sabato 10 gennaio 2015 - ore 21,00
Auditorium Mario Costa
Le
Colonne presentano il "Tributo a Fabrizio De André"
dove
anche l'alba diventa sera
tredicesima
edizione
ingresso
10 € - prevendite presso i seguenti esercizi:
Cartolibreria Pitti in via Roma
- DIGI Frame in
via S. Carlo - Foto Ottica Zema via Cappuccini

Dopo
aver letto le 244 poesie dell’Antologia
di Spoon River di Edgar Lee
Masters (pubblicate negli Stati Uniti nel 1915, ed in Italia nel
1943, su idea di Cesare Pavese, nella versione tradotta e curata dalla
giovanissima Fernanda Pivano),
Fabrizio De André ne scelse 9 per farne il suo secondo concept-album,
“Non al denaro non all’amore, né al cielo (1971 – Dormono sulla collina; Un matto; Un giudice; Un blasfemo; Un
malato di cuore; Un medico; Un chimico; Un ottico; Il suonatore Jones).
Un
33 giri che ha fatto storia e scuola, nove canzoni che l’ancor
emergente cantautore genovese riesce a legare magistralmente in un opera
senza tempo (con la collaborazione
nei testi di Giuseppe Bentivoglio e di Nicola Piovani nella parte
musicale) in cui si affrontano, con vigore ed ironia, tematiche
sociali universali, partendo dalle confessioni postume degli abitanti di
uno sperduto paese americano. Nel cimitero di Spoon River ora tutti “dormono,
dormono sulla collina…”: generali,
prostitute, suicidi, soldati, ubriachi, medici, musicisti, malati,
giudici e scienziati; tutti si sentono veramente liberi di raccontare la
loro vita, urlando la loro rabbia contro il perbenismo della società
dell’epoca o divertendosi a far risaltare l’egoismo dei cosiddetti
buoni e la falsità degli uomini, abituati a muoversi tra pubbliche virtù
e vita privata spesso inconfessabile.
Durante
il 13° Tributo De André, l’album sarà interamente eseguito dal vivo
- come a quei tempi si ascoltavano
con il giradischi gli LP appena pubblicati - dal gruppo Le storie di ieri, già presenti in precedenti edizioni del Tributo.
Ognuna
delle nove canzoni verrà introdotta da poesie originali (epitaffi di
giudici, matti, medici, blasfemi ed altri noti personaggi che adesso
riposano, anch’essi, nelle moderne colline) composte da Salvatore Di
Gigli per l’occasione, che saranno recitate durante la serata da
attori coordinati dalla compagnia “Le Colonne”.
Nella
seconda parte dell’evento Le
storie di ieri continueranno il loro racconto in musica eseguendo
altre perle del vasto repertorio di De André.
Quest’anno
il Tributo De André di Sezze destinerà in beneficienza parte del
ricavato della vendita dei biglietti alla Comunità San Benedetto al
Porto di Genova, fondata dal compianto Don Andrea Gallo, amico di Faber.

Seguono
i testi delle letture che hanno introdotto le canzoni della prima
parte della serata...
L’altra
collina - testo
di Franco Abbenda
interpretato da Salvatore Di
Gigli

