Fabrizio De André

10 gennaio 2009

 

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Circolo Culturale Setina Civitas

Tributo a 

Fabrizio De André

sabato 10 gennaio 2009

ore 21,00

Auditorium Mario Costa

"...e la luna tesserebbe i 

capelli e il viso"

settima edizione

ingresso libero fino ad esaurimento posti

il manifesto è stato realizzato 

da Marco Abbenda

www.marcoabbenda.com

 Setina Civitas presenta il "Tributo a Fabrizio De André"

Sezze, sabato 10 gennaio 2009  -  ore 21,00                                           Auditorium Mario Costa

L’Auditorium Mario Costa ospita il settimo "Tributo a Fabrizio De André".  La manifestazione, dedicata al cantautore genovese scomparso l’undici gennaio del 1999, è ideata da Franco Abbenda e organizzata dal Circolo Culturale Setina Civitas. Anche quest'anno il tributo ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Fabrizio De André e quello del Comune di Sezze.

“..e la luna tesserebbe i capelli e il viso”

... è  il titolo della settima edizione del tributo composto da quindici brani eseguiti da artisti e giovani appassionati locali. Ogni brano è preceduto da una lettura sul tema della canzone...

  Lettori : Giorgio Dante, Nadia Clivio  

Le acciughe fanno il pallone

Canto del servo pastore

Un giudice

Alessandro Balestrieri        voce

Francesco Carissimo        chitarra

Alfredo Igneo        percussioni

Vincenzo Balestrieri             flauto

La cattiva strada

Un blasfemo

Il bombarolo

Andrea Di Toppa         voce

Marco Fanella              chitarra

Antonio La Chioma     chitarra

Gianluca Vona               percussioni  

Giugno ’73

Tre madri

Franco Abbenda        voce

Oscar Di Raimo           violino   

Fabio Morosillo        chitarra  

Un chimico

Roberto Cardinali         chitarra+voce  

Volta la carta

Roberto Cardinali        chitarra+voce

Claudia Loddo          cori

Oscar Di Raimo            violino   

Marco Machera         basso

Fabrizio Machera         percussioni  

Monti di mola

Roberto Cardinali        chitarra+voce

Claudia Loddo             voce  

Verranno a chiederti del nostro amore

Canzone per l’estate

Smisurata preghiera

 Gaetano Lestingi         voce+chitarra
Roberto Caetani         
chitarra  

Se ti tagliassero a pezzetti

Franco Abbenda         voce

Fabio Federici           chitarra

fonico Armando Di Lenola, Antonio Abbenda 

luci Fabio Di Lenola  video Pietro Paletta, Francesco Notaro, Cristian Campagiorni

grafico Marco Abbenda

Passano i mesi, gli anni e se li conti... anche i tributi

Preferivamo fosse la sua voce, la sua penna a raccontarci ancora nuove storie, ma siamo contenti che sempre più amici, ogni anno più giovani, scoprono De André e ridanno voce al suo pensiero.

Fabrizio De André è certamente tra i poeti più importanti del 900, e noi vogliamo essere tra i primi a testimoniarlo. Con la settima edizione del tributo ci è sembrato di aver fatto ancora meglio dello scorso anno. Tutto si è svolto con la sobrietà e la coerenza che hanno caratterizzato il lavoro del cantautore genovese, mentre la scelta di eseguire alcune tra le canzoni meno conosciute e più difficili di Fabrizio ha esaltato la qualità della serata.                                                           Ignazio

GRAZIE A TUTTI

clip video di Pietro Paletta

Un giorno qualunque lo ricorderai…

dicembre 2008,  di Franco Abbenda
Perché a dieci anni dalla morte di Fabrizio De André, un cantante tra i tanti, si continua a parlare di lui con affetto immutato, ad ascoltare i suoi dischi, a studiare i suoi testi sulle antologie scolastiche, ad approfondire la sua opera nelle aule universitarie e a ricordarlo nei mille “tributi” che si svolgono in giro per l’Italia ?

