni versi scandaloso premio Nobel per la Letteratura 2016
assegnato al menestrello del Rock, Chiara
ha preso lo spunto per ribadire, in una lettera immaginaria di De André
a Dylan, l’importanza e la centralità della canzone d’autore come
fenomeno culturale e letterario moderno, oltre che per rimarcare la vena
profetica dei cantautori (songwriters o chansonniers) degli anni
sessanta, primi ad avvertire e raccontarli, cantando in musica, i
segnali dei tempi che stavano cambiando. Per
ricordare i tanti artisti musicali scomparsi nel corso del 2016 (Leonard
Coehn, David Bowie, Prince e Glenn Frey solo per ricordare i più
noti), Carlo Marchionne D’Arnié alla chitarra e Franco Abbenda alla
voce hanno eseguito Dentro la
tasca di un qualunque mattino, del compianto Gianmaria
Testa, cantautore vecchio stile tra i più ispirati e coerenti. Poi
ancora Invincibili, una delle
più intime canzoni di Massimo
Bubola e Cristiano De André,
forse la più fragile delle anime della famiglia De André, che la
cantava nell’intervallo dell’ultima tournée del padre nel
2007/2008. Ed
ecco guadagnare il palco Massimilano
Porcelli chitarra e voce, Agostino
Garofalo tastiere e cori, Manuel
Attardo chitarra, Peppe De
Angelis basso, Andrea
Frainetti batteria ed Alessandra
Paletta voce in “Geordie”, ispiratissimi ed originali a
rivedere in chiave più rock le canzoni dedicate da Fabrizio agli
uomini: Andrea, Quello che non ho, Don Raffae’, Amico fragile, Un giudice, La
guerra di Piero, Geordie, Nella mia ora di libertà e Fiume Sand Creek. Alla
fine c’è stato lo spazio per una jam session affollatissima (che
mi ha ricordato per vigore e libertà di esecuzione le canzoni cantate
alla fine del primo omaggio a De André presso l’Osteria ex-Fargiani
del 2003) con le immancabili Bocca di rosa e Il
pescatore, i cui ritornelli e cori finali sono stati cantati a
squarciagola anche dal pubblico. Quest’anno,
a causa soprattutto del picco influenzale, le foto della serata non sono
di Ignazio Romano (e questa è una
notizia…), sostituito più che degnamente da Alessandro di Norma (tutte
sue le foto che vedete in questa pagina) mentre si è confermata la
squadra degli amici sostenitori che si muovono dietro le quinte o tra il
pubblico: l'Associazione
Le Colonne come organizzatrice dell’evento, Klada Café e
Barattabus come amici
sponsor, Marco Abbenda per il
poster Tributo 2017 e Pietro
Paletta per le riprese video. Un
grazie va a tutti quanti sostengono da sempre il Tributo setino con le
belle parole di incoraggiamento, con riflessioni durante tutto l’anno,
con il franco giudizio critico o dandosi da fare, a voce o a mezzo
stampa, per pubblicizzare l’evento e far sì che anche dai comuni
vicini possano convenire al Costa per il Tributo, i tanti appassionati
di De André con cui condividiamo la passione.
Un
rinnovato ringraziamento all’Amministrazione Comunale di Sezze per il
Patrocinio (e per aver accolto la richiesta di dedicare a Fabrizio De André la
Passeggiata che fa da anello al Parco della Rimembranza) ed alla
Fondazione De André per aver incluso la nostra iniziativa tra gli
eventi di gennaio dedicati a Faber nel proprio sito internet e per la
bella lettera di risposta che mi ha inviato. L’incasso
e la generosità degli sponsor hanno permesso anche quest’anno di
destinare una Appuntamento al gennaio 2018 !!
info 3339507343 - ingresso 8 € - prevendite presso i seguenti esercizi: Cartolibreria Pitti in via Roma - DIGI Frame in via S. Carlo - Foto Ottica Zema via Cappuccini |