Dove sono Aisha, Jessica, Irina?
E tutte le altre ragazze, con le loro storie sbagliate, quasi da non raccontare.
Loro, con ancora sul viso l’ombra di un sorriso, che avevano l’amore per professione
ma nel cuore il sogno di conquistare il cielo, di guadagnarsi il sole.
Sono per caso tutte finite, dimenticate, uccise per strada dalle carezze di un animale?
E dove sono Kareem, Ivan, Samìa?
Dormono forse sepolti in un campo di grano a Damasco?
A Donetsk, a Khartoum, come ieri a Sand Creek?
Dove riposano ora tutti quei bambini, inseguiti come selvaggina, ridotti a grumi di sangue, orecchie e denti da latte, cacciati da soldati con la schiuma alla bocca, come cani arrabbiati?
Dormono, dormono tutti sulla collina.
Dov’è Yara? Aveva l’età che non porta dolori. Era bella, bianca e vermiglia.
Guardatele gli occhi, guardatele i capelli, le mani, il collo, guardatele la carne, guardatele il viso….
Lei con la vita avrebbe ancora giocato, ma una morte impietosa la strappò all’ultimo sole di gioventù.
E dov’è Eluana, che troppo presto è finita fra le braccia della morte?
Suo padre si vide assegnata da un destino sgarbato una figlia senza più alcuna ragione di vita.
E dopo lunghe notti insonni, senza parlare e senza sapere la verità, baciandola sulla fronte, la lasciò volare in collina.
È capitato anche a voi, pensando a loro, solo per un giorno, per un momento,
di sentirvi giudici, arbitri in terra del bene e del male?
Loro sono là, sulla collina, e dormono. Dormono sulla collina.
E dove sono i mille e mille stranieri senza nome?
Marinai di foresta, africani, tutti su una sola barca per traversare.
Partiti senza sonno e senza canzoni, occhi secchi a guardare verso il mare,
con un diamante nascosto nel pane.
Dove sono finiti, con la loro voglia di inseguire la vita, di correggere la fortuna?
Il loro viaggio portava un po’ più lontano, nelle loro tasche è rimasta solo polvere di mare.
E Fabrizio? Dov’è adesso Bicio, l’amico fragile,
che consegnò alla morte la sua goccia di splendore, di umanità e di verità?
Lui sì, sempre sottovento, in direzione ostinata e contraria, servo disobbediente alle leggi del branco,
a cantare di sfortune, di anestesie e di minoranze,
di pietà e di rancore,
di potere travestito d’umane sembianze,
di diamanti e di niente, di letame e di fior.
Nel silenzio di un sonno greve, là dove anche l’alba diventa sera,
Sembra di sentirlo ancora, per un suo dubbio impertinente, dire al mercante di luci e di sogni…
“…è tua, la mano che illumina le stelle?“

Una Matta
- testo di Salvatore Di Gigli
Oriana Fallaci
interpretata da Marina
Eianti

E sarei io la matta?
Sarei io la sfrontata
La scervellata
La sconsiderata
La stronza
L'inaffidabile
L'imprendibile?
Che impudenti!
Voi, ipocriti smidollati.
Mentre ve ne stavate
Stravaccati sui vostri divani,
Coraggiosamente trepidanti,
Col giornale appoggiato
Sui vostri sazi ventri,
Io, Oriana la matta,
Saltavo da una guerra all'altra.
Come una mosca,
Sulle merde dell'umanità.
Io, che non ho mai avuto paura di nessuno,
Che trattavo i capi di stato come miei pari.
Ma questo succedeva allora,
Quando ancora credevo,
- ingenua, questo sì -
Che le buone intenzioni
Potessero risolvere i problemi
Di questa umanità malata,
Disfatta, impazzita.
La mia indipendenza
Non ha mai concepito rimpianti.
La mia determinazione
Ha impedito qualsiasi rimorso.
Per anni ho avuto il cancro
Ma non l'ho combattuto,
Non c'è nera bisogno:
Quando mi ha stufato,
Ho deciso di morire
Per ammazzarlo con le mie mani.
E la pazza sarei io?

Un Giudice
- testo di Salvatore Di Gigli
Giovanni Falcone
interpretato da Roberto
Baratta

Ma perché farsi giudice?
Per giudicare?
Per assolvere?
Per con-dan-na-re?
"Certo!" Direte voi,
dall'altra parte di questo marmo.
Ma non è così,
Non sempre è così.
Prima di giudicare,
Prima di assolvere,
Prima di condannare,
Occorre conoscere l'Uomo,
Occorre capire la Terra.
Quella terra che improvvisamente
Si è dilatata sotto di noi,
Con violenza,
Con cruda, ottusa brutalità.
Quella terra che ci ha sputato via
Come spine fastidiose
Di un pesce secco.
Giudicare?
Difficile.
Condannare?
Inutile.
Ma ciò che più dilania la mia anima
Dietro questo marmo
Che i vostri occhi non riescono a penetrare,
È lo sguardo attonito e consapevole
Di Francesca,
Distorto, in un eterno,
Muto stupore.

Un Blasfemo
- testo di Salvatore Di Gigli
Friedrick Nietzsche
interpretato Da Giancarlo
Loffarelli

Ma che vuol dire "sei un blasfemo?"
Voi, e le vostre etichette
Voi e le vostre categorie,
Voi e il vostro manicheismo idiota.
Si può essere atei,
Si può essere credenti.
Ma si può essere blasfemi
Solo se si è credenti.
Ma a noi si confanno le altitudini,
A noi iperborei.
E in queste rarefazioni,
Ben poco resta all'immaginazione,
Ben poco resta alla superstizione,
Niente resta alla religione.
Blasfemo? Forse.
Ma blasfemo per chi?
Per Dio?
Ma non fatemi ridere...
Per Cristo?
Pover'Uomo.
Per i preti?
Ecco, adesso ci siamo.
Per questi mediocri,
Per queste sanguisughe spirituali,
Per questi usurpatori di coscienze,
Sì, lo confesso,
Per loro devo essere blasfemo.
Demolire le loro chiese,
Disgregare le loro menzogne.
Questi vampiri di anime,
Per loro vale la pena
Di essere blasfemo,
Anzi,
Per noi consapevoli,
Smascherarli è un obbligo.
Qui dove sono ora
Qui da dove vi vedo
affannarvi smarriti,
Voi adoranti e confusi.
Qui nelle altezze,
Riempio la mia sostanza impalpabile
Con il vostro rispetto,
Rigettando compiaciuto il loro odio.
Ridendo con il Creatore
Che fa parte di me.