E perché in tanti paesi e città molte amministratori si sono adoperati per dedicare all’ultimo poeta italiano del ‘900 piazze, strade, parchi e biblioteche ?

Provo a dire la mia.

Prima di tutto perché Fabrizio De André è stato un cantante unico nel suo genere; già dal 1966, anno in cui pubblicò il suo primo album, è apparso subito chiaro che non si trattava di uno dei tanti urlatori beat, ma di un interprete raffinato ed intimo, quasi fuori dal tempo, artista difficile da catalogare ed etichettare in una delle numerose mode musicali in voga.

Qualche critico musicale lo definì da subito “chansonnier”: scriveva le sue canzoni da solo, interpretandole spesso con accompagnamenti musicali scarni, a volte solo chitarra e voce, quella voce così particolare, riconoscibilissima ed inimitabile, che sembrava raccontare favole anche quando cantava di morte, di guerra e degli strani tipi della sua Genova, spesso suoi compagni di bevute nelle sporche bettole dell’angiporto.

Già nelle prime canzoni, ecco personaggi di vita comune che diventano protagonisti di storie sui generis, a volte surreali e favolose, spesso anche donne “alternative” alle prese con vite e storie da non raccontare. In questo periodo sono nate Boccadirosa, La guerra di Piero, La canzone di Marinella e Via del Campo.

E’ stato il primo cantante ad incidere “concept- album”, long playing in cui tutte le canzoni girano intorno ad un argomento centrale, perle incorniciate a narrare una storia scritta tutta d’un fiato, quasi come in un film, dove i protagonisti delle canzoni si danno il cambio disciplinatamente per guidare l’ascoltatore.

Nacquero così “La Buona Novella” (1970), tentativo alternativo ed intimo di raccontare, con lo sguardo libero da pensatore critico ed indipendente, la vita del Gesù uomo, del figlio di Maria che non troviamo nei quattro Vangeli canonici, ma che è descritto con semplicità naif nei vangeli apocrifi.  

Mentre i dirigenti RAI del tempo non osarono mai mandare in onda queste canzoni, la Radio Vaticana trovò modo di farle ascoltare e di apprezzare, per alcuni versi, anche l’autore.

L’anno successivo è la volta di “Non al denaro non all’amore né al cielo” (1971), ispirato alle poesie di Edgar Lee Masters, in cui alcuni ex-abitanti di “Spoon River”, ormai defunti, raccontano con sincerità le loro vite passate, senza alcun bisogno di descriversi migliori di quanto erano stati realmente. E Fabrizio ne ha fatto un affresco memorabile, con la collaborazione musicale di un giovane Nicola Piovani, tanto che in questo album vi si trovano alcuni tra i pezzi più conosciuti ed interpretati ancor oggi del suo vasto repertorio (Un giudice, Il suonatore Jones, Un malato di cuore ecc). 

Ed ancora “Storia di un impiegato” (1973), vera e propria zoomata nella storia personale di un comune cittadino alle prese con gli sconvolgimenti sociali dell’Italia degli anni ’70 e con un disperato tentativo di provare a cambiare la realtà sociale (Il bombarolo, Canzone del maggio).

Anche la storia personale di Fabrizio, le sue scelte di parte, il non accontentarsi mai delle verità raccontate da altri, il suo voler essere dalla parte degli ultimi nonostante le sue radici alto-borghesi, stanno lì a dimostrare che oltre al compositore di canzoni c’è dell’altro, molto di più.

Nel 1979 fu sequestrato insieme a Dori Grezzi - sua seconda moglie, oggi motore ispiratore della Fondazione De André – dalla sua casa in Sardegna e tenuto segregato per qualche mese nelle grotte più selvagge dell’isola (esperienza poi raccontata in “Hotel Supramonte”, scritta a quattro mani con Massimo Bubola).