Un Malato di cuore
- testo di Salvatore Di Gigli
Massimo Troisi
interpretata da Piccinella Daniele Giancarlo

Tu-tum... Tu-tum...
Batti... Iamme... Batti...
Che te costa...
Quando ho letto quella sceneggiatura
Ne sono rimasto subito innamorato.
Immediatamente ho capito
Che volevo essere io quel postino.
Che dovevo farlo.
Nathalie diceva: "Pensaci bene,
Potresti sforzarti troppo..."
Cara Nathalie...
Trascinata in giro per il mondo
In ipotesi di vacanze
Trasformate in realtà ospedaliere.
"Houston, stamme passanne nu 'uaie!"
E Houston ci ha messo una pezza.
Ma la pezza era di tessuto nuovo
Su stoffa vecchia.
Nnu ppó fà,
L'ha ritte pure 'o prevete...
Se stracciane tutt'e ccòse...
Ma io ero quel postino.
Io ero quello che portava il nuovo
La risata invece della sceneggiata,
La tenerezza invece del rancore,
L'amore invece della camorra.
L'ammore... Che bellezze...
L'amore passionale per Nathalie,
L'amore viscerale per il mio lavoro,
L'amore innocente per Maria Grazia,
Perfetta compagna
Per l'ultima pedalata
Su per le scogliere della mia intensa vita.
Quando si ama troppo gli altri
Può succedere che ci si dimentichi
Di amare un po' anche se stessi.
È questo,
Inesorabilmente,
Che ti condanna.
Tu-tum...
Tu......
tumm...
Ue'... Mamma 'ro Carmene...
'Stu maronne ha smis'e battere...

Un Medico
- testo di Salvatore Di Gigli
Christiaan Barnard
interpretato da Emiliano
Campoli

Li vedevo morire, a decine.
Li vedevo cadere come frutti maturi,
Strappati a un albero scosso dal vento.
"Salvaci!" Mi dicevano.
"Tu sei il medico.
Salvaci!"
"Ma il vostro cuore è malato!"
Mi difendevo, impotente.
"E allora, cambialo!"
Cambiarlo? Cambiare la natura?
Sfidare le sacre leggi?
Sfidare Dio?
"Non ti permettere!"
Mi intimava la morale.
"Fallo!"
Mi ordinava
La mia ambizione smisurata.
Denise era morta,
Louis stava per morire.
Perché non tentare?
Perché di due corpi morti
Non provare a trarne uno vivo?
E l'ho fatto!
Ogni battito di quel cuore nuovo
Nel vecchio petto,
Tu-tum... Tu-tum...
Era un colpo di scalpello
Che incideva il mio nome
Sulla lapide della Scienza.
Diciotto infiniti giorni
Per scrivere il nome di
Christiaan Barnard
Nel grande libro della storia.
Adesso inchinatevi
Voi che passate.
Adesso che quei battiti
risuonano in milioni di petti rinati,
Prostratevi, voi increduli.
Ai piedi della mia arroganza perfetta.
Tu-tum... Tu-tum...

Un Chimico
- testo di
Salvatore Di Gigli
Enrico Fermi
interpretato da Simone De Angelis

Aaah, la Chimica...
Che magia la mia Chimica...
"Ma lei era un fisico,
- direte voi che passate -
E che fisico..."
Certo! So bene chi ero,
Che diamine.
Ma la Chimica...
È lei che mi ha dato la chiave.
È lei che mi ha fatto sentire
Affine al Creatore,
il più grande chimico dell'universo.
"E come?"
- direte voi -
Semplice: prendi ad esempio l'uranio:
Spara un neutrone,
Rompi un protone,
Sposta un elettrone,
Ed ecco: la Potenza!
L'energia primordiale,
la luce che salva l'umanità!
Ma "loro" la pensavano diversamente:
Mi chiesero Reazione,
Mi chiesero Esplosione,
Volevano la Distruzione!
Aaah, la Fisica.
La mia Fisica mi ha dannato!
Qui dove sono ora,
Non sono mai solo.
Migliaia e migliaia e migliaia
Di volti, con quegli occhi stretti,
Chiusi come labbra mute
Che mi scrutano,
Che mi accusano,
Che mi odiano.
Che mi condannano,
per l’eternità.

Un’Ottica
- testo di Salvatore Di Gigli
Gerda Taro
Compagna di Robert Capa, fotografo di guerra, morta durante un servizio sulla guerra di
Spagna
interpretata da Luigina
Ricci

Un sessantesimo,
f/5,6
No, meglio f/8
La luce sembra sufficiente
Così ho più profondità di campo.
L'obbiettivo della Leica
Era l'occhio della mia mente.
Il mio scudo, il mio distacco, il mio coraggio.
Ma se mi toglievo la Leica davanti agli occhi
Ciò che vedevo mi attanagliava le viscere.
Quelle viscere che ho retto
Con le mie stesse mani,
Durante la corsa a rallentatore
Verso l'ospedale da campo,
Dopo che i cingoli del carro
Mi avevano schiacciata a terra
Come un insetto inerme.
Ma io dovevo fotografare la morte,
Con la mia vista esaltata
Dalle lenti della mia macchina fotografica.
Dovevo testimoniare la sua azione
incessante e spietata.
Ma lei, la morte,
Inesorabile e indifferente,
Con un ultimo colpo di flash,
Mi ha strappato via
anche gli occhi dell'anima.

Il Suonatore Jones
- testo di Salvatore Di Gigli
Fabrizio De André
interpretato da Fabio Federici

Cosa potevo farci
Se dove finiva la mia mano,
Doveva in qualche modo cominciare una chitarra?
"Dai Faber, cantaci".
Vi ostinate a chiedere ancora adesso
Voi che passate,
Voi che portate nella memoria
Il sogno di Marinella,
La gioia di vivere di Bocca di rosa,
Gli occhi verdi della Graziosa.
Io vi vedo tutti,
Io vi sento tutti.
E vedo Dori la dolce,
Vedo Luvi "la Cumba"
Vedo Cristiano "Capudan Pasha".
E ripenso a quando eravamo insieme,
Quando il vento della Barbagia
Trascinava con se il profumo del mirto.
E rivedo Genova la nobile,
Sbiadita, smarrita, offesa.
Ripenso a quando tornavo da mare:
Lei era lì ad aspettarmi,
Paziente, complice e comprensiva.
E si faceva bella per me,
Catturando i raggi del sole,
Raccogliendo i riflessi del mare.
Con quel trucco un po' eccessivo
Delle bagasce della "dumenega".
E la mente torna
All'hotel Supramonte,
Che pensavo sarebbe stata
La mia ultima vacanza
In quella terra aspra,
Amata madre adottiva,
Dove ogni sughera
Porta i segni dei miei coltelli.
Credevo sarebbe stato
L'addio a questa vita,
L'addio imprevisto a questo destino
Fatto di musica e parole,
E gioia e rabbia
E amore per la vita.
A volo di falco sul mondo,
Canticchiando,
Come il suonatore Jones,
Cianciando in bocca il ricordo
Del fumo dell'ultima sigaretta.