Ma anche in quel caso, durante il processo ai suoi carcerieri sequestratori, sorprese tutti dicendo di capire e quasi giustificarli, perché forse quello sporco lavoro di aguzzini lo avevano fatto solo per un reale bisogno di sopravvivenza, da veri poveri, mentre gli ideatori dell’operazione se ne stavano liberi a godersi il bel gruzzolo del riscatto incassato senza neanche sporcarsi le mani.

Nel 1992 fu invitato a partecipare ai festeggiamenti nella sua città, la stessa in cui era nato Cristoforo Colombo, per i 500 anni dalla scoperta dell’America. Rifiutò categoricamente, e con il suo inconfondibile rigore si disse ancora profondamente indignato con i conquistatori europei, ricordando che un altro popolo, quello degli indiani pellerossa d’oltreoceano, aveva subìto un vero e proprio “sterminio” per mano dei cosiddetti civilizzatori, in quella che in occidente abbiamo etichettato e continuiamo a raccontare semplicemente come “conquista del nuovo mondo”.

Dall’autore di Fiume Sand Creek…c’era da aspettarselo.   

Fabrizio De André è stato, e continua ad essere, un riferimento culturale non allineato, a volte difficile da condividere, ma sempre chiaro e diretto al cuore del problema, in qualche caso addirittura profetico nella lettura dell’attualità.

Un vero maitre à penser con cui si può essere d’accordo o no, ma che sta ancora lì a dirci la sua, sempre con la rigorosa lucidità che lo ha contraddistinto nel corso dei suoi lunghi 30 anni di carriera artistica.

Il prossimo 10 gennaio a Sezze, così come facciamo già da sei anni, proveremo a raccontare ancora questo “amico fragile” scomparso l’11 gennaio del 1999, ma ancora così presente ed attuale.

Proveremo di nuovo, noi appassionati e musicisti, a regalare al pubblico il  nostro personale omaggio a Fabrizio, ringraziandolo per tutte le canzoni che ci ha regalato.

Ma ringraziandolo anche per esserci stato vicino durante la nostra crescita, per averci offerto prospettive alternative per leggere la storia del mondo e per aver seminato continuamente dubbi nelle nostre fragili certezze di giovanissimi.

Ancora oggi risuona alto il suo invito a non giudicare con fretta gli altri, i tanti uomini e donne che non ci assomigliano nei comportamenti e che hanno valori diversi dai nostri.

Grazie Faber, grazie ancora per averci insegnato che tutti, anche i re, i santi, gli antieroi e le puttane che hai cantato, al di là delle loro meschinità personali, nascondono in profondità una goccia di splendore da regalare alla storia ed all’umanità.  