LE STORIE DI IERI
Silvio Valente
Roberto Lucenti
Giulio Noce
Lucio Capotosto
Armando Noce
Luca Ceccarelli |
batteria
basso
fisarmonica
pianoforte
sassofoni
chitarra e Voce |
prima
parte
La
collina
Un matto (dietro ogni scemo c'è un villaggio)
Un giudice
Un blasfemo (dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato)
Un malato di cuore
Un medico
Un chimico
Un ottico
Il suonatore Jones
seconda
parte
Creuza de Ma
Via del campo
La guerra di Piero
La canzone di Marinella
Fiume Sand Creek
Dolcenera
Don Raffaè
Il testamento di Tito
Bocca di rosa
Volta la carta
Andrea
Il pescatore |
Franco
Abbenda accompagnato con la chitarra da Andrea Ricci ha cantato "Inverno"
brano
da cui è stato tratto il titolo del 13° Tributo "... dove anche
l'alba diventa sera ..."
segue
la seconda parte
della serata...
"L'olio
e il profumo rallegrano il cuore, così fa la dolcezza di un amico
amico".
Ringraziamenti:
All'Amministrazione Comunale di Sezze, per il Patrocinio
e per aver inserito il Tributo nel programma del Natale setino 2014.
All'Associazione LE COLONNE, come organizzatrice dell’evento e
per aver partecipato come singoli attori alla lettura dei brani.
Agli amici Amici Sponsor: BARATTA BUS, KLADA CAFE’, UNDERGROUND Pizzeria, BILLY Bar tutti esercizi commerciali di Sezze, più altri 2 amici anonimi sostenitori.
A Salvatore di Gigli che ha scritto otto dei nove testi recitati durante l'evento.
A Marco Abbenda per il poster dell’evento, bello e particolare nella sua originalità.
A Pietro Paletta per le riprese video e ad Ignazio Romano per le fotografie e per il sostegno storico al Tributo.
Parte dell’incasso della serata sarà devoluto alla Comunità San Benedetto al Porto di Genova, fondata da Don Andrea Gallo (sarà pubblicato su queste pagine il riscontro dell'avvenuto versamento).
Un ringraziamento speciale al pubblico in sala, attento ed appassionato, in particolare a quelli venuti da fuori Sezze.
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Elisa Raimondi - 11 gennaio 2015
Mentre scrivo queste poche righe sul Tredicesimo Tributo a Fabrizio De André i mie occhi sono puntati sulla tv che trasmette in diretta l'imponente manifestazione che sta per iniziare a Parigi.
In genere non mi piacciono questi eventi di massa e sono ancor meno quelli che mi emozionano. Ma oggi il mio sentire è diverso, è emotivamente coinvolto, forse perché ho sempre pensato che l'ironia e la satira siano dei punti fondamentali della vita. Ho fatto del metodo ironico socratico un metodo di vita (dove mi ha portato lo saprò solo dopo, spero il più tardi possibile) e un modello gnoseologico.
Credo che dissacrare ciò che comunemente viene considerato sacro, e onorare ciò che viene dimenticato come sacro (la vita degli uomini, per esempio, la tolleranza, l'uguaglianza, il rispetto) sia quasi un dovere civile.
Questi pensieri mi giravano già in testa ieri, nell'affollato auditorium Costa di Sezze, mentre risuonavano le parole e le note di De André per voce non solo di Franco Abbenda ma anche de “Le storie di ieri”, la cover band scelta per riproporre sulla scena un pezzetto di Faber.
Non al denaro (chi non considera sacro il denaro?), non all'amore (sacro e profano) né al cielo (sacro per i credenti, sogno per i dubbiosi, meta per i sognatori).
Tutti sanno l'origine di questo concept-album (e Franco ha rinfrescato la memoria ai più distratti), ogni pezzo introdotto da una breve serie di versi che richiamavano fatti e passioni attuali.
L'incipit è stato ovviamente La Collina, quella Hill che secondo Master ospita tutti coloro che sono morti accidentalmente: ieri bruciati in miniera o caduti da un ponte, oggi anche mentre facevano la spesa o disegnavano una vignetta in una redazione giornalistica.
E poi un matto, un giudice (Falcone nella serata), un blasfemo (Nietzsche) che accusa Dio di aver negato all'uomo la verità e che canta "non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte/che mi cercarono l'anima a forza di botte". E anche qui il pensiero va oltre Nietzsche, alla storia d'Italia. C'è poi il malato di cuore/Troisi, legato a doppio filo a quell'omaggio che Fabio Federici, voce e chitarra, ha reso al da poco scomparso Pino Daniele; un medico, un ottico, un chimico e infine il suonatore Jones, Faber medesimo. "Libertà io l'ho vista - dice - dormire nei campi coltivati a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato".
Come aveva visto bene De André, a definirci liberi se protetti da una filo spinato.
Il mondo sta alzando muri, mai come in questi giorni. Ma poi la speranza, l'amore, il ricordo che ha raccolto ieri sera all'auditorium tante persone (meno setini e più "stranieri" del solito, devo dire):
"E poi la gente lo sa, e la gente lo sa che sai suonare/suonare ti tocca per tutta la vita/ e ti piace lasciarti ascoltare".
Ecco noi lo sappiamo che Faber sa(peva) suonare gli piace(va) lasciarsi ascoltare ed è per questo piacere che, come ogni anno, amici si ritrovano per parlare di un amico, per ricordare aneddoti divertenti, filosofici, amorosi, lieti, storici.
Ognuno in fondo, come un amico, porta nel cuore il suo Fabrizio.
Il
13° Tributo si è aperto con Fabio Federici che ha eseguito "Terra
mia" per
ricordare
il
cantautore napoletano Pino Daniele scomparso da pochi giorni.
Sotto
riportiamo la ricevuta della somma di 1.200 € devoluta in beneficenza
alla Comunità San Benedetto
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