Anche il 7° tributo De André è ormai in archivio
20 gennaio 2009, Franco Abbenda

Quest’anno si è celebrato il decennale della morte dell’amato Fabrizio e sono fiorite un po’ dappertutto varie iniziative per ricordarlo. Forse troppe celebrazioni, troppo incenso hanno detto in molti.Chissà se a lui sarebbe piaciuto sapersi riproposto ovunque ed in tutte le salse, hanno chiosato altri.
E tutti a giudicare e ad obiettare sulle diverse letture e riproposizioni di De André che si sono viste in Tv e sulle mille interviste agli “esperti” lette sulla stampa in questi ultimi giorni.
Il fatto reale è che questi dieci anni sono serviti a coloro che lo amarono in vita per convincersi ancor di più dell’unicità di De André e della bellezza delle sue canzoni; gli stessi dieci anni che hanno consentito ai pochi che non lo apprezzarono in vita, ed ai molti giovanissimi catturati ora dal profumo delle sue canzoni, di provare a riascoltarlo con calma ed a scoprirlo davvero nel profondo. 
“Fabrizio ora è di tutti” disse Dori Grezzi all’indomani della morte del suo e nostro Fabrizio. Ognuno è libero di ricordarlo, di raccontarlo e di cantarlo come meglio può e crede, aggiungo io.
Ma…c’è un ma bello grosso da aggiungere in grassetto:
Nessuno provi mai, per altri e non trasparenti scopi, a raccontare e disegnare Fabrizio De André diverso da quello che è stato in realtà, così unico e vero per tutti noi sia nella sua grandezza di artista che nei suoi difetti da uomo, perché…il vento lo raccoglierebbe, il regno dei ragni cucirebbe la pelle e la luna tesserebbe i capelli e il viso.
Mi piace, nel momento di chiudere la nostra 7a “avventura” con il tributo De André di Sezze e di ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a vario titolo, anche solo da spettatori, all’evento del 10 gennaio scorso, confessando implicitamente il loro amore duraturo per l’autore di Se ti tagliassero a pezzetti, riportare il post di uno dei tanti “amici in Fabrizio” che lucidamente, e con stile deandreano, esprime la sua opinione, ostinata e contraria, sugli innamorati di De André dell’ultime ore e sui mille (troppi?) tributi a lui dedicati quest’anno. 

Amo De André ma ora lo amano in troppi
20 Gennaio 2009, Mauro Paolucci, Genova

http://lettere-e-risposte.blogautore.espresso.repubblica.it/ 

Anch’io ho conosciuto, amato e amo Fabrizio De André. 
Ma sento dentro di me che devo dire cose forse polemiche su questo decennale, sulla mostra, le manifestazioni, ecc.
Ho 51 anni, nato a Genova, la musica e le poesie di Fabrizio mi sono cresciute dentro e come ogni cosa appresa da ragazzi diventa “te” e parte delle tue scelte successive.
Io “sconto” De André. 
Mio padre criticava aspramente che, figlio 14enne, oscurassi la mia serena idiozia con storie intrise di sangue, lutto, cinismo, passione, rivolta, anarchia, solidarietà. 
De André come senso intimo, dentro me stesso e nella vita.
Poi il genovese è pure Tenco e Paoli, non sballa, vive di spiagge gelate, vicoli stretti, gioie private poco condivise ma intensissime quanto fugaci.
Eccoci qua noi tutti che a casa abbiamo ancora il “Volume terzo” nel tondo blu notte. Sono riusciti a cambiarci, eccome.
Adesso riusciamo a glorificarti in piazza, illuminarti di 1000 riflettori, bla_bla_blare di te su ogni “tipo” di radio e TV.
Pensa che ora ti amano tutti! 
Si sente “Attenti al gorilla” al supermercato insieme al “Testamento”. 
I bambini non fanno domande ma non è il riserbo curioso, timoroso, rispettoso d’una volta: è che siamo sordi e possono dirci “Uscite di qui!” oppure “Ti muovi stronzo!” e non “sentiamo” diverso.
Mi ricordo tutto, come dice Perec. 
E ci vedo ben impastati con il Potere contro cui urlavamo, abbiamo paura di uscire e dire le cose come stanno. 
Mi sento piccolo e strisciante, complice di una “sinistra” democrazia. 
Ora posso guardare tutto il mondo da casa, sentirmi appagato, misurato, adeguato, paziente, educato, tollerante, tattico e demodé. 
Posso andare a vedere Faber coi tarocchi in Mostra e pensare “ma guarda com’è ancor bella Dori da Fazio!”.
E’ giusto iconizzare un morto di valore e porlo così tra i Grandi da studiare a scuola ma per favore, finiamola presto e torniamo al gusto del marcio, il nostro umido mondo, tra vicoli e puttane, così vero da uccidere. 
Meglio evitare gli specchi. E toglimi questa tetta dalla faccia!
Grazie.

La serata è stata interamente ripresa dalle telecamere dirette da Pietro Paletta

Per informazioni riguardati il video telefonare al numero 3489117700

10 gennaio 2009